Il Pd riparte dalla linea Zingaretti Così cambiano gli equilibri in Puglia

Il Pd riparte dalla linea Zingaretti Così cambiano gli equilibri in Puglia
di Francesco G.GIOFFREDI
4 Minuti di Lettura
Martedì 5 Marzo 2019, 12:12 - Ultimo aggiornamento: 12:15

La bottiglia di spumante e il clima di festa e concordia rischiano già d'essere un lontano ricordo per il Pd. S'alza il sipario sull'era Nicola Zingaretti, ma il nuovo segretario nazionale dei democratici dovrà trottare, da subito, per cominciare a sciogliere nodi non poco ostici: la composizione della segreteria («collegiale», è il mantra all'insegna dell'unità), le liste per le elezioni europee del 26 maggio, la strategia d'opposizione al governo gialloverde (Tav, grandi opere, autonomia differenziata, contrasto a povertà e disagio sociale sono i principali punti nevralgici), i rapporti con i capibastone regionali e territoriali. Il governatore laziale si attesta al 66%, ben oltre previsioni e sondaggi, così imponendosi senza problemi su Maurizio Martina (22%) e Roberto Giachetti (12%): stesso trend in Puglia. La ricetta zingarettiana amalgama tre ingredienti: spostamento dell'asse Pd a sinistra (e non a caso i vecchi compagni di Mdp celano a fatica la soddisfazione), inclusività, stop al verticismo, e soprattutto netta discontinuità con la stagione renziana.
In realtà però - al di là dell'affluenza, 1,6 milioni ai gazebo, 80mila in Puglia - il segreto del successo sta nel patto ampio e traversale sancito con correnti e big del Pd, circostanza che tuttavia rischia di schiacciare Zingaretti nel gioco di pesi e contrappesi. Soprattutto in Puglia, dove allo schema nazionale (Orlando, Franceschini, Gentiloni, Minniti, Fassino) s'è aggiunto Michele Emiliano, che da non iscritto al Pd controlla comunque truppe del partito e amministratori regionali e locali. Di sicuro il governatore Emiliano s'è posizionato sul collega laziale per almeno due motivi: l'anti-renzismo e la possibilità d'agganciare il treno vincente. Emiliano ha infatti bisogno di sponsor e sponde verso la ricandidatura alle Regionali del 2020, visto che da mesi imperversa il fuoco amico e nell'inedito asse vendoliani-renziani s'atrezza persino l'alternativa. Non a caso la reazione del governatore pugliese - che ha voluto persino misurarsi schierando una doppia lista (La Puglia per Zingaretti) - è di giubilo: «In Puglia abbiamo avuto un grande successo, Zingaretti ha vinto dappertutto con tutte e due le liste, come quando vinse le primarie Renzi con risultati simili. Mi auguro che Zingaretti possa fare profitto degli errori del passato e darci una mano. Abbiamo bisogno di aiuto e ascolto. Mi è arrivata una telefonata di Zingaretti che mi ha detto: Che ne pensi delle infrastrutture del Mezzogiorno?. Non è difficile ricostruire il Pd come un luogo dove si discute e lo scopo non è farsi del male ma dare all'Italia un punto di riferimento. Abbiamo fatto male all'Italia negli anni passati». «Ora - ha proseguito - bisogna riprendere con umiltà e trasparenza, il Pd non può più essere il partito di lobby e interessi economici, ma deve rappresentate la parte più debole della società, e delle persone del Sud che hanno timore dell'autonomia delle Regioni perché temono che il Nord possa ancora una volta colpire l'interesse al riequilibrio della nostra economia e della nostra società. Mi auguro che nel Pd il Sud possa avere uno spazio ampio». «Questa comunità - aveva invece scritto nella notte - ha saputo riprendere in mano un grande partito italiano fatto di milioni di militanti e di elettori restituendolo alla sua origine democratica e plurale. Da oggi vogliamo vivere in amicizia ed armonia senza rottamare e asfaltare nessuno. Riprendiamo la nostra strada senza pensare alle amarezze e alle sconfitte del passato».
Zingaretti dovrà ora modulare e gestire con sapienza il rapporto con l'esuberante Emiliano. Ma come cambia la mappa del partito pugliese? Su sei parlamentari, quattro hanno sostenuto il nuovo segretario (Francesco Boccia, Assuntela Messina, Ubaldo Pagano, Michele Bordo) e due invece erano con Martina (Dario Stefàno e Marco Lacarra). Il senatore salentino è peraltro vicepresidente del gruppo di palazzo Madama, e Zingaretti ha in agenda un cambio della guardia ai vertici dei gruppi parlamentari. Lacarra è anche segretario regionale: postazione al momento non in bilico, peraltro il deputato barese cerca sempre di mantenere un profilo mediatore, pur lavorando molto più che sottotraccia alla ricandidatura di Emiliano.

Ferma a bordo ring invece Teresa Bellanova: al congresso non si è schierata, ma resta una renziana doc. Così come Stefàno: entrambi da monitorare in caso di (al momento improbabili) fughe dell'ex premier dal Pd. In Regione hanno scelto Zingaretti molti assessori e consiglieri: Michele Mazzarano, Fabiano Amati, Paolo Campo, Sergio Blasi, Gianni Giannini, Raffaele Piemontese e Filippo Caracciolo, una comitiva d'estrazione variegata, anche (o soprattutto) nel rapporto di fedeltà o conflittualità col governatore pugliese. Nonostante la militanza pro-Martina, dovrebbe ottenere la candidatura bis alle Europee invece Elena Gentile. Il faro si sposta allora tutto sulla Regione, sulle regionali e su equilibri che di certo non saranno stabili.

© RIPRODUZIONE RISERVATA