Discriminazioni, legge regionale più vicina ma è scontro sulla scuola

Discriminazioni, legge regionale più vicina ma è scontro sulla scuola
di Antonio BUCCI
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Giovedì 14 Luglio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 21:56

«Un’ora e quarantatre minuti di approfondimento, serio, preparato, anche con punti di vista differenti. Non succederà più che questa proposta di legge venga calendarizzata in Consiglio per diciotto volte e mai discussa, come avvenuto nella scorsa legislatura». È ottimista, Donato Metallo, dopo la maratona di audizioni in commissione. La legge in questione è quella contro le discriminazioni di genere e l’omobilesbotransfobia, della quale l’ex sindaco di Racale e consigliere dem è proponente – insieme al collega Francesco Paolicelli - e che conta già una trentina di firme, in calce al documento. L’iter è entrato nel vivo a novembre, a bocciatura del ddl Zan appena formalizzata a Palazzo Madama, e non è ancora conclusa la fase di ascolto. L’auspicio è farlo prima della pausa estiva della massima assise, così da ripartire in autunno dagli emendamenti. E dall’approdo in Aula. Tanto più visto il precedente illustre: il disegno di legge che porta il nome di Totò Negro, costruito nel 2017 e mai arrivato all’approvazione. 

Il pressing del Pride

Stavolta, il pressing è quello dei diecimila del Pride arcobaleno di Bari - nel primo weekend del mese – in una ideale staffetta con quello di Lecce del prossimo fine settimana, pronto a snodarsi lungo le vie del centro barocco. «Mi pare che, in questi anni, con il Covid di mezzo, sia maturata sempre più forte la consapevolezza di un intervento di questo tipo.

Non solo sulla scorta dell’esperienza delle altre Regioni ,ma anche in virtù del principio di non discriminazione, che obbliga anche le Regioni a fare la propria parte, che sia supporto, aiuto o intervento per evitare discriminazioni o, peggio, violenze», spiega Antonio Rotelli - avvocato ed esperto di diritto su questi temi - a margine della mattinata in via Gentile. A far discutere, al momento, è l’articolo relativo all’istruzione, intesa come ambito in cui la Regione «dovrà avere il compito di promuovere e coadiuvare diverse misure nell’ambito delle proprie competenze, al fine di garantire pari opportunità, valorizzare le differenze, prevenire e contrastare le discriminazioni, il bullismo e il cyber-bullismo, contrastare gli stereotipi e i pregiudizi motivati dall’orientamento sessuale, dall’identità di genere o da variazioni nelle caratteristiche di sesso». Tradotto, vuol dire formazione per insegnanti e personale scolastico. 

Il fronte del no

Chi non è d’accordo - Associazione italiana maestri cattolici, Associazione professionale UCIIM, Associazione Forum familiari, ad esempio - contesta, difatti, uno sconfinamento di competenze, da parte dell’ente nel campo di quelle statali. In realtà, ha spiegato Rotelli nel suo intervento, si tratterebbe solo di mettere a disposizione delle possibilità formative, il cui accoglimento spetterebbe comunque alle scuole, in piena autonomia. Esattamente – chiarisce – come per le leggi in materia di prevenzione e contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo o della legge 31 del 2009, negli articoli che riguardano la formazione dei docenti organizzata attraverso una “Unità regionale di pedagogia e formazione del personale della scuola”. Una norma che, per il dirigente medico di psichiatria del Centro Disforia del Policlinico di Bari, Elisabetta Lavorato, andrà accompagnata a iniziative di informazione per il diritto all’integrità fisica delle persone, «considerato che il rischio di sviluppare una patologia mentale è molto più alto per la popolazione Lgbti». E che diventa anche una forma di promozione del diritto allo studio, se in grado di tutelare chi è in giovane età, conferma Antonella Vulcano della Flc Cgil. Mercoledì prossimo, il resto delle audizioni. Poi, si inizierà a lavorare in vista dell’Aula.
 

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