Rosatellum e strategie, Berlusconi a sorpresa: «Fitto tra i miei migliori ministri»

Rosatellum e strategie, Berlusconi a sorpresa: «Fitto tra i miei migliori ministri»
di Francesco G. GIOFFREDI
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Domenica 15 Ottobre 2017, 17:45 - Ultimo aggiornamento: 18:48
«Raffaele Fitto è stato uno dei migliori ministri del mio governo»: parole e musica sono di Silvio Berlusconi. E no: non è un residuo d’archivio, non è un’impolverata dichiarazione pre-2015, l’anno della rumorosa scissione fittiana da Forza Italia. Il pubblico encomio - parecchio a sorpresa, stando ai feroci precedenti e alla recente indifferenza - è invece fresco di giornata, incastonato nel messaggio che ieri l’ex premier ha indirizzato all’assemblea delle forze popolari e liberali riunite dall’ex ministro Enrico Costa. A Torino c’era anche il leader di Direzione Italia, in fase perlustrativa di tutto ciò che si muove tra centrodestra e dintorni. «Con i partecipanti agli incontri di oggi parliamo lo stesso linguaggio sui grandi temi della libertà. Siete una componente preziosa di quel centrodestra che costruiremo insieme per realizzare la rivoluzione liberale», ha scandito Berlusconi nel messaggio scritto. Lusinghe alla platea, e l’ex premier ha mostrato di conoscerne la composizione, pezzo dopo pezzo: ha citato per esempio Gaetano Quagliariello e Flavio Tosi, Enrico Zanetti e appunto Fitto, destinando ad ognuno una nota di lode. Via ai tatticismi, insomma.

Le strategie. Potere del Rosatellum: non è un vinello che obnubila la memoria delle vecchie accuse incrociate, ma è la possibile nuova legge elettorale che per com’è strutturata riscopre le coalizioni. E Berlusconi, da tempo, sta provando a indossare di nuovo i panni del padre federatore del centrodestra. E cosa ha risposto ieri Fitto? Cautela e un pizzico di freddezza: nel suo intervento torinese, successivo al messaggio di Berlusconi, ha precisato che «oggi è una occasione di confronto dalla quale può nascere qualcosa di concreto. Purché sia autonomo, indipendente, in grado di parlare agli elettori e non ai gruppi dirigenti». E ancora: «Se siamo qui per dare vita a una sommatoria di gruppi dirigenti alla ricerca di qualche seggio noi non ci stiamo. Se si fa una proposta seria in grado di dare un contributo programmatico vero siamo interessati. Direzione Italia ha organizzato una rete sul territorio, rappresentanti in Parlamento. Siamo interessati a una proposta seria che offra una risposta agli elettori». Nelle chat riservate di Direzione Italia ieri era tutto un ribollire di domande: «Ma dunque abbiamo fatto pace?». L’eurodeputato salentino però non s’è scomposto più di tanto, sottolineando a tutti quella coppia d’aggettivi, «autonomo e indipendente». Tradotto: si va avanti a piccoli passi, la bussola è certo puntata sul centrodestra, e al momento l’opzione-principe potrebbe essere quella di un rassemblement centrista-moderato (in un’unica lista) come quarta gamba della coalizione. Fitto dialoga con tutti in quell’area, ma dopo il voto mai accetterebbe di intrupparsi in un governissimo Pd-Forza Italia. Adesso però sente la necessità di trovare una casa per un partito, Dir, che da solo non riuscirebbe a superare l’asticella nazionale del 3%. Ma poi: il rassemblement alle elezioni si alleerebbe con Berlusconi o farebbe partita a sé? Altro nodo da sciogliere.

Il passato. Cosa succederà con Forza Italia? Di certo le parole d’apprezzamento di Berlusconi sono in palese controtendenza rispetto agli scontri a muso duro con Fitto: la scissione del 2015 fu l’esito quasi naturale di un anno ad alta tensione, durante il quale l’ex ministro degli Affari regionali non perdeva occasione per terremotare pubblicamente la leadership forzista di Berlusconi, e i fedelissimi del leader marcavano stretto l'ex ministro ribelle. Il picco fu raggiunto nell’ottobre 2014, durante un infuocato ufficio di presidenza nel quale volarono offese a giugulare gonfia: da una parte «ti caccio», «non devi permetterti di andare in tv, di farmi il controcanto quotidiano», «sembri un parroco di Lecce, sei figlio di un vecchio democristiano»; dall’altra «ci costringi a fare le dame di compagnia di Renzi», «non puoi cacciarmi, non sono Fini», «non sai di cosa parli». Dopo la scissione fu gelo, incomunicabilità, indifferenza, guerra in molti frangenti, su scala nazionale e sui territori. È troppo presto, prematuro, per parlare di ritrovata armonia o almeno di tregua: ma si vedrà. La politica sa fare miracoli, il Rosatellum forse ancora di più.
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