Covid-19, un esercito di nuovi poveri: 4.000 famiglie bussano alla porta della Caritas

Covid-19, un esercito di nuovi poveri: 4.000 famiglie bussano alla porta della Caritas
di Francesca RANA
3 Minuti di Lettura
Venerdì 24 Aprile 2020, 08:47
Sono raddoppiati, in 70 Caritas parrocchiali, i nuclei famigliari assistiti, fino a 4000/4500, in difficoltà in base ad una indagine conoscitiva in corso sugli effetti di tutte le misure di contenimento su contagio e diffusione di covid-19, e circa 1000 utenti fino a poche settimane fa sconosciuti si sono rivolti ai Servizi Sociali comunali.

La fotografia di tutte le nuove povertà non è nitida, tuttavia ci consegna uno scenario di criticità aumentate. Alla porta, hanno bussato persone mai incontrate prima, nelle periferie tarantine e nei paesi in provincia, alla ricerca di aiuti, buoni spesa o viveri, grazie alla spesa sospesa nei supermercati: «La situazione è peggiorata - racconta il direttore di Caritas Diocesana, don Nino Borsci - alla mensa di San Pio X fanno panini, oltre a piatti cucinati, perché erano diventati tanti ospiti, sia senza fissa dimora - parecchi hanno rifiutato di risiedere al Centro di Accoglienza Notturna diocesano in città vecchia e dormono al centro temporaneo di Comune e Airone Junior all’ex mercato ortofrutticolo ai Tamburi ndc - sia insospettabili, con famiglia e casa, rimasti senza bombola. Facevano lavoretti a nero, in pesca, mitilicoltura, e non possono sostenersi. Una signora non può andare a fare le pulizie, perché non ha un regolare contratto. Hanno avuto compassione e non l’hanno multata, ora però è spaventata e non esce più. Ad una proprietaria ho proposto di pagare con i voucher. Noi dobbiamo continuare ad indicare strade legali. Ancora, abbiamo consegnato viveri a giostrai e circensi, spesso stranieri, a Lama, San Vito, Crispiano e Martina Franca». In aggiunta, gli stessi parroci hanno meno entrate di questua e offerte e la Protezione Civile o altri enti non avrebbero donato mascherine o guanti.

Nella prima fase, spiega l’assessore comunale ai Servizi Sociali, Gabriella Ficocelli, si consegnavano spesa e farmaci a domicilio, ora sono le famiglie a stare peggio: «Molti prendono il buono spesa, altri i pacchi alimentari. Mille persone non erano mai state nostri utenti. Si sono presentate agli sportelli o tramite una decina di associazioni. Hanno perso il lavoro e chiuso piccole attività. Nella spesa, si possono richiedere latte o prodotti particolari. Nel pacco, ci va un po’ di tutto, farina, zucchero, salsa, pelati. E continuano i contributi straordinari ed il supporto psicologico. L’assistenza andrà avanti. Vedremo quali saranno le nuove disposizioni».

Gli invisibili non possono essere censiti. Hanno il permesso di soggiorno scaduto o perso lavori irregolari. Hanno paura e bisogno di umanità. Nella rete di volontariato sociale, infine, la metodologia è simile, le associazioni collaborano con i Servizi Sociali ed assistono altre famiglie attraverso raccolta e consegna di viveri, in uno scambio di informazioni. È Caterina Contegiacomo, presidente di Ohana, a descrivere la giornata tipo: «O il Comune ci chiama e dà alimenti, pasta, salsa, e altro. O lanciamo noi appelli. Collaboriamo con E.R.A. provinciale, Aido ed Avis. Ogni giorno, andiamo ad Officina Jolly, su iniziativa di Massimiliano Greco. L’assessore Ficocelli ci comunica una lista - ieri 20 nomi - e noi abbiamo la nostra - ieri 60 famiglie - in tutto abbiamo fatto circa 80 pacchi. Se si vergognano di chiedere, li aiutiamo lo stesso».
© RIPRODUZIONE RISERVATA