Il turno di amministrative, con tutto il suo carico di scorie, è già archiviato. La politica divora tappe e scadenze in fretta, la bussola è puntata allora sulle elezioni politiche del 2023. Treno diretto, senza fermate: almeno in Puglia - e su scala nazionale con la sola eccezione delle regionali siciliane - non ci saranno più test elettorali di medio termine. I confini fluidi delle coalizioni, i tanti trasversalismi, le fibrillazioni dei partiti rendono al momento di difficile lettura strategie e mosse su accordi e candidature. Anche perché non c’è certezza sulla legge elettorale. Ma le grandi manovre sono già in corso, sottotraccia. E il Pd di Enrico Letta, alle prese con il cantiere del “campo largo”, potrebbe sparigliare le carte in tavola, chiedendo ai governatori e ai principali amministratori locali di schierarsi in prima linea, da locomotive del simbolo Pd sui territori. Anche Michele Emiliano - che non è più iscritto al Pd, pur essendone in Puglia una specie di leader ombra - sarebbe a quel punto della partita, così come Nicola Zingaretti e Stefano Bonaccini: il governatore pugliese e il segretario nazionale dem ne hanno già parlato, l’ipotesi è parte di una “trattativa” a spettro più largo, e che ovviamente abbraccia la possibilità di innestare nelle liste pugliesi del Pd candidati del variegato civismo “di rito Emiliano”. Il governatore verrebbe schierato in un collegio uninominale. E, in caso d’elezione, avrebbe poi 60 giorni per scegliere se affrontare l’esperienza parlamentare o se portare a termine il quinquennio in Regione (scadenza due anni dopo, nel 2025). Più probabile la seconda opzione, a meno di offerte davvero irrinunciabili in postazioni “nobili” a Roma.
Sbrogliare la matassa
Tracce di lavoro, le prime.
Lo schema per le politiche
Lo schema sarebbe allora il seguente: i collegi uninominali verrebbero divisi in quote tra alleati, sfruttando meccanismi di “desistenza”, valorizzando i singoli che hanno più forza e chance di vittoria. Per tutti gli altri, ci sarebbero poi i listini “a rimorchio”. È in questa cornice che Emiliano punta a piazzare i fedelissimi, del Pd o dei civici, nelle liste democrat o magari in quelle del M5s (molti degli uscenti non ci saranno più) e di Insieme per il futuro (Di Maio). «Lo spazio per tutti - riflettono tra gli emilianiani - comunque c’è. In ballo ci sono i collegi vinti nel 2018 dai cinque stelle, pur con la riduzione dovuta al taglio di parlamentari». Rimane comunque da sciogliere il nodo legge elettorale, perché l’attuale Rosatellum potrebbe essere accantonato a vantaggio di un proporzionale puro, che indurrebbe di fatto tutti a correre in solitaria.
La partita delle Politiche ne incrocia altre. Dalle Comunali di Bari alle Regionali 2025. Un salto romano di Emiliano, cioè in un ministero dopo la vittoria elettorale, accelererebbe i processi: si dimetterebbe da governatore, aprendo la guerra di successione. Se invece il presidente pugliese dovesse “limitarsi” al ruolo di candidato-traino alle Politiche, rinunciando poi all’elezione, lo scenario potrebbe essere il seguente: terzo mandato in Regione, ma solo per tre anni (dal 2025 al 2028), fino a nuove elezioni nazionali. In quel caso sì: per salire definitivamente sul convoglio romano e restarci.