Il lavoro e la vita familiare cambiata dal digitale

Il lavoro e la vita familiare cambiata dal digitale
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Giovedì 19 Novembre 2020, 15:58 - Ultimo aggiornamento: 16:58

Tra le poche certezze che l'epidemia da coronavirus ha messo sul piatto c'è l'importanza dello sviluppo del digitale e delle tecnologie. I numeri, snocciolati dal terzo rapporto Auditel-Censis, parlano chiaro. Così come il titolo dello studio che mette insieme i dati: L'Italia post lockdown: la nuova normalita digitale delle famiglie italiane.

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All'interno delle nostre case il report evidenzia un aumento esponenziale degli usi delle tecnologie.

Negli ultimi mesi, in Italia, si è registrato un progressivo incremento del traffico Internet: si è passati dall'85,9% aggiornato al 2019 all'88,4% del luglio 2020. Dopo i mesi del lockdown sono aumentati sia gli italiani che si collegano a Internet (ben 47 milioni, pari all'80,6% della popolazione con più di quattro anni), sia la frequenza dei collegamenti giornalieri (si collegano tutti i giorni 42 milioni e 200mila italiani, ossia il 72,1% della popolazione con più di quattro anni).


Numeri che dimostrano anche due altri aspetti: molte persone, soprattutto le fasce deboli, sono ancora tagliate fuori dall'accesso alla rete e il ritardo, rispetto ad altri Paesi, sulla la ricerca nei settori legati all'innovazione tecnologica.
Ma se si entra ancora più in profondità, nella lettura di questi dati, emerge anche altro, un cambiamento ancora più radicale. L'era della trasformazione digitale non riguarda soltanto agli aspetti tecnici, ma coinvolge i processi, i paradigmi e le persone. La conversione verso il digitale, accelerata dal lockdown e dalla pandemia, sta cambiando le vite degli italiani rivoluzionando non solo gli strumenti e le piattaforme, ma anche gli stili, le dinamiche relazionali, le prassi quotidiane.


Gli ultimi mesi ne sono un esempio evidente: smart working, didattica a distanza, piattaforme di comunicazione e condivisione. Oltre ai tablet utilizzati nelle terapie intensive per far dialogare i pazienti con i loro parenti fuori dagli ospedali. Eravamo chiusi, ma in comunicazione con gli altri. Con la pandemia il mondo ha continuato a muoversi, ha sviluppato, nell'epoca del distanziamento sociale, nuovi modi di entrare in contatto tra le persone.
A questo si aggiungono i vantaggi che la rivoluzione digitale ha portato nella nostra quotidianità: le possibilità di ottimizzare le prenotazioni delle prestazioni sanitarie, oppure le tecnologie e-health per la pratica assistenziale e di cura dell'anziano, solo per fare alcuni esempi. Tuttavia, se non gestita adeguatamente, la tecnologia presenta anche l'altro lato della medaglia: cyberbulismo, revenge porn, sexting, messaggi dai contenuti razzisti, xenofobi e sessisti che viaggiano in rete con facilità e che raggiungono i soggetti più vulnerabili su tutte le piattaforme, senza alcun limite e con pochi controlli.


Basti pensare alla nuova piattaforma TikTok che, negli ultimi mesi, ha registrato una crescita esponenziale con circa 800 milioni di giovani utenti nel mondo e che, già carente sui temi della privacy, non effettua alcun tipo di verifica sui contenuti distribuiti. Forse occorre, a più livelli, un ripensamento degli usi e delle pratiche. La tecnologia non è dannosa se usata in modo etico e l'ideale sarebbe che gli utenti la utilizzassero con consapevolezza e attenzione, nel rispetto di regole condivise a garanzia delle libertà e dei diritti individuali e collettivi. C'è molto da fare, dunque, in termini di formazione e di educazione all'uso delle tecnologie. Ma il destino sembra tracciato.

S.Mar.

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