Fine vita, i vescovi pugliesi: «La legge non sia una scusa per l'inadempienza delle cure»

Fine vita, i vescovi pugliesi: «La legge non sia una scusa per l'inadempienza delle cure»
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Martedì 26 Luglio 2022, 12:04 - Ultimo aggiornamento: 12:13

La conferenza episcopale della Puglia interviene sulla proposta di legge sul fine vita che è stata approvata ieri dalla terza Commissione del Consiglio regionale pugliese e che dovrà essere ora discussa in Aula. "La legge non sia un ripiego per giustificare l'inadempienza delle cure".

I vescovi pugliesi

«Fermo restando che il malato, in qualunque stato della propria patologia si trovi, vada posto al centro per essere difeso, accolto, assistito e accompagnato - dicono i vescovi - registriamo, purtroppo, che cure palliative e sedazione del dolore, esigenze ineludibili che dovrebbero essere fruibili in ambiti ospedalieri, territoriali e domiciliari, non trovano ancora questa diffusione.

Esortiamo, quindi, ad una prudenziale valutazione della realtà senza assolvere le inadempienze finora registrate con percorsi legislativi di ripiego che rischiano di non essere rimedi efficaci a livello scientifico e umano».

L'approvazione non è avvenuta all'unanimità: hanno votato contro FdI e due consiglieri regionali del Pd, mentre il M5S si è astenuto. La proposta di legge, che porta la firma di Fabiano Amati (Pd), prevede l'assistenza sanitaria per la morte serena e indolore di pazienti terminali. «Siamo ben consapevoli - proseguono i vescovi pugliesi - della sensibilità e della delicatezza del tema che è di drammatica attualità e, poiché riguarda la sacralità della vita, necessita di un percorso accurato da parte del legislatore, in un ampio confronto parlamentare che rappresenti il Paese e le reali necessità dei suoi cittadini, scevro da logiche di parte e possibili strumentalizzazioni». «Ogni cittadino - concludono - ha, al di sopra dei diversi 'ius' che gli si garantiscono, quello che si può riassumere nello 'ius vitaè, ovvero la tutela da ogni attentato contro di essa e la garanzia che la comunità se ne prenda cura, non ricorrendo a formule parziali quando non vi riesca. Riteniamo che ogni tentativo di giungere al fine suddetto, senza aver posto in atto le opportune garanzie di assistenza e ausilio, non è confacente con il rispetto della persona».

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