I nodi da sciogliere in Regione: le nomine, gli scontenti e gli equilibri da rispettare

I nodi da sciogliere in Regione: le nomine, gli scontenti e gli equilibri da rispettare
di Antonio BUCCI
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Sabato 15 Gennaio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 13:44

E adesso? Il doppio tornante del Consiglio di Stato e dell’elezione dei delegati per il Colle è alle spalle, ma quelli che arrivano sono ugualmente giorni di transizione per capire quali saranno gli equilibri in via Gentile. Sembravano due tecnicismi o poco più, due tormentoni per addetti ai lavori. E invece, tanto il responso sulla composizione del parlamentino, quanto i biglietti per la terna in partenza per la Capitale, aggiungono variabili a un risiko complesso. 

IL RIMPASTO
Il primo risultato potrebbe essere il rallentamento sul rimpasto: sembrava cosa fatta, nelle ore precedenti alla prova d’Aula si era persino rincorso il rumour di una doppia nomina imminente. Rocco Palese alla Sanità, Gianfranco Lopane – capogruppo di “Con” - al Turismo, con o senza deleghe alla Cultura, lasciate da Massimo Bray al momento delle sue dimissioni. Non se ne è fatto nulla. 
Martedì sarà il centrosinistra a sciogliere un altro nodo non da poco: all’ordine del giorno della seduta della massima assise, infatti, c’è l’ipotizzata incompatibilità del consigliere e assessore al Personale, Gianni Stea. Lo scorso novembre, la candidata prima dei non eletti con la lista dei Popolari, Marianna Legista, ha inviato alla segreteria del Consiglio e al presidente Michele Emiliano una richiesta di verifica di compatibilità con la carica di consigliere regionale di Stea, per via della posizione debitoria che l’esponente moderato avrebbe con l’ente. Tradotto, vuol dire votare. I beninformati assicurano che non ci sarà alcuno scossone, ma è un tassello in più in un mosaico tutto in divenire, tanto più se si conta che, in quella parte di campo, resta aperta la questione legata al capogruppo Massimiliano Stellato, rimasto tale nonostante la sfiducia firmata nei confronti dell’ex sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci. Non è stata ancora affrontata formalmente ma la campagna elettorale si avvicina e non si potrà temporeggiare a lungo.

IL CENTRODESTRA
L’opposizione ha guadagnato due seggi, a scapito della maggioranza: quello dell’azzurro Vito De Palma e quello del collega de “La Puglia Domani”, Antonio Scalera. «Dedico il mio impegno istituzionale ai miei elettori e a tutta la comunità tarantina, nella certezza che saprò rappresentarli con dedizione e passione per una realtà ansiosa di recuperare, legittimamente, un ruolo primario nella Regione. Il ritardo, davvero incomprensibile, con cui si avvia questo mio rinnovato percorso istituzionale, mi darà, ne sono certo, più forza e determinazione», assicura l’esponente centrista. 
E se non ha taciuto i malumori sull’esito della partita “quirinalizia” il salentino Paolo Pagliaro, cui non è bastato l’endorsement della Lega per partire alla volta dei palazzi romani - a sbattere la porta è stato il molfettese Saverio Tammacco, ufficialmente dichiaratosi indipendente: «Recepirò tutte le proposte utili al territorio, a prescindere che provengano da destra o da sinistra», ha promesso. Troppo poco per far tirare al Governatore un sospiro di sollievo. E così, anche il peso specifico del Movimento 5 Stelle cambia: i pentastellati hanno chiesto un cambio di passo sulle nomine in sanità, a partire dal dopo Lopalco, e hanno manifestato apertamente dissenso anche sul metodo con il quale si è arrivati alla designazione del tandem di grandi elettori di area. Senza mettersi di traverso e invocare la conta. In compenso, il nodo rimane. Difficile che possa avere la forma di un assessorato – nonostante il lavoro della capogruppo, Grazia Di Bari da delegata al Rispazio di manovra è stretto. 
Che cosa accadrebbe, però, con un innesto di peso come quello dell’ex assessore al Bilancio di Raffaele Fitto? Non a caso, c’è chi continua ad immaginarne l’ingresso ma senza i galloni, magari al dipartimento. Con tanto di scambio al vertice con il numero uno, Vito Montanaro.

I condizionali sono d’obbligo, un big del centrosinistra ammette: «Non resta che giocare la tripla». 

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