Due banchi di prova per capire quanto i malumori nel Partito democratico possano incidere sulla tenuta della maggioranza in Consiglio regionale oggi dovrebbero essere discussi, salvo rinvii o ripensamenti, due proposte di legge sulle quali il centrosinistra non appare compatto.
Il nodo Arpal
Il primo provvedimento riguarda una questione ormai annosa, la riforma dell'Agenzia per le politiche attive del lavoro (Arpal) che, di fatto, nasconde la volontà di una parte del Partito democratico di rimuovere Massimo Cassano dal ruolo di direttore generale. La pdl, presentata da alcuni esponenti Dem, da Fabiano Amati a Michele Mazzarano, sino ad oggi ha vissuto di rinvii e polemiche, oggi teoricamente dovrebbe essere il giorno della verità. L'ultima seduta del Consiglio dello scorso 4 ottobre si è conclusa con l'approvazione del rinvio della pdl, chiesto dal presidente del gruppo Con Emiliano, Giuseppe Tupputi, il secondo slittamento dopo quello avvenuto a fine luglio. Non è un mistero che la volontà della minoranza interna al Pd di mettere Cassano alla porta non sia condivisa dai civici legati al governatore Michele Emiliano, ma bisognerà capire come gli altri consiglieri reagiranno alla decisione del direttore generale dell'Agenzia di essersi candidato alle scorse elezioni con Azione di Calenda. L'impressione è che la proposta di legge possa subire diversi interventi correttivi attraverso gli emendamenti e, di fatto, evitare che Cassano esca definitivamente dai giochi. La partita è delicata, tra Emiliano e Cassano non c'è mai stata una vera frattura, quindi molto dipenderà dalla linea che detterà il governatore. Le posizioni sono diverse nella stessa maggioranza, c'è ad esempio chi ipotizza la modifica della governance in tutte le Agenzie regionali, che verrebbero quindi gestite da un Consiglio di amministrazione e chi invece vuole concentrarsi solo sull'Arpal. E poi c'è l'opposizione che chiede invece l'eliminazione di Arpal, con il trasferimento dei compiti fino ad oggi svolti dall'Agenzia in capo all'assessorato al Lavoro. La norma stabilisce che con la decadenza immediata del direttore generale la gestione ponte fino all'individuazione del nuovo direttore passi nelle mani del direttore di dipartimento Silvia Pellegrini. Il Cda sarà a tre, nominato dalla Giunta. Il direttore generale percepirà una somma di 85mila euro l'anno (30mila al presidente del Cda e 15mila a testa per gli altri due membri). Insomma, si prospetta una battaglia all'ultimo emendamento e voto. Di fatto, l'approvazione della riforma come da testo originario comporterebbe la decadenza dall'incarico dell'attuale direttore generale ma tutto fa presagire che in Aula ci saranno colpi di scena.
Il caro bollette
E poi c'è la questione caro bollette: ieri le proposte di legge sono state portate in commissione per le audizioni, oggi la parola passa all'Assise.