Viaggio nei circoli Pd/«Giovani, donne e territorio: cari dirigenti, fate come noi a Melpignano»

In uno dei “fortini rossi” della Grecìa salentina, culla del fenomeno Notte della Taranta, tra legame col passato, ricambio generazionale e presidio di partito e amministrazione: la distanza con i vertici, ma anche la spinta a “fare da sé” (e da esempio per gli altri)

Viaggio nei circoli Pd/«Giovani, donne e territorio: cari dirigenti, fate come noi a Melpignano»
di Francesco G. GIOFFFREDI
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Domenica 12 Febbraio 2023, 07:40 - Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 16:11

L'isola della sinistra che non c’è più, che ha l’identità ingrigita, imbolsita e smarrita, da qualche parte ancora c’è. Lotta e governa, come si diceva una vita fa. E coltiva la speranza, l’orgoglio e quel lessico d’altri tempi che dava un nome alle cose e un senso a fenomeni sociali e processi collettivi: la sezione e i compagni, i problemi e l’ascolto. “Qualcuno era comunista”, e qualcuno – in questo fazzoletto di Salento – forse un po’ lo è ancora, o perlomeno ricorda d’esserlo stato. È quasi una sensazione di sospensione temporale, tra simboli che non ci sono più, ma non è solo malinconia. E aiuta a stemperare la delusione dei militanti per un partito, il Pd, che s’è perso in se stesso.
Succede in un angolo rosso di Puglia, Grecìa salentina, poco più di 2mila anime, fortino e culla di una delle prime amministrazioni comunali monocolore Pci al Sud (erano gli anni ‘80), profonda provincia che però si ribella al paradigma della periferia degradata, dimenticata e col cappello in mano: il viaggio nei circoli Pd pugliesi fa tappa a Melpignano, storia agricola e dimensione internazionale ispirata dalla Notte della Taranta. Qui la politica è passione antica, ma il passato non è nostalgia: vuol essere memoria pop, lezione che si auto-rigenera e che mescola – proprio come fa la Taranta – radice folk e anima rock in un passaggio di testimone tra generazioni. Nel segno di una tradizione politica che mai, o quasi mai, arretra: alle Politiche il centrosinistra ha incassato il 44%, il circolo locale del Pd ha circa 100 tesserati. Sono tanti, su una popolazione di 2.126 abitanti (minori compresi). L’amministrazione comunale, inutile pure puntualizzarlo, è di centrosinistra, e non è l’unica peculiarità.

L'esempio del piccolo centro e la "lezione" ai dirigenti


Ecco, a Melpignano il nocciolo di questo viaggio è grosso modo questo: fermo restando il carico di sconforto, rabbia, confusione, «se il Pd e la sinistra vogliono ripartire, prendano esempio da noi». In due parole, la ricetta è questa e vai a capire se si può esportare o no, se il molto piccolo può fare da apripista al tanto grande e se il passato è ormai terra straniera: il «metodo Berlinguer», come dice Alfredo Meledi, iscritto al partito dal ‘75; il coinvolgimento massiccio e organico di giovani e donne, come ripetono tutti; il radicamento tenace, testardo sul territorio, al partito e al Comune; e la sezione – a Melpignano si chiama così, mi raccomando – sempre aperta a presidio di una fede. «Mi trova un altro circolo attivo come il nostro?», chiede con aria sfidante Gian Paolo Turco, un energico militante iscritto dal ‘79 che ha «portato l’Unità casa per casa». «Ma lo sforzo deve partire sempre dal basso», ammette Valentina Avantaggiato: è la sindaca 38enne e segretaria-reggente del circolo, guida un’amministrazione comunale che ha sposato la linea verde, cinque consiglieri e assessori su otto della maggioranza sono under 40, con storie anche di ritorni e scommesse, dopo studi ed esperienze lì su al Nord.

Linfa nuova per la militanza politica, e non sono gli unici giovani del partito, che all’ingresso ha tre effigi: il vecchio simbolo del Pci (“sezione Berlinguer”), quello dei Ds (con intitolazione ad Antonio Vantaggiato, papà di Valentina prematuramente scomparso e sindaco illuminato col Pci in quegli anni ‘80) e infine il logo Pd.

