Covid, dopo l'emergenza 116 medici in meno in due anni

Covid, dopo l'emergenza 116 medici in meno in due anni
di Vincenzo DAMIANI
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Mercoledì 26 Ottobre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:17

Prima del Covid-19 in Puglia lavoravano 3.260 medici di Medicina generale, due anni dopo sono diventati 3.144, in 24 mesi c’è stata una contrazione di 116 professionisti. Di questo passo, entro tre anni ci saranno alcune fette della popolazione che non avrà più il suo medico di riferimento: i dati sono stati elaborati dallAgenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, per conto del ministero della Salute e sono impietosi. 

Gli Organici

La Puglia, va detto, in realtà è ancora sopra la media nazionale ma anche gli organici dei medici di Medicina generale si assottiglia inesorabilmente. I motivi? Diversi: il Covid ha convinto molti a mollare e cambiare settore, spesso passando nel privato; i tanti pensionati andati via non sono stati rimpiazzati, almeno non tutti; si “sfornano” meno medici di quelli che vanno via o, comunque, meno delle reali necessità.

Anche per quanto riguarda i pediatri di libera scelta il trend è negativo, seppure più contenuto: dal 2019 al 2021 i pediatri “persi” sono stati 21, si è passati da 559 a 538. Complessivamente, tra medici di famiglia e pediatri, parliamo di 137 professionisti in meno, se non è emorragia poco ci manca.

Il Report

«A seguito del blocco del turn-over nelle Regioni in piano di rientro – si legge nel report - e delle misure di contenimento delle assunzioni adottate anche in altre Regioni (con il vincolo alla spesa), negli ultimi anni il personale a tempo indeterminato del Ssn è fortemente diminuito. Al 31 dicembre 2018 era inferiore a quello del 2012 per circa 25.000 lavoratori (circa 41.400 rispetto al 2008). Tra il 2012 e il 2017, il personale (sanitario, tecnico, professionale e amministrativo) dipendente a tempo indeterminato in servizio presso le Asl, le Aziende Ospedaliere, quelle universitarie e gli Irccs pubblici è passato da 653 mila a 626 mila unità, pari ad una flessione di poco meno di 27 mila unità (4%). Nello stesso periodo il ricorso a personale con un profilo di impiego flessibile è cresciuto di 11.500 unità, riuscendo solo in parte a compensare questo calo. L’impatto di tali misure amministrative può essere dimensionato attraverso la stima del tasso di turnover».
E le previsioni non sono rosee e riguardano tutto il comparto sanità: soltanto nel 2019, in Puglia 126 medici hanno abbandonato gli ospedali pubblici dimettendosi volontariamente, preferendo proseguire la propria attività nelle strutture private o sul territorio. L’1,9% del totale dei camici bianchi presenti in corsia. La Puglia già paga oltre dieci anni di blocco del turnover che hanno, di fatto, impedito nuove assunzioni. Se a questo si sommano le dimissioni volontarie, il risultato è che gli ospedali pubblici rischiano di restare senza personale sufficiente. In tutta Italia, i medici che si sono dimessi nel 2019 sono stati 3.123, «colleghi – si legge in una relazione di Anaao-Assomed - che hanno visto un’alternativa migliore nel privato o nel lavoro sul territorio. Migliore dal punto di vista economico, forse, ma certamente di qualità di vita».
Secondo il sindacato, infatti, «il lavoro in ospedale non è più attrattivo». Anche in questo caso, le cause sono diverse: case di cura sempre più competitive, a iniziare dai contratti offerti ma non solo per quello, migliore attrezzatura, maggiori investimenti e più organizzazione. Nel complesso, dal 2009 al 2017 la Puglia ha perso il 3,5% del personale medico ospedaliero, in particolare dal 2010 – anno di massima occupazione con 6.926 specialisti – al 2017 il numero di professionisti si è ridotto di 275 unità, ma il peggio deve ancora arrivare. Infatti, secondo un rapporto sulla spesa del personale, entro il 2025 la Puglia perderà altri 1.686 medici. Uno dei dati più alti in Italia, la situazione sarà peggiore solamente in Lombardia, Piemonte, Toscana e Sicilia. Il quadro non cambia se si analizza il comparto dei dirigenti sanitari non medici: la Puglia ne ha persi già 67 dal 2004 al 2017. Tutto questo avviene in una regione che già paga dazio sulle piante organiche, il confronto con altre realtà è emblematico: se prendiamo in considerazione l’intero comparto sanitario (medici, più infermieri, operatori socio sanitari e amministrativi), ad esempio, la Toscana rispetto alla Puglia può contare su oltre 19.500 dipendenti in più; tra la Puglia e il Veneto la differenza è di 13.441 lavoratori. Se prendiamo, invece, in considerazione il Piemonte, la differenza è di oltre 15mila dipendenti; l’Emilia Romagna ha 16.662 operatori in più. 

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