Missione Ue per il gas Tap: domani vertice a Baku per il raddoppio delle forniture. E sulle compensazioni Puglia e Salento stanno a guardare

Missione Ue per il gas Tap: domani vertice a Baku per il raddoppio delle forniture. E sulle compensazioni Puglia e Salento stanno a guardare
di Vincenzo MARUCCIO
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Giovedì 3 Febbraio 2022, 13:05 - Ultimo aggiornamento: 15:25

Il resto del mondo corre, la Puglia resta a guardare. Da una parte, i processi globali che dettano l’agenda: la necessità di maggiori fonti rinnovabili, i timori per la stretta sul gas legata alla crisi Ucraina-Russia, il caro energia che strangola le imprese e svuota il portafogli delle famiglie. Dall’altra parte, un territorio che spreca occasioni per ritagliarsi un ruolo da protagonista e manca il bersaglio dei benefici capaci di incidere sullo sviluppo. Chi fa i conti con la realtà e cerca soluzioni. 

Chi, invece, da Vieste a Leuca, se ne sta immobile aspettando la manna dal cielo: il gasdotto dall’Azerbaijan ridotto a contesa ideologica, il flusso di gas nei fondali dell’Adriatico senza ottenere in cambio royalties o costi ridotti, le compensazioni Tap e Snam nel Salento rimaste sotto la polvere del libro dei desideri.
Un film già visto. Un film che si ripete. Domani la commissaria Ue per l’Energia, Kadri Simson, sarà a Baku per la riunione del Consiglio consultivo del Corridoio del gas meridionale: è l’organismo internazionale destinato a incidere sul futuro di mezza Europa. Si discuterà delle opzioni per l’estensione dei flussi di gas legati ai nuovi mercati energetici con la possibilità di favorire l’eliminazione graduale del carbone. 


La commissaria Ue incontrerà i ministri dell’Azerbaijan con la missione di diversificare le forniture di gas all’Europa: più precisamente per discutere, recitano testualmente le agenzie, «del potenziale di aumentare la fornitura all’Ue attraverso il gasdotto transadriatico Tap». Il “tubo” della discordia che, attraversato il Canale d’Otranto e approdato sulla costa salentina di San Foca, attualmente può trasportare in Italia e in Europa fino a 10 miliardi di metri cubi di gas ed è considerato a Bruxelles «un fornitore stabile e affidabile per l’Ue».


Tre giorni dopo, lunedì prossimo, si riunirà il Consiglio Energia Europa-Usa: è da lì che passano le decisioni del mondo occidentale di cui, pur propaggine periferica, facciamo parte anche noi con risvolti molto più pratici di quello che potremmo immaginare. La nota congiunta della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e del presidente Usa, Joe Biden, parla chiaro: «Si assicureranno sufficienti e tempestive forniture di gas naturale all’Ue da diverse fonti nel mondo per evitare shock alle forniture, inclusi quelli che potrebbero risultare da un’ulteriore invasione della Russia in Ucraina. Stiamo collaborando con i governi e gli operatori di mercato sulla fornitura di ulteriori volumi di gas naturale».


L’Azerbaijan è un tassello. Lo ha confermato qualche giorno fa il sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano: «Stiamo lavorando al raddoppio della portata della Tap da 10 a 20 miliardi di metri cubi annui.

Basta potenziare le centrali di compressione lungo il tubo già esistente, in modo da aumentare la pressione e la quantità di gas pompato. Non sono necessarie ulteriori opere». Un negoziato che sarebbe stato perfezionato da un ulteriore colloquio telefonico fra il sottosegretario italiano e il ministro azero dell’Energia. Certo, una piroetta politica da un rappresentante di quei Cinque Stelle che contro il gasdotto avevano promesso la guerra totale. 


Ma non è neanche questo l’aspetto più preoccupante: in fondo, a questi ripensamenti la politica ci ha abituato. Il problema vero è che la storia ci passa davanti e l’afasia diventa predominante. Il Salento e la Puglia piantano le bandierine e ci starebbe pure se fosse un punto di partenza per ottenere qualcosa. Invece, le bandierine formano una trincea buona solo per difendere posizioni anziché conquistarne di nuove. Con Tap ha prevalso il rifiuto di sedersi al tavolo e il dialogo su un’alternativa all’approdo attuale non è mai decollato. Si è preferito il muro contro muro: legittimo, ma poco produttivo sul fronte dei benefici reali. Con Bari e Lecce, “capitali” di questo territorio, pronte più a cavalcare l’onda della protesta che a cercare una sintesi tra tutela ambientale e sviluppo. Senza ottenere 50 euro di sconto in bolletta, senza uno straccio di royalty che compensasse il “sacrificio”, senza mai rilanciare davvero su Enel o ex Ilva. Come se il gas naturale - vera partita di questo decennio - riguardasse tutto il mondo meno che noi. Salvo poi risvegliarsi, anche noi, travolti dal caro energia: la conferma che le interconnessioni sono inevitabili e non c’è parte di mondo che possa farne a meno in virtù di chissà quale primogenitura identitaria.


Non riuscire a fare rete mettendo da parte gli steccati (geografici e ideologici): questo il peccato originale. Non cogliere le opportunità o, più colpevolmente, bollarle come “compromettenti”. Come per la seconda puntata di questa vicenda: il tavolo delle compensazioni Tap-Snan, nel frattempo scomparso dal radar di ogni trattativa. Almeno 25 milioni di euro messi sul piatto dalle due multinazionali per progetti ambientali e industriali (riqualificazione, alta formazione, riconversione energetica, centri di sviluppo) che per il Salento avrebbero potuto rappresentare una chance anche occupazionali. Tutto fermo, svanito, evaporato. Non ne parla più nessuno. Sindaci, governatori, cabine di regia di ogni tipo, imprenditori, sindacati: tutti distratti da qualcos’altro, nonostante promesse e ripetuti annunci. Non una lettera, non una convocazione, non un appello. Come se quelle risorse non interessassero più. Tra la sorpresa delle stesse multinazionali e lo stupore del Governo neanche più obbligato a dare risposte ad un territorio sempre più silente. Meglio la facile abbuffata con i fondi Pnrr. Meglio aspettare che si muovano gli altri. A come pagare le bollette ci penseremo poi.

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