Guerra in Ucraina, impatti sull’economia pugliese: ordini e spedizioni in tilt

Guerra in Ucraina, impatti sull’economia pugliese: ordini e spedizioni in tilt
di Pierpaolo SPADA
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Lunedì 7 Marzo 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 20:09

«Siamo spiacenti di comunicarle che a causa dell’incertezza attuale dobbiamo chiederle di non produrre i nostri ordini in sospeso senza la nostra conferma. Se ha intenzione di produrre un ordine, per favore, si informi preventivamente. Se ha già prodotto degli ordini, la preghiamo allo stesso modo di informarci». Sono i termini della lettera con cui un importatore russo il 3 marzo ha chiesto all’azienda vitivinicola salentina Apollonio di non produrre e spedire la merce ordinata. Quattro semplici righe ma in grado di anticipare l’effetto della dinamica che - embrionale in Puglia - a breve travolgerà l’intera Europa. Tre frasi incapaci di celare l’ansia di chi le ha digitate ma soprattutto lo scenario in via di definizione sullo sfondo della tragedia umana che la guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina sta imponendo in mondo-visione. 

I timori degli imprenditori

Interpellati, gli imprenditori pugliesi ne parlano con imbarazzo, timorosi di anteporre i propri ai timori di chi, oggi, ha più diritto di alzare la voce. Le loro riflessioni e informazioni rivelano, però, anche il potere di offrire subito a chi di competenza l’opportunità di prevedere e, dunque, prevenire un’altra guerra - economica -, potenzialmente foriera di ulteriore violenza e povertà. «Ciò che invochiamo è prima di tutto la pace. Poi - spiega Massimiliano Apollonio, che è anche presidente del Movimento Turismo del Vino di Puglia -, non lo neghiamo, è grande la preoccupazione, perché la Russia fino all’altro ieri era uno dei mercati di riferimento delle cantine italiane.

Le conseguenze sono ancora difficili da quantificare perché il ventaglio è molto ampio, partendo dal materiale secco che già a gennaio aveva subito aumenti importanti e che si prepara ad un ulteriore aumento dal primo aprile. Aumenti che si aggiungono a quelli imprescindibili insieme ai cali dei consumi fisiologici previsti catastrofici non solo in Russia e Ucraina ma anche nei Paesi vicini, dove i nostri vini erano in grande ascesa». 

Lacrimano i vecchi contadini. Quelli più giovani fanno muso duro. Perché la guerra sta sottraendo al comparto le potenzialità residue di conservazione: «A soffrire saranno tutte le aziende», avverte Emanuela Longo, direttrice di Cia Lecce. «Preoccupano le incognite sull’export. Più in generale l’interscambio commerciale è in tilt, riducendo all’osso le forniture di materie prime (mais, soia e sorgo), le scorte di grano tenero, di olio di girasole e di colza ad uso alimentare». Come gli ortaggi son fermi pure i componenti per l’automotive: «Noi abbiamo rapporti commerciali con la Russia ma soprattutto con l’Ucraina. Ma - riferisce Giacinto Colucci, amministratore di Cog srl, azienda leader nella produzione di scambiatori di calore - è tutto bloccato, poiché, anche se a quei Paesi occorrono i nostri prodotti più che mai ora, non è possibile spedire perché i vari corrieri internazionali hanno interrotto il servizio. Se l’impatto di questa situazione sulla nostra azienda è molto basso è solo grazie al fatto che noi siamo molto diversificati per aree geografiche e per segmenti di mercato».

Cnh ancora operativa

Pochi metri più in là, nella zona industriale di Lecce, c’è Cnh industrial che, a differenza di altre multinazionali, in Russia è ancora operativa. Vi si producono macchine movimento terra ma, per ora, nessuno si sbilancia: «Abbiamo importanti volumi di vendita in Russia, al momento, però - spiega il responsabile dello stabilimento, Mario Natali - non è ancora certo che si debba rivedere il piano produttivo nel numero complessivo. Auspicando per un patto di pace a stretto giro, attendiamo di ricevere presto indicazioni». Nel settore dell’arredamento qualche scricchiolio si avverte anche per chi opera prevalentemente con l’e-commerce.

Deghi spa è un altro leader. E l’amministratore Alberto Paglialunga non nasconde un lievissimo contraccolpo: «Ho due fornitori che sono impossibilitati a inviarmi merce richiesta dall’Ucraina. Poca roba: 60mila euro. Ma questa è la situazione. Ho ricevuto la comunicazione dell’intermediario italiano». Qualcosa di più profondo sta, invece, accadendo nel lusso (moda), che ha nel Salento un bacino privilegiato di produzione: «Le forniture da Russia e Ucraina si sono interrotte. Ma il conflitto sta determinando nei brand del lusso per i quali lavoriamo il timore di continuare a produrre nei Paesi limitrofi all’Ucraina, con il conseguente effetto che in tanti stanno valutando l’opportunità di spostare le produzioni più all’interno, verso l’Albania, per esempio», spiega l’imprenditore Pierluigi Gaballo (Gda, Officina tessile e Tessitura del Salento), che a Tirana amministra Textile service. Solo nel 2021 l’Italia ha esportato moda per 1,2 miliardi di euro in Russia, decimo partner del Paese per le calzature.

Lo sa bene Antonio Sergio Filograna, che amministra uno dei più grandi calzaturifici del Sud Italia, Leo Shoes, nel distretto di Casarano. L’imprenditore riferisce di non aver ancora accusato contraccolpi: «Certamente, siamo preoccupati perché i nostri committenti sono molto presenti in Russia e l’Ucraina è nel dramma, al buio. Sono elementi di criticità che si aggiungono a una situazione già ostacolata dai costi dell’energia». Michele Zonno, che presiede la sezione Moda di Confindustria Lecce e amministra Italian Fashion Team, parla di «evento inaccettabile e ingiustificato». Lo premette: «Il nostro primo pensiero va a tutti coloro che lo stanno pagando con la vita. Quanto a noi - conclude - gli impatti ci sono già. Nelle Marche sono più pesanti rispetto alla Puglia ma ce ne saranno di più significativi ed estesi nei prossimi mesi. E dobbiamo prepararci».

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