«Pronti ad affrontare la fase 2. I tamponi ora fondamentali»: parla l'immunologa Viola

«Pronti ad affrontare la fase 2. I tamponi ora fondamentali»: parla l'immunologa Viola
di Mario DILIBERTO
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Domenica 19 Aprile 2020, 09:49 - Ultimo aggiornamento: 23 Aprile, 09:20
«L'Italia deve ripartire. Non è certo pensabile un lockdown a tempo indeterminato, ovvero sino a quando non sarà trovato il vaccino contro il Covid-19. Rispetto all'inizio dell'emergenza sappiamo più cose su questo nemico. E abbiamo imparato a difenderci. Dobbiamo fare tesoro di queste conoscenze per strutturare una graduale ripartenza disegnata in relazione alla situazione che si vive sul territorio». Anche la professoressa Antonella Viola, immunologa e docente di Patologia Generale presso il dipartimento di Scienze Biomediche dell'Università di Padova, apre le porte alla fase due.
Il suo volto è diventato familiare agli italiani da quando la lotta al coronavirus ha stravolto la vita del Paese, diventando l'argomento principale di tutti i più importanti programmi televisivi di informazione e approfondimento. In quelle trasmissioni la scienziata è gettonatissima, grazie alla competenza maturata in una vita spesa nella ricerca e nello studio. Una passione coltivata già da ragazza quando era una giovane studentessa tarantina del Battaglini, lo storico liceo scientifico del capoluogo jonico. Dopo la maturità, però, Antonella Viola ha lasciato Taranto. Il primo passo di una carriera al top. Per gli studi universitari ha scelto Padova. E di lì è partita la sua esperienza forgiata in mezzo mondo, conquistando un riconoscimento dopo l'altro. Nel 2014 ha ottenuto dal Consiglio Europeo della Ricerca, l'Erc Advanced Grant, una sorta di Oscar della scienza conquistato con il suo progetto Steps sulle molecole causa del cancro.
Dalla sua cattedra dell'Università di Padova ha affrontato lo tsunami Covid che ha investito Lombardia e Veneto. A differenza di alcuni suoi colleghi ha compreso da subito la pericolosità del virus. Ed è diventata un interlocutore privilegiato dei salotti tv in cui, da quasi due mesi, si analizza la guerra italiana contro il coronavirus.

Professoressa, il nostro Paese è pronto per riaprire?
«Siamo pronti per pianificare con attenzione la fase due. D'altronde non si può accettare l'idea della chiusura ad oltranza di una nazione. Certo non possiamo permetterci un liberi tutti, ma dobbiamo cominciare a studiare come convivere con il virus».

Quindi si può pensare ad un addio al lockdown in tempi brevi?
«Fondamentale è fare tesoro di quanto avvenuto sino ad oggi. Abbiamo imparato l'importanza del distanziamento sociale, dell'uso della mascherina e dei tamponi. L'esperienza maturata consente di dire che quella è la strada giusta. Con i tamponi è possibile individuare i contagiati asintomatici e fare in modo di limitare e isolare nuovi focolai. Chi ha vissuto la tempesta qui in Nord Italia sa che non possiamo permetterci altre ondate come quelle che hanno investito la Lombardia. Si sono fatti molti errori, come quello di cercare di derubricare il Covid-19 a poco più di una influenza. Abbiamo pagato un prezzo altissimo anche per il timore di fare alcune scelte».

Può servire isolare i contagiati anche dalle loro famiglie, magari ospitandoli negli alberghi attualmente vuoti?
«Forse questo poteva risultare utile prima. Ora credo che si debba lavorare per riaprire gli alberghi esattamente come le altre attività economiche. Noi a Taranto, a causa della presenza del grande siderurgico, da sempre viviamo un dilemma inaccettabile tra salute e lavoro. È il bivio di fronte al quale si è trovato l'interno Paese con il coronavirus. Specificare che il diritto alla salute è il bene primario dovrebbe essere superfluo. Ma detto questo, va aggiunto che bisogna fare in modo di salvare anche l'economia italiana».

Crede che il ricorso al lockdown sia stato tardivo? E come va letta la differenza dei contagi tra Nord e Sud?
«Dinanzi ad una pandemia era inevitabile essere colti di sorpresa. Siamo stati spiazzati da un'infezione che al Nord si è diffusa con una velocità da brividi. Al netto degli errori, alcuni anche comprensibili, e di una certa dose di cattiva sorte, l'Italia si è comportata bene. E i risultati si sono visti al Sud dove le drastiche contromisure hanno consentito di contenere il contagio, scongiurando le gravissime criticità vissute negli ospedali lombardi e veneti. Ora bisogna continuare su questa linea senza andare alla ricerca a tutti costi di colpevoli. Verrà il tempo per queste analisi».

Lei ritiene che aumentare il numero dei tamponi sia la strada maestra. Quindi condivide la linea del Veneto?
«I tamponi consentono di individuare chi è contagioso e di limitarne la pericolosità».

È utile il ricorso alla app per tracciare gli spostamenti?
«Francamente è una strada che mi lascia perplessa. Per sbloccare la fase 2 credo si debba procedere con provvedimenti tarati su ciascun territorio in ragione delle diverse situazioni. Cosa che non si è potuta fare all'inizio perché si è reso necessario procedere con norme generaliste. Bisognerà analizzare e valutare la strategia da adottare territorio per territorio, nell'ottica della graduale riapertura. Ci sono Regioni in cui determinate cose si potranno fare con tempi magari impensabili in altre zone del Paese».

Due temi di stringente attualità sono la scuola e l'estate ormai alle porte...
«La scuola, a mio avviso, non può riaprire a maggio. Non ci sono le condizioni e bisogna lavorare per settembre. Discorso diverso per le spiagge. C'è tutto il tempo per studiare gli accorgimenti da adottare per garantire una stagione da vivere in maniera attenta, ma comunque da vivere. E come le ho già detto il lavoro di tutti va garantito».

L'emergenza ha riportato la scienza e gli scienziati al centro della scena. ..
«Credo che all'inizio sia stato così anche troppo. Ma le cose stanno già cambiando. Gli italiani sono un popolo strano. Si sta facendo largo un singolare modo di ragionare secondo il quale i colpevoli saremmo anche noi. Perché incapaci di tirare fuori dal cilindro il medicinale risolutivo o il vaccino. Una teoria che si sta facendo largo anche con una certa dose di aggressività. Purtroppo nella scienza non esiste la bacchetta magica. E non è giusto dimenticarlo».
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