«Governo spavaldo e manovra sbagliata Così si sferra il colpo di grazia al Sud»

«Governo spavaldo e manovra sbagliata Così si sferra il colpo di grazia al Sud»
di Nicola QUARANTA
4 Minuti di Lettura
Domenica 2 Dicembre 2018, 19:49
«L'impegno del governo ad avviare l'autonomia del Veneto entro dicembre? Non mi stupisce. Spero che i Cinque stelle abbiamo compreso di cosa si tratta e la ragione per la quale il tema stia a cuore alla Lega. Gettate le basi per un Paese fondato su Italiani di serie A e italiani di serie B». Così Gianfranco Viesti, economista e docente dell'Università di Bari.
Professore, con l'autonomia del Veneto in Consiglio dei ministri entro dicembre, cosa accadrà?
«In moto un processo che nessuno potrà più fermare. Sarà, infatti, approvato un testo - predisposto dal governatore Zaia e dalla ministra leghista agli Affari Regionali e delle Autonomie, Erika Stefani - che altro non sarà se non lo specchio fedele delle istanze messe nero su bianco dalla Regione Veneto. Questo testo andrà poi in Parlamento che potrà semplicemente pronunciarsi con un sì o con un no, senza alcuna possibilità di intervenire con modifiche al testo. E se il Parlamento voterà sì, a quel punto partita chiusa. Nel senso che parte un processo di divisione del Paese che non si potrà più fermare. A seguire, infatti, arriverà l'autonomia della Lombardia e poi quella dell'Emilia».
E poi l'autonomia della Puglia?
«Questo mi fa sorridere. Parliamoci chiaro, quella della Regione Puglia è una posizione ridicola. Si fa finta di non capire che il succo della questione sono i soldi: le risorse al Mezzogiorno, infatti, una volta avviato il processo di autonomia delle Regioni del Nord, saranno molto ma molto di meno. È triste dover constatare che, ciononostante, si stia barattando qualche piccolo potere in più in capo alla Regione Puglia sul tema delle grandi opere con i diritti di cittadinanza dei pugliesi. Un fatto gravissimo. Il silenzio complice della Puglia e della Campnia ha dato un contributo straordianrio al processo di autonomia in corso. Ed è un paradosso, visto che le grandi regioni a statuto ordinario del Sud saranno le prime a pagarne le conseguenze».
Teme riflessi immediati per il Mezzogiorno?
«Ci vorrà tempo, ma sarà sempre piu netta la differenza sul fronte della quantità e della qualità dei servizi e di conseguenza il divario tra il Nord e il Sud del Paese. E in campi essenziali: nella scuola (a partire dal tempo pieno), nell'organico degli insegnanti, nella Sanità. Lo è già di fatto ma si creerà di diritto un Paese sempre più diviso, tra ricchi e poveri. Ma sono stati anche astuti, perché ciò avverrà col tempo, quando sarà magari anche difficile imputarlo a chi oggi siede sui banchi del governo e del parlamento».
Le migliaia di firme raccolte a sostegno della sua campagna contro il processo di autonomia non hanno prodotto alcuna riflessione in seno al governo. Deluso?
«Ci ho provato. Abbiamo registrato alcune adesioni importanti, penso a Susanna Camusso, a qualche deputato dei Cinque stelle e di Leu. E penso anche a Rocco Palese, persona che sa perfettamente di cosa stiamo parlando. Però non mi pare che le forze politiche né tanto meno le istituzioni siano andate oltre».
Professore, i questo contesto già confuso si inserisce anche il rischio recessione
«E non a caso, visto il clima di incertezza che regna sovrano. Se il percorso di autonomia regionale avrà i suo riflessi nei prossimi lustri e decenni, invece, il rischio di recessione è molto più vicino, per via del rallentamento dell'Italia e dell'economia internazionale. Un passo indietro che preoccupa».
E quanta responsabilità è da addebitare alle scelte del governo in carica, alla manovra, ai riflessi sull'occupazione del decreto dignità?
«Volendo essere onesti, c'è una componente internazionale che non può essere trascurata o sottaciuta. Non a caso rallenta anche la Germania. Ma di certo il governo italiano ha creato una enorme incertezza che potrebbe essere una concausa importante nella frenata degli investimenti delle imprese. L'arroganza, il disprezzo, la spavalderia con cui agiscono i due vice premier, alla lunga si pagano. Tutti gli operatori diventano timorosi sul futuro. Così come è evidente che la possibilità di realizzazione di un punto e mezzo di crescita è ormai molto, ma molto difficile. Servirebbero molte correzioni. Ma non mi sembra che ci sia voglia di farle. Si grida su tante cose che colpiscono l'opinione pubblica ma si incide pochissimo sulla crescita e sullo sviluppo del Paese».

 
© RIPRODUZIONE RISERVATA