Cure a casa, un protocollo per tutti: «No antibiotici, sì il paracetamolo»

Cure a casa, un protocollo per tutti: «No antibiotici, sì il paracetamolo»
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Mercoledì 2 Dicembre 2020, 10:14

No all'eparina e antibiotici, sì al paracetamolo: il ministero della Salute ha definito, con una circolare, le linee guida per le cure a domicilio dei pazienti Covid-19. Adesso tutte le Regioni dovranno adeguarsi, mettendo nel cassetto i vari protocolli approvati per far fronte al vuoto a livello nazionale. Anche la Puglia, appena due settimane fa, aveva elaborato un proprio schema, che è però superato.
Tra le indicazioni ministeriali c'è anche la misurazione periodica della saturazione dell'ossigeno. Il ministero evidenzia anche un altro dato: «I medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, grazie alla presenza capillare nel territorio e alla conoscenza diretta della propria popolazione di assistiti, sia in termini sanitari che in termini sociali, devono giocare, in stretta collaborazione con il personale delle Usca (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) e con eventuali unità di assistenza presenti sul territorio, un ruolo cruciale nell'ambito della gestione assistenziale dei malati Covid-19». Quasi un richiamo per quelle Regioni ancora in ritardo nell'attivazione delle Unità, tra queste la Puglia. «Anche in occasione di questa seconda ondata pandemica si legge nella circolare - esiste la necessità di razionalizzare le risorse al fine di poter garantire la giusta assistenza a ogni singolo cittadino in maniera commisurata alla gravità del quadro clinico. Una corretta gestione del caso fin dalla diagnosi consente di attuare un flusso che abbia il duplice scopo di mettere in sicurezza il paziente e di non affollare in maniera non giustificata gli ospedali e soprattutto le strutture di pronto soccorso».
Il documento, quindi, definisce le diverse tipologie di pazienti, a cominciare da quello a basso rischio che può e deve essere seguito a domicilio per non intasare gli ospedali e occupare posti letto sempre più carenti: «I pazienti a basso rischio sono definiti dall'assenza di fattori di rischio aumentato (ad esempio patologie neoplastiche o immunodepressione) e sulla base di alcune caratteristiche. Quali, sintomatologia simil-influenzale (ad esempio rinite, tosse senza difficoltà respiratoria, mialgie, cefalea); assenza di dispnea e tachipnea (documentando ogni qualvolta possibile la presenza di una SpO2 92%); febbre inferiore ai 38°C da meno di 72 ore; sintomi gastro-enterici (in assenza di disidratazione e/o plurime scariche diarroiche); astenia, ageusia, disgeusia, anosmia». Nella circolare viene evidenziato anche l'importanza dell'utilizzo del saturimetro: «Il monitoraggio delle condizioni cliniche e della saturazione dell'ossigeno andrà proseguito nel soggetto infettato per tutta la durata dell'isolamento domiciliare, in rapporto alle condizioni cliniche e all'organizzazione territoriale. Il paziente dovrà essere istruito sulla necessità di comunicare una variazione dei parametri rispetto al baseline e, in particolare, dovrà comunicare valori di saturazione di ossigeno inferiori al 92%. Qualora venga esclusa la necessità di ospedalizzazione, potrà essere attivata, con tutte le valutazioni prudenziali di fattibilità del caso, la fornitura di ossigenoterapia domiciliare». Quindi, il ministero indica come assistere i pazienti a domicilio: «Vigile attesa; misurazione periodica della saturazione dell'ossigeno tramite pulsossimetria; trattamenti sintomatici (ad esempio paracetamolo); appropriate idratazione e nutrizione; non modificare terapie croniche in atto per altre patologie terapie antiipertensive, ipolipemizzanti, anticoagulanti o antiaggreganti), in quanto si rischierebbe di provocare aggravamenti di condizioni preesistenti; non utilizzare routinariamente corticosteroidi; l'uso dei corticosteroidi è raccomandato nei soggetti con malattia Cocid-19 grave che necessitano di supplementazione di ossigeno. L'impiego di tali farmaci a domicilio può essere considerato solo in quei pazienti il cui quadro clinico non migliora entro le 72 ore; non utilizzare eparina; non utilizzare antibiotici. Il loro eventuale uso è da riservare solo in presenza di sintomatologia febbrile persistente per oltre 72 ore». Sconsigliato anche l'uso di idrossiclorochina, «la cui efficacia non è stata confermata in nessuno degli studi clinici controllati fino ad ora condotti».
V.Dam.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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