Il Sud sfiducia i cinque stelle: in un anno persi 1,6 milioni di voti

Il Sud sfiducia i cinque stelle: in un anno persi 1,6 milioni di voti
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Martedì 28 Maggio 2019, 10:03 - Ultimo aggiornamento: 10:10

di Francesco G. GIOFFREDI
I confini sono fluidi, un po' cangianti in base all'area geografica di riferimento e alle specificità di contesto. Ma l'Italia ieri mattina s'è risvegliata decisamente più sovranista: la Lega primo partito al 34%, Fratelli d'Italia che cresce (6,46%, al Sud è al 7,56%), in tutto fa il 40% o poco più, e sono i due partiti che alle Europee accrescono sensibilmente, oltre alla percentuale, anche la dote di voti rispetto alle Politiche 2018 - nonostante l'affluenza più bassa di quest'anno. Il Sud è ancora una volta un perimetro emblematico e spia, soprattutto perché da granaio di voti diventa per i cinque stelle un più che simbolico terreno scivoloso (nonostante il M5s resti al Mezzogiorno il primo partito): in un anno persi per strada 1,6 milioni di voti. La Lega riesce invece a piazzare per la prima volta l'impennata anche nelle regioni meridionali, la media è del 23,46%, la Puglia è ancora più generosa (25,29%). Insomma: il partito di Matteo Salvini - e la sua stessa leadership dalla chiara griffe populista e sovranista - presenta ormai tratti trasversali e ultra-territoriali. E la Lega si ritaglia un profilo da forza politica «pigliatutti» - analizza l'Istituto Cattaneo.
L'attenta analisi dei flussi spiegherà di più, ma senza dubbio - e a cominciare dal Mezzogiorno - c'è un variegato e ondivago blocco sociale in cerca di rappresentanza, e che nel corso degli anni ha oscillato vorticosamente da Forza Italia al Pd renziano, dal M5s alla Lega. Proprio i pentastellati sono i principali sconfitti della tornata, su scala nazionale piombano al 17% (32,6% alle Politiche), in Puglia erano al 44% e ora crollano al 26,29%, pur restando primo partito: in questo caso il governo logora chi ce l'ha, ma la consunzione pentastellata è frutto di errori strategici e tattici, di inesperienza, di un'identità troppo mutevole, di scelte poco indovinate al governo (il reddito di cittadinanza, mai decollato), di retromarce brusche (Tap, Ilva). Il Pd è secondo in Italia (22,69%), scivola terzo in Puglia e in tutto il Sud, mentre Forza Italia s'arresta all'8,79% nazionale, ma riacquista fiducia nelle regioni meridionali (12,28%).
Il telegramma sovranista è per tutti. Per l'Europa, innanzitutto: l'Italia sposa un'inclinazione netta, euro-scettica, nonostante l'Ue riesca complessivamente a rintuzzare l'assalto delle forze contrarie al processo di piena integrazione. Poi c'è il messaggio leghista agli alleati cinque stelle: ora è Salvini l'azionista di maggioranza, i rapporti di forza si ribaltano. E l'effetto a cascata sarà anche sull'agenda di governo: accelerazione sul versante flat tax, reddito di cittadinanza a rischio, autonomia differenziata delle tre Regioni settentrionali prioritaria, revisione del fiscal compact, grandi opere. Il Mezzogiorno, che pure s'è mostrato così aperturista nei confronti della Lega, dovrà accendere il faro: larga parte dei dossier a trazione leghista potrebbe produrre conseguenze non propriamente esaltanti per le regioni meridionali (l'autonomia è l'esempio più lampante, ma non l'unico). Infine, l'sms è indirizzato anche alle opposizioni, da leggere in doppia copia: le opposizioni al governo gialloverde (e tra queste rientra anche FdI), e quelle al fronte sovranista (di cui fa viceversa parte il partito di Giorgia Meloni). In quest'ottica, Forza Italia dovrà decidere cosa fare da grande e il Pd - per ammissione del segretario Nicola Zingaretti - ha individuato nella Lega l'avversario perfetto.
