A scuola anche il sabato e la domenica, per evitare assembramenti sui bus pubblici. La proposta è della ministra delle Infrastrutture e dei trasporti Paola De Micheli, che spiega: «Le scuole vanno riaperte quando ci sono le condizioni per riaprirle. Vediamo a che punto stanno, il 9 dicembre, i contagi». Per l’esponente del Pd vanno distanziati gli ingressi degli studenti nell’arco della giornata (spalmare le entrate «sulle prime dodici ore della giornata, dalle 8 alle 20”) e allungare il servizio anche nel weekend: «Siamo in emergenza e credo sia necessario fare lezioni in presenza anche il sabato». Non solo, dice la De Micheli, anche la domenica: «Sono decisioni che vanno condivise con tutto il governo, ma, dicevamo, siamo in emergenza e bisogna far cadere ogni tabù».
Ma è già polemica: famiglie, docenti e presidi respingono compatti la proposta, bollata come «inammissibile». Le carenze del governo sulla gestione della scuola durante la pandemia Covid sono evidenti a tutti, sotto accusa c’è anche il sistema dei trasporti di cui la De Micheli è responsabile. «Nessuno mi ha portato uno studio che dimostri che i trasporti sono la principale ragione della crescita della curva. Ho sentito troppi scienziati parlare a braccio, in questo periodo - afferma la ministra - Poiché la politica, però, non si muove solo per scienza esatta, ma anche per rassicurare i cittadini, vi dico che le Regioni hanno messo a disposizione quasi diecimila bus aggiuntivi in tutto il Paese con le risorse assegnate dal Governo». Sforzo evidentemente non sufficiente: «Con 24 milioni di persone a bordo di mezzi dimezzati non sarà possibile» ammette la ministra «garantire il distanziamento sociale e la capienza del 50%» come recita il Dpcm del premier Giuseppe Conte. Quindi, aggiunge: «Ora serve un organismo, se possibile di carattere nazionale, che condivida con la scuola i dati e organizzi un piano istituto per istituto. Stiamo parlando di tre milioni di studenti delle superiori». Argomenti che non convincono chi opera nella scuola. Tantomeno i genitori, già sul piede di guerra contro la remota ipotesi che l’idea possa anche solo essere messa sul tavolo della discussione.
«La proposta del Ministro dei trasporti di incentivare il rientro a scuola, spalmandola su 12 ore giornaliere ed allargandola anche nei giorni festivi, è inqualificabile, irriverente e soprattutto irrispettosa non solo di una ampia categoria di persone, lavoratori e non, ma soprattutto innesca, a nostro modestissimo parere, un turbinio di ripercussioni sulle autonomie scolastiche, che già hanno subito una gravissima ingerenza da parte di organi superiori al fine di tutelare la salute di tutti - sottolinea il Coordinamento pugliese dei presidenti del consiglio d’Istituto, composto unicamente da genitori -.
«Questo è un ennesimo attacco alle scuole che, da fanalino di coda a marzo, sono diventate il boomerang di tutte le falle del sistema - aggiunge il Coordinamento -: azioni pesanti, gestioni faticose, organizzazioni non di stretta competenza delle scuole, pur di fare rientrare tutti in sicurezza tra i banchi, ora devono anche soccombere ad una malagestio dei trasporti? No. Non ci stiamo più. I ragazzi hanno diritto di studiare, ma soprattutto hanno diritto di farlo con i loro compagni e con i loro docenti: non possiamo accettare che la scuola diventi una azienda con lavoratori turnisti, dove viene completamente a mancare il rapporto socio-educativo che è il fulcro della loro crescita». Per i presidenti del consiglio di istituto che rappresentano le famiglie «la scuola non è una azienda di produzione di cervelli. È il luogo in cui i cervelli lavorano accompagnati dalle emozioni. Non possiamo accettare che ancora una volta debba essere la scuola a dover pagare».