Covid, sette miliardi in meno: giù il fatturato delle imprese

Covid, sette miliardi in meno: giù il fatturato delle imprese
di Pierpaolo SPADA
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Giovedì 23 Luglio 2020, 10:41 - Ultimo aggiornamento: 11:51
La ripresa dopo la crisi del 2008 aveva già esaurito la sua spinta prima del Covid ma la pandemia ha assestato un improvviso durissimo colpo che allargherà ulteriormente il divario tra il sistema delle piccole e medie imprese meridionali e quelle settentrionali. La Puglia è tra le regioni più esposte al rischio di indebitamento. In un caso su tre, l'impatto dell'emergenza sul fatturato sarà molto intenso. È il quadro che emerge dal rapporto regionale Pmi 2020 elaborato Confindustria e Cerved sulla base dello stato delle 156mila pmi italiane (con 10-49 addetti e giro d'affari di 2-50 milioni di euro). Il percorso di rinascita è impervio e le aziende a elevata specializzazione in settori anticiclici o essenziali risentiranno meno del calo dei ricavi, a differenza di quelle attive nei settori più penalizzati dalle norme anti-Covid (attività cinematografica e trasporti aerei). Considerevole è la flessione prevista anche nell'industria (-12,4%), con punte nei settori metalli (-19,6%), moda (-16,8%) e meccanica (-15,4%).


In Puglia il livello di specializzazione delle pmi è mediamente accentuato nell'industria (22,8% del totale), assai più nei servizi (56,5%), con buon grado anche nella distribuzione (36,9), e in rapporto al Sud, nella moda (4,4%, in linea con la media italiana) e nel sistema casa. Complessivamente il 35,5% del fatturato delle pmi italiane si concentra in settori in cui l'impatto del Covid è molto intenso, vale a dire: trasporti, automotive, turismo e ristorazione, miniera pugliese. Nell'anno in corso il fatturato dovrebbe calare dell'11,8% rispetto al 2019 e nel 2021 aumentare del 9,9% rispetto al 2020. Complessivamente, dunque, tra il 2019 e il 2021 la Puglia dovrebbe subire una flessione pari al 2,8%, in linea con la media regionale che è più bassa a quella rilevata nelle aree centrali e settentrionali del Paese dove il grado di specializzazione delle pmi nei settori a forte impatto Covid è più elevato. In soldoni, il Mezzogiorno perderà fatturato per 36 miliardi di euro, di cui circa un terzo in Campania (12 miliardi), seguita da Puglia (7 miliardi) e Sicilia (6 miliardi). Quanto all'occupazione, gli effetti saranno conseguenti. Dei 162mila addetti impiegati dalle pmi pugliesi, 22mila circa rientrano nei settori cosiddetti anticiclici (che subiscono cioè il minore impatto), 43mila nei settori a impatto moderato, 37mila nei settori ad elevato impatto, 58mila nei settori a impatto molto intenso. Tale classificazione esprime la stessa tendenza in tutto il Paese.
Diminuirà drasticamente anche la liquidità. Il fenomeno riguarderà a dicembre il 35,4% delle pmi pugliesi. Al Sud, solo la Sardegna esprime una percentuale più elevata (36%). La media del Mezzogiorno è del 34,3%, quella italiana del 35,4%. Lo stesso rischio corre il 32,1% dei lavoratori pugliesi a fronte del 32,9% di quelli meridionali e del 34,5% di quelli italiani (1,5 milioni entro agosto). Ma la Puglia è tra le regioni in cui si osserva l'incidenza più elevata di fabbisogno di liquidità per evitare la crisi Covid. Tant'è vero che in caso di iniezioni di liquidità il livello di indebitamento salirebbe al 122% a fronte del 97% italiano e del 100% meridionale. In altre parole, i debiti finanziari supererebbero il doppio del patrimonio netto. «La caduta dei ricavi e dei margini, i potenziali impatti sulla struttura finanziaria delle pmi avranno forti implicazioni sulla probabilità di default delle pmi, con un possibile ulteriore ampliamento dei divari di rischio tra le regioni del Centro-Sud e quelle settentrionali», recita, dunque, il rapporto. In Puglia il dato comprende il 24% delle piccole e medie imprese. E in caso di nuove ondate di contagio? Lo scenario più pessimistico apporterebbe alle pmi pugliesi una perdita del fatturato del 4,3% tra il 2019 e il 2021 contro il 4,5% dell'Italia e il 4,4% del Sud; un potenziale rischio di liquidità per il 42,4% delle pmi, che coinvolgerebbe il 39,1% dei lavoratori, per un fabbisogno complessivo del 58,1% a fronte del 49,2% del Sud, del 45% dell'Italia, del 43% del Nord e del 48,7% del Centro. Le prospettive che emergono dall'analisi dell'impatto del Covid conducono alla conclusione che «c'è e ci sarà ancora molto bisogno di sostegni alla liquidità, in generale e soprattutto per le pmi, nel Mezzogiorno come nel Centro-Nord. In tal senso, sarebbe auspicabile una proroga del QT oltre il 2020, perché garantirebbe livelli più elevati di intensità di intervento». Per QT s'intende il Quadro Temporaneo sugli aiuti di Stato della Commissione europea. Ma Confindustria e Cerved suggeriscono anche il miglioramento della comunicazione tra banche e imprese, con uno sforzo delle prime di «incorporare nelle valutazioni i fattori immateriali e intangibili (capacità innovativa, qualità delle risorse umane, la partecipazione e l'integrazione in catene del valore e in filiere nazionali e internazionali)», e delle seconde di «saper comunicare in maniera trasparente e oggettiva questi fattori». E ancora: investimenti nella politica di ricerca, soprattutto quella industriale, attraverso un rinnovato dialogo tra imprese e istituti d'istruzione e formazione; più digitalizzazione, formazione per l'internazionalizzazione dei manager, supporto per la crescita dimensionale delle pmi, più investimenti per la micro-infrastrutturazione e la conversione green delle aziende.
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