Cosa racconta la radiografia dei consensi, soprattutto nel parallelo con i precedenti, e in particolare al Sud? La Lega, innanzitutto: nel giro di cinque anni, e su base nazionale, passa da 1.686.556 voti agli attuali 9.655.298, pari a 27,9 punti percentuali; ma la crescita è evidente anche rispetto al voto del 2018, quando ottenne 5.584.927 voti. L'incremento è meno marcato al Sud, dove l'obiettivo dichiarato era comunque il 15%, ma sui cinque anni l'acuto è di ulteriori 20 punti percentuali. In sostanza, per la prima volta la Lega spalma più o meno omogeneamente i consensi su tutto il Paese. In Puglia erano 131.150 voti nel 2018, l'altroieri il fatturato è stato di 403.424. Di sicuro buona parte dell'effetto trascinamento è imputabile allo stesso Salvini, capolista-vetrina in tutte le circoscrizioni: 354mila preferenze nelle regioni meridionali, 114mila in Puglia.
Un anno fa il Movimento cinque stelle aveva egemonizzato il voto al Mezzogiorno, costruendo qui la leadership nazionale: ben oltre il 40%, con picchi oltre il 50%. Non solo implodono percentuali e voti assoluti rispetto a un anno fa (meno 5,4 milioni, il 17% è il peggior risultato nazionale di sempre), ma i pentastellati perdono in tutta Italia 1 milione di voti nel confronto con le Europee 2014, tuttavia in questo caso guadagnando terreno almeno al Sud. Il calo di consensi rispetto al 2018 è invece su tutte le circoscrizioni: meno 1,6 milioni nelle regioni meridionali, 515mila il saldo negativo in Puglia. E non spiccano nemmeno candidati trascina-lista, almeno in rapporto alla potenziale portata del simbolo (al Sud non si va oltre le 86mila preferenze della capolista Chiara Maria Gemma). Di sicuro ora il M5s dovrà ripensare agenda e organizzazione territoriale (troppo esile) al Sud, se vuol preservare un briciolo di trazione meridionalista quantomeno sul piano dei consensi.
Il Pd esce in parte rinfrancato dalle Europee, ma il bilancio è in chiaroscuro: non si sgretola, sale al 22,7% e al secondo posto centrando il sorpasso sul M5s, ma nella sostanza la mole di voti è di fatto la stessa di un anno fa, con lievi incrementi. Impietoso il confronto con il 40% renziano del 2014, ma era un'altra epoca. Al Sud le crepe emergono con maggiore evidenza: terza forza, 17,8% che scende al 16,6% in Puglia, dove in un anno si segnala persino un arretramento dei consensi assoluti (meno 13.839). Ma la lista era oggettivamente a trazione campana, e forse in Puglia avrà pesato. «Il confronto con le elezioni europee del 2014 - spiegano dall'Istituto Cattaneo - mette in luce il margine di espansione potenziale per il principale partito del centrosinistra, in particolare nelle regioni del Sud. È in quest'area che probabilmente si concentrerà la sfida politica ed elettorale tra il partito di Zingaretti e il M5s».
L'altro sconfitto delle Europee è nel centrodestra: si tratta di Forza Italia. Quasi dimezzati i consensi, il calo è territorialmente generalizzato, mai così in basso con l'8,8% di domenica. I berlusconiani si rianimano un po' al Sud: 12,3%, in Puglia 11,1%. Ma la strategia mediana - coalizione di centrodestra, niente variante sovranista, incertezza sul futuro - forse non paga. Nonostante il ruolo elettoralmente trainante di Silvio Berlusconi.
Anche una delle due sorprese è nel centrodestra: Fratelli d'Italia non soccombe sotto il peso del parallelismo (d'approccio e temi) con la Lega e centra un risultato senza precedenti, 6,5%, cioè 1,9 milioni di voti, elettori raddoppiati in cinque anni, crescita anche sul 2018. Le percentuali crescono vistosamente al Sud (7,6%) e soprattutto in Puglia (8,9%) e Calabria (10,3%). Cruciale, oltre che la ricetta nazionale di Meloni, anche il ruolo dei candidati sui territori: immediato il caso di Raffaele Fitto.
Briciole invece per le liste fuori dalla soglia del 4%, flop a sinistra.

Oltre che sul governo nazionale, le performance di domenica come e quanto incideranno sugli equilibri pugliesi? Non poco: dal centrodestra a nuovo assetto e gerarchia, ai cinque stelle in crisi d'identità, fino al centrosinistra che ritrova un po' di smalto, ma per l'unità prego ripassare.

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