L'intervista/ Bucci: «Difficile prevedere il picco. Staremo a casa un bel po'». Chi rispetta i limiti? La mappa per provincia

L'intervista/ Bucci: «Difficile prevedere il picco. Staremo a casa un bel po'». Chi rispetta i limiti? La mappa per provincia
di Francesco G. GIOFFREDI
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Domenica 15 Marzo 2020, 10:09 - Ultimo aggiornamento: 11:24
I numeri, innanzitutto. Che, più di ogni altra cosa, misurano l'ardua lotta al coronavirus. Ecco: la pandemia può essere contenuta e soffocata solo partendo da lì, dai numeri, dalle curve, dai modelli matematici, dalle proiezioni. Gelida, ma preziosa, materia che deve orientare ogni scelta. In prima linea ad analizzare i numeri e a mettere in campo proposte c'è Enrico Bucci, professore aggiunto di Biologia dei sistemi complessi alla Temple University di Philadelphia.
Uno studio pubblicato da lei e da Enzo Marinari, Giuseppe De Nicolao e Giorgio Parisi mostra un primo rallentamento generale del contagio. In sostanza, aumentano i tempi di raddoppio di ricoveri e decessi: da 2,5 a 3-4 giorni. È lecito sperare, a breve, in un ulteriore rallentamento? Avete tuttavia preso in esame Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Marche: al Sud e in Puglia c'è un ritardo del focolaio epidemico, dobbiamo perciò attenderci curve più severe o trarremo beneficio più degli altri dalle restrizioni imposte?
«È certamente possibile che ci sia un ulteriore rallentamento: al momento, infatti, stiamo risentendo di effetti di distanziamento sociale probabilmente precedenti ai decreti del governo. Certamente l'applicazione delle misure più rigorose beneficerà maggiormente le regioni che sono più indietro rispetto alle altre, con una sola eccezione: quelle in cui i focolai ospedalieri dovessero essere prevalenti».
Nessun modello matematico può stabilire con certezza quando arriverà il picco e quando finirà l'emergenza: è così? Lei e i suoi colleghi avete applicato un modello esponenziale, che vi ha permesso di prevedere in anticipo l'esplosione del contagio sulla base delle prime rilevazioni. Può spiegare cos'è e da cosa è determinato nel caso del Covid19 l'aumento esponenziale?
«Nessun modello può prevedere il momento in cui ci sarà il picco, finché si è nella fase di crescita esponenziale libera (la fase iniziale di un'epidemia). L'aumento esponenziale è ciò che i manuali di scuola prevedono per un'epidemia non controllata, non si tratta di un'eccezione osservata per Covid-19».
In Puglia in un solo giorno (venerdì) siamo passati da 108 a 158 contagi: 50 in più, non s'è mai avuta un'impennata del genere, l'impressione è che i tempi di raddoppio si stiano accorciando. I decessi continuano invece a seguire un trend costante. Quanto incidono i ritardi di verifiche e comunicazioni? A cosa dobbiamo prepararci? 
«Non vi sono ancora evidenze di una particolare impennata dei tempi di raddoppio: quello che lei osserva è la caratteristica di un'esponenziale, che parte piano e poi monta molto rapidamente. I decessi rispondono con ritardo (prima ci si ammala, poi eventualmente si muore a qualche tempo di distanza), ed è per questo che oggi essi appaiono ancora non seguire la stessa legge di crescita dei casi di infezione. I ritardi di verifiche e comunicazione incidono molto, ma di solito si verificano in fase molto più avanzata, quando i medici devono pensare alle persone, più che ai dati. Dobbiamo prepararci a rimanere a casa per un po', in modo da rallentare la salita dei casi e dei decessi».
Il maggior numero di decessi italiani rispetto agli altri Paesi dipende anche da un differente campionamento e dalla platea di pazienti su cui viene effettuato quel campionamento?
«Il numero di decessi è una quantità assoluta; tuttavia, la percentuale di morti sugli infetti dipende dal grado di completezza con cui si riesce ad individuare tutti gli infetti. In Italia, i test si fanno solo su sintomatici e gravi, e vi è pure un limite al numero di test giornalieri da considerare; per questo, identifichiamo solo una parte abbastanza ridotta del totale degli infetti, mentre identifichiamo presumibilmente tutti i morti. La frazione di morti sugli infetti, perdendosi un gran numero di infetti, appare quindi innaturalmente alta rispetto agli altri paesi».
Soprattutto nelle scorse settimane, c'era chi si avventurava nel parallelismo con la normale influenza. In realtà però, quanto a diffusione e decessi, l'influenza stagionale ha tempi ben più diluiti.
«Il paragone con l'influenza è insostenibile, infondato e pericoloso, perché fa abbassare la guardia ai cittadini. Purtroppo, esso è stato propagandato anche da esperti del settore; esperti, tuttavia, che hanno parlato senza guardare ad i numeri».
Per quanto riguarda il trend dei ricoveri, soprattutto in terapia intensiva, continueremo ad avere un aumento esponenziale? La Regione Puglia ha parametrato il piano dell'emergenza sulla percentuale nazionale: il 10% dei contagiati da coronavirus necessita di un posto letto in terapia intensiva, l'ipotesi è di 2mila contagi. È corretto affidarsi a questa proporzione?
«La proporzione è grosso modo corretta; ma prevedere oggi il numero totale degli infetti in Puglia è impossibile. Comunque, al di là del numero di infetti totale, conta quanti infetti vi sono in un certo periodo. Si può reggere anche ad un gran numero di infetti, purché essi arrivino così diluiti nel tempo, da non occupare mai più di tutti i letti in terapia infettiva disponibili».
Sono anche cambiati i criteri d'ammissione in terapia intensiva: ovviamente più stringenti, proprio per non saturare i posti letto. E questo influisce sui numeri.
«Più che i numeri, questa dura scelta influenza le probabilità di salvare le persone in condizioni gravi».
L'Istituto superiore di sanità spiega che ora il Sud pagherà gli errori commessi nei giorni scorsi: il chiaro riferimento è ai ritorni in massa da regioni maggiormente a rischio. Quanto e come inciderà sulla curva dell'epidemia questo fenomeno?
«I ritorni a casa causeranno presumibilmente un'esplosione di singoli focolai epidemici, il che aumenta grandemente il pericolo di un avvio del processo epidemico regionale su scala alta».
Professore, molto banalmente: qual è il numero, o i numeri, a cui aggrapparci - a cominciare dalla Puglia - per nutrire un pizzico di ottimismo?
«Sono i numeri pubblicati dal professor Ciro Cattuto e dai colleghi di Torino: mostrano come anche in Italia, da oltre una settimana, gli spostamenti personali sono diminuiti almeno del 50%, e così sono diminuiti il numero di contatti giornalieri interpersonali entro un raggio di 50 metri. I pugliesi, tuttavia, non si sono comportati altrettanto bene di altri connazionali; è ora che essi seguano tutti gli altri, e questo mitigherà fortemente la crescita dell'epidemia».

LA DIMINUZIONE DEI CONTATTI INTERPERSONALI
La figura mostra la diminuzione dei contatti interpersonali: più una provincia è colorata in blu scuro, più i contatti interpersonali sono diminuiti. La Puglia è messa un po' peggio rispetto alla maggioranza delle altre regioni (in grigio sono le province su cui mancano dati).

 
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