Gas serra, calo troppo lieve. Il governo: Tap strategico e addio carbone dal 2025

Il gasdotto Tap
Il gasdotto Tap
di Francesco G. GIOFFREDI
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Domenica 17 Marzo 2019, 09:40 - Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 16:40

Greta Thunberg, la giovane madrina della rinata coscienza ambientalista mondiale, saprà benissimo chi sono Donald Trump o Xi Jinping. Difficilmente però potrebbe avere anche la pur minima percezione dell'esistenza di Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. La partita per contrastare disastri e scempi dei cambiamenti climatici è globale, non è certo affare di quartiere e non a caso si tende a imbastire il piano d'attacco con raffinate azioni diplomatiche nelle Conferenze mondiali per il clima. Eppure, il terzetto di governo gialloverde può e deve avere in questo frangente un ruolo cruciale, non soltanto nello scacchiere italiano, per esempio accelerando la decarbonizzazione anche grazie al protagonismo del gas: proprio nei giorni scorsi è stata inviata da Roma a Bruxelles la proposta di Piano nazionale integrato per l'energia e il clima. Verrà presentata pubblicamente mercoledì al ministero dello Sviluppo economico: in sostanza, è il documento che fissa strategie e contributi al pacchetto europeo Energia e Clima 2030. In tutto quasi 300 pagine, che si riallacciano con evidente (ma solo all'apparenza sorprendente) continuità alla Strategia energetica nazionale messa a punto dal precedente governo.

Nel Piano nazionale indirizzato all'Ue si insiste sulla decarbonizzazione, snodo cardine per abbattere le emissioni di anidride carbonica (la CO2). Il documento governativo da un lato fissa al 2025 il cosiddetto phase out dal carbone (cioè l'abbandono della più tradizionale fonte fossile), senza procrastinare oltre i tempi (e, anzi, in un passaggio s'accenna pure a un «entro il 2025»); dall'altra parte individua senza alcuna esitazione nel gas la strategia ponte. Carbone e gas, due passaggi facilmente declinabili in chiave pugliese: la centrale Enel di Brindisi è la più grande d'Italia e s'avvia a un teorico spegnimento; e il gasdotto Tap approderà nel Salento, a San Foca, garantendo l'ingresso in Europa di 10 miliardi di metri cubi di gas annui dal 2020. Tradotto: il Tap è stato digerito a fatica e infine metabolizzato dai cinque stelle di governo (così contravvenendo alle vecchie promesse di lotta) nono solo perché i costi d'uscita dal progetto sarebbero stati insostenibili per il Paese, ma anche in virtù di una constatata strategicità. «Gli scenari di decarbonizzazione - si legge nel Piano - possono essere attuati tramite le infrastrutture esistenti e il summenzionato Tap», e «dagli scenari considerati è previsto un fabbisogno di 49 megatep di gas naturale al 2030 con un picco di consumi intorno al 2025 dovuto alla fuoriuscita del carbone dal mix di generazione elettrica».

Copione dai risvolti ampi e dalle implicazioni ramificate. Ma qual è il quadro delle emissioni di gas serra in Italia? L'obiettivo tendenziale e tassativo, per tutti, è l'abbattimento dei climalteranti. L'ultima rilevazione dell'Ispra è stata diffusa un mese fa: nel quarto trimestre del 2018 la stima delle emissioni dei gas serra prevede un decremento rispetto all'anno precedente, pari allo 0,4%. La riduzione segnalata sarebbe principalmente dovuta ai minori consumi di gas registrato nel settore termoelettrico (-7.2%) e a quello del carbone nel settore siderurgico (-8.6%), mentre risulta stabile il consumo di gas naturale nell'industria e sono viceversa sempre in crescita i consumi di gasolio nei trasporti (un preoccupante +4,3%). La gestione dei rifiuti fa registrare un discreto calo (-3,8%) delle emissioni. La stessa Ispra rileva che il decremento complessivo dello 0,4% si presenta a fronte di una crescita del Pil pari allo 0,8%: «La stima trimestrale delle emissioni - spiegano - si propone di verificare la dissociazione tra attività economica e pressione sull'ambiente naturale». Edo Ronchi, ex ministro e coscienza ambientalista, tuttavia ha avvertito di recente: «Per essere in traiettoria con l'Accordo di Parigi e avere emissioni nette pari a zero entro la metà del secolo, nel prossimo trentennio l'Italia dovrebbe tagliare, in media ogni anno, le proprie emissioni di gas serra di circa 13 MtCO2eq (mega tonnellate di anidride carbonica equivalente): un tasso di riduzione dal quale siamo stati ben lontani negli ultimi 4 anni, anche se inferiore a quello registrato nel decennio 2005-2014». Nel 2020 bisognerebbe attestarsi a un totale di 419 MtCO2eq, fino a 384 nel 2030 e 367 nel 2040: così dice il Piano nazionale del governo.

La grande tela della riduzione dei gas serra è un difficile incastro.

L'Italia vuol provare a contribuire, attraverso il già citato piano, con cinque mosse: decarbonizzazione, efficienza energetica, sicurezza energetica, mercato interno dell'energia, ricerca, innovazione e competitività. Il tutto con specifici obiettivi, in linea con standard e target europei. «Il piano - ha anticipato Davide Crippa, sottosegretario allo Sviluppo economico è uno strumento che per raggiungere i propri obiettivi avrà bisogno del sostegno e della collaborazione attiva da parte di tutti gli stakeholders. Per questo, prevediamo una consultazione a tutti i livelli e, soprattutto, con le parti interessate, comprese le parti sociali. Oltre alla consultazione tramite la Vas (Valutazione ambientale strategica) contiamo di realizzare un percorso strutturato di confronto attraverso tavoli tematici di lavoro che coinvolgeranno i diversi player». A cominciare dai grandi colossi di stanza in Puglia.

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