Il Sud e la bruciante retromarcia su Tap: scalata e caduta di Lezzi, fuori a sorpresa

Il Sud e la bruciante retromarcia su Tap: scalata e caduta di Lezzi, fuori a sorpresa
di Francesco G. GIOFFREDI
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Giovedì 5 Settembre 2019, 08:01 - Ultimo aggiornamento: 14:34
Barbara Lezzi finisce così, con l'amaro in bocca, con i silenzi che s'erano accumulati sempre più eloquenti. L'ormai ex ministra salentina finisce soprattutto fuori dal governo, costretta ora a osservare dai banchi del Senato ciò che aveva combattuto a tutta ugola da sempre: l'abbraccio del M5s col Pd, bollato negli anni nei peggiori e a tratti irripetibili modi. La verve barricadera, l'impronta da pentastellata purista, le avevano fatto guadagnare del resto i favori dei vertici e la notorietà extra-pugliese, su fino a un sorprendente posto da ministro per il Sud nel governo gialloverde. Paradossalmente, nel giro di nomine M5s-Pd avrà pagato proprio quell'antico approccio un po' troppo movimentista, che tuttavia l'esperienza di governo aveva già intaccato e ridimensionato, pur tra qualche scivolone, battuta d'arresto e delusione (una su tutte: il dossier Tap).

Ora se ne starà lì, triste solitaria y final. Ieri solo tre, lapidarie frasi su Facebook: «Continuerò come sempre a credere che ci sia la possibilità del cambiamento. Lo devo a mio figlio, a voi e a me stessa. Buon lavoro al nuovo governo che seguirò dal Senato». Occhio alle parole, che hanno sempre un peso: «seguirò», non «sosterrò». Per quale motivo è stata estromessa dal governo? Più opzioni sul piatto, non necessariamente alternative tra loro. La prima: appartiene all'ala scettica (sull'accordo col Pd) del M5s. La seconda, già accennata: premier, pentastellati e dem hanno preferito profili più affini tra loro, non troppo urlati. La terza, la più banale: Lezzi è stata immolata all'ultimo minuto sull'altare degli ultimi colpi di lima alla lista di ministri. Plausibile, anche perché alla vigilia il suo nome circolava nel totoministri.

Incendiaria com'è (o com'era?), la Lezzi governativa s'è bruciata con la velocità di un fiammifero. Nominata ministro a fine maggio del 2018, aveva subito provato a cambiare registro rispetto alla campagna elettorale: più istituzionale, più cauta, con accenni di dialogo con i leghisti o con gli amministratori di centrosinistra. Il ministero affidatole era delicato: al Sud il M5s aveva raccolto larghissima parte dei consensi. Ma le prime difficoltà non hanno tardato ad arrivare: la complessa partita dei fondi europei da riprogrammare e spendere nelle regioni meridionali, l'interlocuzione con i governatori, il contatto con le emergenze dei territori, le opere ferme, i rapporti col Cipe e con i dicasteri-cassaforte. In poche parole: l'oscura fatica del governare, che è cosa ben diversa da qualche diretta Facebook ad alzo zero contro tutto e tutti. In un anno e mezzo, Lezzi ha avuto pure il tempo di annusarsi con Michele Emiliano, litigare violentemente a favore di telecamera e poi più o meno riconciliarsi.

Ma il colpo che più ha ammaccato l'armatura di Lezzi è stato uno: il gasdotto Tap. Per anni e in campagna elettorale aveva garantito, spalleggiata anche da Alessandro Di Battista, «lo stop in 15 giorni dell'opera inutile e dannosa» in caso di salita al governo. Superfluo ricordare com'è finita: il governo gialloverde s'è reso conto che il progetto non poteva essere fermato (diversamente sarebbe stato necessario sobbarcarsi risarcimenti miliardari), e a tratti persino gli esponenti pentastellati hanno ammesso che sì, in fondo non è poi del tutto inutile quel gasdotto. La battaglia-simbolo di una vita ha finito così per essere nelle mani di Lezzi un'arma spuntata o addirittura un pericoloso boomerang. Ha dovuto persino limitare le sortite pubbliche nel Salento, l'ex ministra. Aggiungeteci pure il dossier Ilva (da chiudere e invece rimasta lì) e i mal di pancia sull'autonomia: in fondo per Lezzi il governo gialloverde è stato una discesa agli inferi. L'esperienza ministeriale la restituisce ora all'apparenza più prudente, forse più consapevole, magari delusa, dalla verve un po' appannata, di sicuro fuori da riflettori, incarichi, prima linea.
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