Emergenza personale: contratti e paghe basse spingono verso il Nord

Emergenza personale: contratti e paghe basse spingono verso il Nord
di Pierpaolo SPADA
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Domenica 23 Gennaio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 14:02

Aumentano le imprese e anche le offerte di lavoro, ma un posto su tre in Puglia resta vacante. Perché? Le ragioni sono molteplici. Stando ai numeri, appare chiaro come i candidati siano per un verso sempre meno e per l’altro inadeguati. Tendenza sorprendente, ma solo in parte: oltre la metà dei nuovi contratti proposti è riservata a chi ha un basso grado di istruzione, ma è pure vero che molti contratti sono precari (53%), “a tempo”. 

L'EMERGENZA
La questione relativa alla difficoltà di reperimento di personale in loco è tornata pressante negli ultimi giorni sulla scorta dell’appello dell’azienda metalmeccanica veneta Scandiuzzi Steel Construction che a Brindisi non riesce a reperire 50 persone da assumere per eseguire un’importante commessa, ora a rischio. 
Caso non isolato. Nella stessa situazione ha riferito di trovarsi, per esempio, l’amministratore della salentina Meccanica Meridionale srl, Donato Pascali, che a Quotidiano ha spiegato di esser riuscito ad assumere solo 3 dei 25 operai di cui è in cerca da ottobre. E anche le sue commesse adesso rischierebbero la revoca. Effetti distorti della ripresa economica, come l’inflazione erosiva per il potere d’acquisto dei consumatori e dei bilanci delle aziende. Che, intanto, in Puglia aumentano più che altrove: la regione è terza in Italia, sotto Campania e Lazio, nella graduatoria 2021 della natimortalità, con un tasso di crescita del 2,06% (0,80 nel 2020), frutto di 21.967 iscrizioni e 14.086 cessazioni. Lo rileva l’ultima elaborazione di Infocamere - alla cui vetta risulta Lecce (con una crescita del 2,98%) - che fa il paio con il bollettino Excelsior di cui abbiamo dato conto ieri relativamente all’aumento delle offerte di lavoro: +13.330 tra gennaio e marzo rispetto a un anno fa.

Ed è lo stesso report di Unioncamere-Anpal (elaborato sulla base delle stime di 89.500 imprese pugliesi) a suggerire una delle chiavi di lettura per comprendere il fenomeno della irreperibilità del personale. Lo studio conferma ancora una volta che questa non è una regione per laureati. Solo il 18% delle 19.450 assunzioni previste a gennaio è appannaggio di soggetti in possesso del più elevato titolo di studio. Altrettanto esigua è la percentuale che comprende le assunzioni di personale con “diploma o qualifica professionale”. Il restante 62% è riservato, pertanto, a titolari di “diploma di scuola media superiore” (32%) e a chi non possiede alcun titolo di studio (30%). 

Cinquanta posti di lavoro subito, ma nessuno si presenta. L'appello da Brindisi della Scandiuzzi: «Non troviamo personale qualificato»

LE COMPETENZE
Il mercato pugliese necessita, dunque, di poche figure qualificate. Ma non è una tendenza che caratterizza solo questa fase. Ciò accadeva anche l’anno scorso (laureati 18%) sebbene la percentuale di posti riservati ai diplomati di scuola media superasse il 37%. Colpa della pandemia? Macché: nel 2019, la quota di assunzioni per i laureati era addirittura inferiore (13%), ma c’era più spazio per diplomati di “terza media” e diplomati professionali. Come nel 2018, quando le entrate previste per i laureati si fermavano, addirittura, al 12%. La differenza rispetto al pre-pandemia la fa, piuttosto, la durata dei contratti proposti. Quelli “a tempo determinato” sono cresciuti del 13% nell’ultimo biennio a fronte del calo di quelli “a tempo indeterminato”, ormai residuali (24%). Dunque, pochi contratti stabili e riservati soprattutto a persone in possesso dei più elevati titoli di studio da impiegare prevalentemente nell’industria manifatturiera e public utilities e nel settore dei servizi alle imprese. 
Ecco la combinazione di elementi che genera la minore reperibilità delle figure richieste. Nell’ordine, i più introvabili (44,7) sono i diplomati negli Its (Istituti tecnici sperimentali) che, per fortuna, in Puglia si stanno moltiplicando, per il turismo, la moda e l’automotive. Seguono, con una quota del 42,6% della difficoltà di reperimento, i profili con livello universitario, con il 36,7% il personale con “qualifica di formazione o diploma professionale” e con il 32,9% il livello secondario. La restante quota (29,3%) è, infine, relativa alla difficoltà di reperimento di personale che non sia dotata di alcun titolo di studio e che nel 57% dei casi le imprese prevedono di assumere come personale generico nelle costruzioni e personale non qualificato nella logistica, nelle attività commerciali e nei servizi, nei servizi di pulizia e in altri servizi alle persone e nelle attività industriali e assimilati.

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