Dal caso Ilva a Cig e opere: le prime spine per Draghi e il suo governo

Dal caso Ilva a Cig e opere: le prime spine per Draghi e il suo governo
di Francesco G.GIOFFREDI
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Domenica 14 Febbraio 2021, 10:42

Incroci casuali, o forse no. Nel giorno in cui giura e si insedia il «governo ambientalista» di Mario Draghi - etichetta utilizzata dal premier durante la riunione d'esordio del Consiglio dei ministri - piomba su palazzo Chigi il primo dossier scottante: Ilva, ancora una volta. Una costante, per tutti gli ultimi sei, precedenti governi. Nel pomeriggio di ieri, il Tar di Lecce ha respinto i ricorsi di ArcelorMittal e dell'Amministrazione straordinaria contro l'ordinanza del Comune di Taranto, dando 60 giorni per spegnere l'area a caldo, cioè il cuore pulsante del siderurgico jonico. È la prima partita ad alto voltaggio e legata alla Puglia per il governo di larghissime intese. Non sarà l'unica. Perché molti dossier nazionali incroceranno direttamente il Sud. E perché il fronte pugliese è sempre ricco di emergenze e richieste. Dalla cassa integrazione allo stop ai licenziamenti, dalle infrastrutture ai Cis (i Contratti istituzionali di sviluppo), fino a ristori, agricoltura, xylella e fondi strutturali europei. Senza trascurare la polemica che cova sotto la cenere: il governo a trazione nordista, almeno nella composizione.


Già ieri Michele Emiliano, pur nel dovuto rispetto istituzionale nei confronti di Draghi, ha lanciato due messaggi. Il primo, proprio su Ilva: «Spero in una immediata convocazione da parte del presidente», «la vicenda Ilva è il test più rilevante che si possa fare di questo governo, della sua volontà di fare ciò che dice di voler fare», «questa storia è arrivata al termine», «l'unica alternativa a decarbonizzare è chiudere». Il secondo messaggio sembra essere imbevuto di scetticismo: Emiliano tributa un post Facebook all'addio di Giuseppe Conte, a cui s'era legato a doppio filo, e in calce spiega che «ne vedremo delle belle, perché essere alleati, nel governo più importante della storia repubblicana recente, di Lega Nord e Forza Italia, per la coalizione composta da Pd, Leu e M5s, è un esperimento che richiederà grande fortuna e abilità politica. E tutti noi faremo il possibile perché Draghi riesca nel suo compito. Così si serve lo Stato, così si amano le persone attraverso la politica». Di sicuro, rispetto al secondo governo Conte, ora Emiliano ha perso molti riferimenti diretti: l'ex premier, ma anche il sottegretario a Palazzo Chigi Mario Turco e il ministro Francesco Boccia. Tutti pugliesi. Il nuovo governo ha ridotto peraltro al minimo la presenza di ministri del Sud (4 su 23), la Puglia è a quota zero.

Tuttavia, è pugliese il sottosegretario alla presidenza, braccio destro di Draghi: non a caso già ieri Roberto Garofoli (un lungo curriculum in altri sei governi) è stato evocato da Emiliano.


I primi ministri, oltre al premier, che dovranno perciò affondare le mani nelle questioni pugliesi saranno Giancarlo Giorgetti (Sviluppo economico, Lega) e Roberto Cingolani (tecnico, Ambiente e Transizione ecologica), entrambi tirati in ballo dalla vicenda Ilva. Proprio l'ex prof di UniSalento è figura centrale di molte partite pugliesi: Ilva, il polo brindisino, Tap, una larga quota dei 209 miliardi del Recovery plan. Ieri in Consiglio è stata avviata la discussione sul nuovo ministero della Transizione ecologica, che dovrà essere disegnato con una legge ad hoc, forse un decreto: al nuovo ministro Roberto Cingolani farà capo un comitato interministeriale di coordinamento, che potrebbe essere il cuore pulsante dell'azione sul Recovery plan. Ieri niente dichiarazioni pubbliche di Draghi, dal Cdm filtra solo questo: «Il nostro sarà un governo ambientalista, qualsiasi cosa faremo, a iniziare dalla creazione di posti di lavoro, terrà conto della sensibilità ambientale».


Va da sé che contrasto alla pandemia e Recovery plan sono le prime urgenze. Proprio sulla partita da 209 miliardi rischia di manifestarsi un'altra occasione di scontro tra Emiliano e il governo Draghi. Il governatore insiste su un ruolo da protagonista delle Regioni meridionali nella programmazione e spesa delle risorse, la sensazione è che il premier voglia concentrare tra palazzo Chigi e i ministri tecnici di fiducia la cabina di regia. La Regione sta pure confrontandosi con parti sociali e stakeholders sulle schede da 18 miliardi proposte al governo Conte.


Di sicuro Draghi è chiamato a dire quanto prima come intende approcciare il nodo del divario territoriale Nord-Sud. E con quali strumenti. Intanto, c'è un'ulteriore mina: risulta bloccata la procedura per accedere alla fiscalità di vantaggio (la decontribuzione Sud istituta dall'ex ministro Giuseppe Provenzano). Occorre infatti il via libera della Commissione europea. Ci sono poi il rifinanziamento della cassa integrazione e lo stop ai licenziamenti da rinnovare: in Puglia sono a rischio circa 25mila posti di lavoro. Senza trascurare il versante infrastrutture, tra commissariamenti e cantieri da sbloccare.

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