Cantine, idee oltre la crisi: «Alcol sempre più prezioso, produciamolo dal vino»

Cantine, idee oltre la crisi: «Alcol sempre più prezioso, produciamolo dal vino»
di Leda CESARI
4 Minuti di Lettura
Lunedì 6 Aprile 2020, 09:31
Le cantine scoppiano di vino inutilizzato. E l'alcol denaturato, quello disinfettante, scarseggia, pur in un frangente esplosivo dal punto di vista sanitario. Quella allora di impiegare il primo per ottenere il secondo non è una proposta, bensì una soluzione quasi obbligatoria. Lo crede Massimo Tripaldi, presidente di Assoenologi di Puglia, Basilicata e Calabria, che dopo la riunione di sezione dei giorni scorsi sfruttando naturalmente la capacità di Zoom di mettere in video-relazione molte persone a distanza è alla prese con la piattaforma di proposte da consegnare all'assemblea di filiera del 15 aprile, quando poi tutto il plico di rivendicazioni sarà inviato al ministro Teresa Bellanova per salvare dal tracollo un comparto che garantisce 1,3 milioni di posti di lavoro in tutta Italia.

I danni alle cantine salentine non sono ancora quantificabili, ma un dato è inoppugnabile: a soffrire maggiormente sono i piccoli produttori, quelli che lavorano con alberghi e ristoranti e con il mercato europeo. Ovvero coloro che più investono sulla qualità dei loro vini. Meglio va a chi esporta nei Paesi meno colpiti dalla pandemia tipo Finlandia, Svezia, Giappone e, paradossalmente, in Cina che, dopo il lockdown, sta gradualmente riaprendosi alla vita. Resistono anche le cantine che puntano sul vino sfuso di cui si possono fare scorte con damigianette di vario taglio. «Noi siamo aperti soltanto per la vendita al dettaglio con mascherine e tutto il resto - conferma da Cutrofiano Cosimo Palamà dall'omonima casa vinicola - e, per il resto, con gli ordini siamo fermi: le ultime spedizioni le abbiamo fatte i primi di marzo. Ho dovuto presentare domanda di cassa integrazione per i miei dipendenti, perché stare qui è troppo rischioso e perché siamo al 30 per cento con il vino sfuso i nostri clienti dagli altri comuni non possono venire fin qui per comprarlo e a zero con l'ingrosso. Fare alcol dal vino di qualità inferiore? Non sarebbe male, la vendemmia è alle porte».

Tutto come una volta anzi, con mezzo milione di euro in più di fatturato rispetto a marzo 2019, «ma noi facciamo poco HoReCa in casa Due Palme, a Cellino San Marco, dove il patron Angelo Maci ammette che «la situazione generale è davvero critica e sarà molto più dura per tutti». Riunioni sono intercorse giorni addietro tra il Consorzio di tutela dei vini Doc Brindisi e Squinzano, presieduto da Maci, e il Consorzio del Salice Salentino, guidato da Damiano Reale. «Le nostre aziende più piccole stanno soffrendo molto per la chiusura di alberghi e ristoranti e dei mercati internazionali maturi come America e Germania - conferma Reale - e vivacchia chi lavora con la grande distribuzione, ma chiaramente i produttori di vino di qualità sono meno coinvolti. Chiederemo al governo di autorizzare la distillazione dei vini non di qualità in alcol, ma è la soluzione più facile da proporre. Siamo molto più preoccupati per la stagione estiva: non ci saranno molti turisti a comprare i nostri vini e questa sì è prospettiva che non ci fa dormire la notte».

Cronaca di una crisi anche a Copertino, dove il presidente della cantina che si fregia del nome latino della cittadina, però, rileva l'impennata dei consumi di vino sfuso. «Gli ordini che noi avevamo con la ristorazione sono progressivamente saltati. In un caso addirittura, con un carico inviato a un distributore di Brescia, ci hanno rimandato indietro i pallet con le bottiglie».

Esportazioni interne ed estere, quindi, totalmente azzerate, «perché l'Europa è ferma e New York pure: si continua a lavorare giusto un po' con la Svezia, anche se adesso anche lì stanno valutando la possibilità di decidere misure antivirus più restrittive - spiega da Cupertinum, Francesco Trono - abbiamo però mantenuto la cantina aperta per il vino sfuso nei contenitori da 5, 2, 1 e mezzo litro, e i nostri clienti lo apprezzano molto. Insomma, solo un 20% di calo, al momento, e siamo fortunati. Ma spero che da tutta questa situazione l'Italia capisca che si può e si deve ripartire dall'agricoltura e dall'ambiente, che nel futuro saranno la salvezza».

In linea Tanio Marangelli da Bagnolo del Salento, dove da qualche tempo si sono spostati gli uffici di Cantine Menhir: «Dobbiamo cambiare registro: non ha senso, adesso, interrogarsi sulle perdite, quanto capire che dovremo rimodulare la tipologia delle nostre aziende, perché il mercato non sarà più quello di prima. Dobbiamo cominciare a pensare nella logica di una filiera agricola integrata, non solo come viticoltori, per creare un modello di sviluppo compatibile con l'economia che verrà, e basato su una filiera corta, anzi cortissima, e gesti produttivi semplici».
© RIPRODUZIONE RISERVATA