Giustizia, l'intervista al magistrato Capoccia: «Travolti dalle riforme: così sarà il caos»

Giustizia, l'intervista al magistrato Capoccia: «Travolti dalle riforme: così sarà il caos»
di Matteo CAIONE
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Lunedì 30 Gennaio 2023, 07:11 - Ultimo aggiornamento: 12:36

Giuseppe Capoccia, magistrato leccese e oggi procuratore capo a Crotone, il governo punta alla riforma delle intercettazioni. È giusto ed è davvero necessario intervenire o c'è il rischio di ostacolare indagini anche contro particolari crimini?
«Le intercettazioni sono uno strumento decisivo per le indagini, questo è indubbio. Che poi in Italia probabilmente l'uso che ne viene fatto, in alcuni casi, sia eccessivo è anche vero. I presupposti per ottenere la possibilità di effettuare intercettazioni non sono tanto stringenti. Tuttavia, sono indispensabili in tanti casi. Partono per verificare un'ipotesi di reato e viene fuori altro. Si parte, ad esempio, dall'ipotesi di corruzione e intercettando emerge una vicenda di droga. C'è un effetto dilatativo delle intercettazioni. E si parla spesso di intercettazioni a strascico. La riforma Orlando ha provato a porre rimedio. Poi c'è un altro punto e su questo sono d'accordo con Nordio: la diffusione che avviene delle intercettazioni che nulla hanno a che fare col procedimento. E questo è un problema non di semplice risoluzione. Ci sono abusi e storture su cui è fondamentale intervenire. Serve dunque un meccanismo che impedisca la diffusione delle intercettazioni. Come avviene con le intercettazioni preventive per motivi di sicurezza e di prevenzione, e che non finiranno mai in un fascicolo processuale».
Dopo la Bonafede e la Cartabia, in arrivo un'altra riforma.
«Noi siamo travolti dalle riforme processuali che si innestano sulla introduzione del processo penale telematico e che paradossalmente non tengono conto di questa innovazione digitale. È tutto un rebus e siamo lasciati completamenti soli. Con la Cartabia per esempio le contravvenzioni e i delitti hanno due termini di indagine preliminari differenti. Se arriverà a breve un'altra riforma sarà umanamente impossibile districarsi in questo labirinto. Semplificare significa rendere più lineare, non complicare il sistema della giustizia».
Cosa chiedete al ministro Nordio?
«Al ministro chiediamo di fermarsi un attimo. Ovviamente, noi magistrati siamo soggetti alla legge, ma non è pensabile che questa riforma così profonda, come la Cartabia, non abbia il tempo di sedimentarsi ed essere recepita. Ci sono riforme profonde che con grande sforzo proviamo ad applicare tutti i giorni. Chiediamo un attimo di respiro».
Lo scontro, spesso aspro, tra poteri dello Stato rappresenta ormai una costante della seconda Repubblica. Me nello scontro tra poteri, non c'è il rischio che, alla fine, a farne le spese siano soprattutto i cittadini, chi subisce un reato e la domanda di giustizia delle vittime?
«Esiste in Italia una debolezza della politica: la società è complessa, presenta spesso criticità che la politica non riesce ad affrontare trasformando le difficoltà in reati. Mi spiego: c'è l'impossibilità di controllare il territorio, allora si crea il reato di abusivismo edilizio, idem con i reati da stadio e via dicendo. Non si riesce a fare eduzione e formazione, e si arriva ad inasprire le pene. Le debolezze e le mancanze della politica e delle agenzie educative vengono riversate sulle spalle della magistratura».
Che ne pensa della riforma Cartabia?
«Sono assolutamente favorevole. C'è bisogno di creare nuove strade di riparazione che non siano solo la vendetta pubblica del carcere. Trovare un modo per riparare la ferita sociale è la sfida della riforma Cartabia e comporta un nuovo impegno della magistratura. Prima, nel dubbio, si rimandava tutto al vaglio del dibattimento. Con la Cartabia, invece, se non vi è fondata previsione che un processo si concluderà con la condanna, quel processo deve fermarsi quanto prima. È una rivoluzione copernicana, la grande sfida da cogliere della riforma Cartabia».
 

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