«Le terapie intensive servono per tutti i pazienti Covid di Puglia»: bloccato il trasloco del Dea di Lecce

«Le terapie intensive servono per tutti i pazienti Covid di Puglia»: bloccato il trasloco del Dea di Lecce
di Maddalena MONGIò
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Venerdì 6 Novembre 2020, 08:07 - Ultimo aggiornamento: 10:18

Il Covid detta legge e dalla Regione arriva il contrordine sui trasloco al Dea Fazzi di Lecce dopo una lunga serie di annunci: è stata congelata la partenza dei nuovi reparti con il polo ospedaliero che in questa fase sarà utilizzato per il Covid (come già nella primavera scorsa). Niente trasferimenti dall’attuale Fazzi, dunque. «Tutte le terapie intensive servono per i pazienti Covid pugliesi»: questo il messaggio di Bari che spinge l’Asl di Lecce a rivedere, un’altra volta, i piani. Lo stop al trasferimento dei reparti dell’area chirurgica dal corpo centrale del Fazzi al Dea - che il direttore generale Rodolfo Rollo ha mantenuto come obiettivo sino a qualche giorno fa - è scaturito dalla richiesta arrivata da Bari di 38 posti letto di terapia intensiva da dedicare esclusivamente al Covid.

In quest’ottica l’unico ospedale che può garantire questa disponibilità è, appunto, il Dea. Al Vito Fazzi di Lecce ci sono 16 posti di terapia intensiva no-Covid, mentre al Dea sono pronti 24 per il Covid e attualmente occupati 13 in gran parte per pazienti che arrivano da fuori provincia. Al piano terra del Dea la disponibilità massima di terapie intensive è di 32 posti. Inoltre, sono in allestimento altri 16 posti al quarto piano dove sono in allestimento 40 posti letto per la Pneumologia Covid, al momento allocata al piano terra. Ma torniamo, invece, ai posti letto di degenza Covid previsti dalla Regione Puglia per il Salento. L’Asl di Lecce doveva attivarne 217 entro oggi. Obiettivo raggiunto, anche se a Galatina è rimasto ancora da liberare il reparto di Ostetricia e Ginecologia che dovrà essere convertito in Covid, così come è avvenuto per gli altri reparti. Mentre, sempre a Galatina, è ancora in divenire l’allestimento dei 12 posti di terapia intensiva e a incidere sui ritardi anche le resistenze interne che non hanno accolto con favore la conversione dell’intero Ospedale alla cura dei pazienti contagiati.

«Gli attuali posti di terapia intensiva al Fazzi – precisa il DG Rodolfo Rollo – ci consentono di gestire i pazienti no-Covid in terapia intensiva post operatoria o con emorragie cerebrali o per un trauma e quelli Covid al Dea dove sono più che altro di fuori provincia.

Per le degenze abbiamo 40 posti letto del Fazzi e 23 al Dea, in parte occupati. Se necessario possono essere aperti altri 60 posti al quarto piano. Al Dea saranno tutti pazienti Covid e ci sarà la Cardiochirurgia e l’Emodinamica per il Covid con complessivi 100 posti letto. A Galatina sta per essere ultimate la funzionalità del Padiglione De Maria e possiamo andare da 40 a 60 posti letto. Stiamo per avviare San Cesario per il Covid post acuzie. Siamo oltre le necessità ed ecco perché stiamo dando una mano agli altri territori». Il primo tassello è stato raggiunto agevolmente. La difficoltà si presenterà semmai si dovesse arrivare entro fine mese a 572 posti letto dedicati ai pazienti Covid. In questa prospettiva Rollo ha già anticipato a Quotidiano che potrebbe servire un terzo ospedale, ma è probabile che la decisione di ieri – ossia dedicare il Dea al Covid – possa cadere l’ipotesi di “sacrificare” un altro ospedale. E poi c’è il ventre molle della carenza di specialisti. Al riguardo Rollo spiega: «Stiamo lavorando con le equipe data la difficoltà di reperimento dei medici».

Dall’Asl di Lecce parte la missiva alle case di cura private salentine con la richiesta di disponibilità di anestesisti per le terapie intensive Covid, ma anche di internisti e pneumologi. L’obiettivo? «Costituire - conclude Rollo - alcune le equipe in caso di sovraccarico di attività, come sta accadendo in altri territori». C’è, poi, un altro fronte. I segretari provinciali di Fp Cgil (Floriano Polimeno), Cisl Fp (Fabio Orsini), Uil Fpl (Antonio Tarantino), Fials (Vincenzo Gentile), Fsi-Usae (Francesco Perrone) e la Rsu (Antonio Piccinno), lamentano il continuo rinvio del confronto con la Asl relativamente alle indennità spettanti a circa 4.055 dipendenti del comparto (infermieri, tecnici, operatori socio-sanitari, ausiliari). 

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