Le scorte si prosciugano vistosamente, il fabbisogno lievita, i prezzi schizzano alle stelle e l’Europa va in affanno scoprendosi vulnerabile, impreparata. Sullo sfondo, le crepe sullo scacchiere geopolitico e le guerre commerciali. Il Vecchio Continente produce sempre meno gas e ne consuma in misura crescente, le rinnovabili non riescono ancora a compensare e controbilanciare. E l’Italia è nel pieno della tempesta perfetta, schiacciata tra crisi d’approvvigionamento e bollette da record per imprese e famiglie. Tanto che Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, ha rilanciato il tema: «L’Italia è riuscita a diversificare le fonti di approvvigionamento. Ma ha un energy-mix davvero povero e ora paga le scelte sbagliate del passato. Abbiamo fatto una politica implosiva: nel 2000 producevamo 20 miliardi di metri cubi di gas, oggi ne produciamo solo 4,5, a fronte di un consumo pari a 72 miliardi di metri cubi. Importiamo tutto e quindi siamo vulnerabili». Tradotto: va bene lo stop al carbone, d’accordo l’accelerazione sulle rinnovabili, ma il gas è la strategia-ponte. Si sapeva, era scritto, hanno fatto tutti un po’ finta di dimenticarlo. L’obiettivo ora, si è sbilanciato Cingolani, «è magari raddoppiare i 4 miliardi di metri cubi attuali» di produzione interna. In che modo? Per esempio riattivando i pozzi offshore per estrarre gas: il ministro ha incassato il sì delle Regioni, Puglia compresa, proprio nei giorni scorsi. In sostanza, si sblocca il “Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee” (Pitesai), lo strumento di pianificazione delle estrazioni di idrocarburi.
IL RUOLO DELLA PUGLIA
Proprio la Puglia, in questa complessa partita, svolge un ruolo centrale. Con più ruoli e per almeno tre motivi. Primo: sono circa dieci le richieste di estrazione lungo le coste pugliesi, in Adriatico e a poche miglia dagli altri Paesi rivieraschi ben attivi nel “mungere” idrocarburi in mare. Secondo: il fabbisogno, visto che la Puglia è la sesta regione italiana per consumo di gas naturale (4,6 miliardi di metri cubi nel 2020 sul totale di 70 miliardi: dati Snam rete gas elaborati dal ministero della Transizione ecologica e disponibili sul sito del Mise). Insomma, la Puglia partecipa con numeri rilevanti al fabbisogno italiano di gas. Terzo: dal 2020 la Puglia offre più o meno direttamente un contributo strategico alla cruciale partita dell’approvvigionamento, essendo regione d’approdo del gasdotto Tap. L’infrastruttura, che attracca a Melendugno ed è operativa da circa un anno, a fine 2021 avrà veicolato in Italia poco più di 7,5 miliardi di metri cubi di gas dell’Azerbaijan. La previsione progettuale è di 10 miliardi annui, la capacità teorica (anche col mix di idrogeno, già ipotizzato dalla società) è di 20 miliardi. I 7,5 miliardi di questo primo anno a regime sono rimasti in larghissima parte in Italia: tra i nove shipper, cioè gli acquirenti del gas azero con contratti di durata venticinquennale, ci sono per esempio big player del mercato italiano come Enel, Edison, Hera. E il Tap è una delle boe che sta tenendo l’Italia sulla linea di galleggiamento.
Il gasdotto “salentino” è incanalato lungo il Corridoio meridionale del gas, che è il tentativo europeo (e italiano) di diversificare le fonti d’approvvigionamento e svincolarsi dall’abbraccio con la Russia.