Roma: «Sud fuori dall'agenda. L'autonomia differenziata? Una follia»

Roma: «Sud fuori dall'agenda. L'autonomia differenziata? Una follia»
di Oronzo MARTUCCI
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Sabato 1 Ottobre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:30

«La politica si è assestata verso il basso nell’affrontare i problemi del Mezzogiorno, nel proporre e realizzare credibili progetti di sviluppo. Un ulteriore colpo all’intera area verrebbe dalla attuazione dell’autonomia differenziata, alla quale guardano le forze che si apprestano a formare il governo e alcune regioni del Nord, non solo a maggioranza di centrodestra. Si tratta di un progetto folle, che va contrastato». È quanto sostiene Giuseppe Roma, brindisino di origine, docente all’Università La Sapienza di Roma, oltre che presidente dell’istituto di ricerca Rur (Rete urbana delle Rappresentanze) e vice presidente nazionale del Touring Club Italiano.
Professore Roma, ci sono soluzioni alternative per dare forza al Mezzogiorno?
«Non mi pare che il Sud sia all’ordine del giorno in questo momento. Penso che il Sud abbia bisogno di un ministero che non operi, come accade attualmente, come diramazione della Presidenza del Consiglio, ma di un vero ministero per il Mezzogiorno, con una propria capacità finanziaria e organizzativa. Solo se riparte il Sud si potrà dare un nuovo dinamismo a tutta l’Italia, tenendo conto che attualmente sono disponibili consistenti investimenti legati al Pnrr e che le difficoltà della globalizzazione possono per una volta tornare a vantaggio del Mezzogiorno».
Una ricerca realizzata dalla Banca d’Italia per misurare il rapporto tra Nord e Sud ha ribadito che negli ultimi 10 anni il divario è aumentato a causa della scarsità di infrastrutture, di un livello essenziale delle prestazioni e del cosiddetto triangolo dell’illegalità: evasione fiscale, corruzione e criminalità. Cosa si può immaginare che gli investitori scelgano il Mezzogiorno se questo è il contesto?
«Il Sud non è il deserto, però. Le infrastrutture ci sono, anche se a volte sono insufficienti. Semmai è più grave la situazione di contesto, a causa della presenza di elementi che impediscono il libero esercizio di impresa e favoriscono la presenza di aree grigie. Ecco perché bisogna cogliere appieno l’occasione offerta dal Pnrr per rafforzare la rete infrastrutturale e di pari passo agire sul contesto, riducendo gradatamente gli elementi distorsivi che condizionano il mercato del lavoro e l’attività di impresa. I dati sono chiari».
A quale proposito?
«Negli ultimi 20 anni il Pil pro capite dei cittadini residenti nel Mezzogiorno è sempre rimasto al di sotto del 56% del reddito pro capite dei cittadini del Nord. Secondo la Banca d’Italia, se non ci fossero stati gli elementi discorsivi del mercato e le opacità di contesto, il pil del Sud sarebbe arrivato al 98% di quello del Nord».
Il nuovo governo potrebbe aggiornare il Pnrr. Sarebbe positivo un intervento di adeguamento del Piano?
«Gli interventi di competenza del governo centrale nell’attuazione del Pnrr stanno andando avanti, i bandi vengono approntati in tempo a livello centrale. Poi capita che gli investimenti si inceppino quando la realizzazione passa nelle mani delle Regioni e dei Comuni. Anche gli stessi privati mostrano spesso difficoltà nell’entrare a pieno regime nei meccanismi di attuazione del Pnrr. Sarebbe più utile, invece di un aggiornamento del Pnrr, convincere i governatori delle Regioni del Sud a operare in sinergia, per evitare una corsa di ogni singola Regione verso la spesa dei fondi del Pnrr in strutture che non cambieranno certo il volto del territorio e spesso creeranno un sviluppo limitato. È necessario invece ascoltare il territorio, creare un rapporto stretto tra Stato centrale e territorio per condividere le scelte, senza superare le prerogative delle Regioni».
Il suo giudizio sui risultati delle elezioni politiche?
«In presenza di una legge elettorale pessima, è però vero che dalle urne è emersa una maggioranza chiara. Ciò a conferma che è la politica che crea la governabilità, al di là di ogni legge elettorale». 
Cosa pensa dei risultati ottenuti dalle diverse liste nel Mezzogiorno?
«Posto che nessun partito o coalizione ha mostrato un interesse reale per i problemi del Mezzogiorno, è evidente che in un contesto spesso degradato nel quale si sopravvive, in tanti hanno pensato bene di orientarsi verso il M5s. Non chiamiamolo voto di scambio, ma è evidente una relazione tra reddito di cittadinanza e voto soprattutto al Sud. Chi è in difficoltà va aiutato, ma presentare la difesa del reddito di cittadinanza come una politica per il Sud non porta da nessuna parte. Solo il lavoro dà dignità. il reddito di cittadinanza tampona le difficoltà in senso assistenziale. Così non si crea, ma si deprime lo sviluppo. Anche i no deprimono lo sviluppo, se sono ideologici».
A cosa si riferisce?
«Se vi è bisogno di un rigassificatore non si può dire no a prescindere. In Europa si sta anche così, con queste scelte. Poi, da pugliese di origine, noto uno scarso interesse nell’affrontare la tragedia della Xylella. Si tratta di una situazione grave oltre ogni misura, perché è forte il rischio che l’avanzata del batterio trasformi il paesaggio in un contesto spettrale, con ricadute negative anche sul turismo e sull’attrattività di aree di pregio come la zona della Valle d’Itria e della Costa dei trulli».
È difficile trovare soluzioni, anche a causa dei ritardi che si sono accumulati nella prima fase.
«È necessario, prima che il disastro colpisca tutta la Puglia, pensare a scelte strategiche, a un concorso di idee che coinvolga architetti paesaggisti in un progetto che eviti la desertificazione e prevede la messa a dimora di altre piante, laddove non è possibile salvare gli ulivi contagiati dalla Xylella». 
Il turismo continua a creare opportunità di crescita, ma non basta.
«Il turismo nel Mezzogiorno corrisponde al 20 per cento del turismo italiano. Si continua a operare soprattutto con riferimento al turismo balneare. Gli interventi sulla destagionalizzazione dei flussi non possono certo portare turisti in spiaggia durante l’inverno o in autunno. Per rafforzare la destagionalizzazione è necessario puntare sul turismo culturale, avendo sempre in mente che l’80 per cento del patrimonio archeologico italiano è localizzato al di sotto di Roma. Il turismo culturale è più attrattivo per milioni di turisti che sono propensi a periodi di vacanza di 3 o 4 giorni. Di più: l’Italia e il Sud devono puntare sul turismo delle radici».
Cosa significa?
«Ci sono nel mondo 80 milioni di cittadini che hanno un cognome italiano. In molti di loro è forte la voglia di riscoprire le radici, di tornare in Italia e al Sud per incontrare i parenti o per riscoprire cibo e cultura che hanno accompagnato la loro infanzia o quella dei loro genitori».
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