La voce dei giovani

La sindaca al circolo non c’è, bloccata a casa dalla febbre, ma al telefono argomenta: «I problemi del partito a livello generale non sono certo cominciati oggi. C’è una frattura mai curata, i vertici hanno una responsabilità precisa nel non saper leggere i tempi e le necessità della base, da sempre la forza del partito». «Il Pd ha un patrimonio umano radicato, per questo vale la pena provarci con un cambio di rotta e di linea alla segreteria». A Melpignano è un blocco monolitico per Elly Schlein. In sezione, tra effigi vintage con falce e martello, il “Quarto stato” di Pellizza da Volpedo e un ricco set di foto del passato, campeggiano pure gli adesivi per la candidata segretaria. «E speriamo in un cambio di modalità organizzative del partito, con una reale partecipazione». Che - riflette la sindaca - «è una cosa semplice, ma impegnativa. Noi più giovani ci siamo riusciti, anche prendendo atto della disponibilità di chi c’era prima di noi. Questo è un luogo aperto innanzitutto ad attività culturali, non solo per tessere e congressi, è uno spazio di condivisione per sentirsi parte di una comunità. Noi ragazzi abbiamo cominciato presentando libri o proponendo spettacoli e concerti in sezione, riappropriandoci degli spazi. Il progetto politico è nato così». Ogni estate il partito autofinanzia le attività annuali con una cena conviviale all’aperto, lo scorso agosto erano in 350: si chiama Capucanale, a evocare i gioiosi pranzi di fine cantiere o lavori in campagna.

 

E quella degli anziani

Al circolo si gioca a carte ed è un tuffo in un’altra dimensione. «Qui - continua Meledi, quello del “metodo Berlinguer” - nessuno comanda, ma si decide qualcosa tutti insieme, ragionando, e si resta compatti. Il punto è che a livello nazionale e regionale fanno i fatti loro, dimenticando le sezioni e gli eletti dalla base». Il nervo scoperto qui ha un nome e cognome: Sergio Blasi, non rieletto in Regione per un soffio e messo politicamente ai margini da Michele Emiliano, accusano. «Lo hanno eliminato, altri invece trovano sempre il modo di essere riciclati...». E gira pure un sapido aneddoto, questo: in una delle ultime sortite a Melpignano legate alla Taranta, a Emiliano è stato impedito di mettere piede nel circolo, «perché ha mancato di rispetto alla sezione e a Sergio nostro». Ruvidi, spigolosi e tetragoni, quando serve.
«Da tempo comandano le correnti», e il Pd è diventato «un partito che non sa pensare alla gente e ai suoi bisogni, ai lavoratori e ai pensionati». E come si cambia marcia? «Giovani e donne, come abbiamo fatto qui», si leva il coro. In questo gelido tardo pomeriggio i “ragazzi del partito” non sono qui: chi ha la febbre, chi deve ancora rientrare dal lavoro. Ma sono loro l’architrave, spiegano i più anziani. Magari si poteva sposare un metodo più aperto anche per la segreteria provinciale che sta nascendo, «invece applicano già il manuale Cencelli» accusa Antonio Accogli. 
Cristina Schirinzi è consigliera comunale, e riporta tutto sulla dimensione generale: «Combattiamo col disamore per la politica nazionale. E con le scelte sbagliate su temi, alleanze, modi di fare. Il Pci lottava nei luoghi di lavoro e per i lavoratori, che ora si sentono delusi e magari per le elezioni politiche scelgono la destra o i cinque stelle». I pentastellati sono terreno sdrucciolevole: «Se non si condividono le idee di partenza, si finisce per separarsi», chiosa Schirinzi; «ma senza alleanze è difficile vincere», fa da controcanto Salvatore Zaminga. Lo scollamento tra dimensione nazionale e locale è evidente, sintetizzato dall’amarezza di Antonio Donno: «Sono stati fatti solo danni da 40 anni. Io voto per le comunali, non a livello regionale o nazionale».
Il problema dell’agenda dei temi fuori fuoco è sentito. «Sulla sanità - scuote la testa Luigi Garrapa - è stata gettata la spugna. Ormai si rischia la vita e bisogna aspettare anche un anno per un esame specialistico». Gino Abate ha 84 anni: «Non si scende nemmeno più in piazza se la sanità fa schifo». E poi ancora il lavoro, la scuola, «i problemi seri, invece di evocare il pericolo fascista, e basterebbe ascoltare le persone». Turco è un fiume in piena: «Abbiamo solo burocrati di partito che non contemplano la base e pensano solo ai loro “caminetti”, buoni a fare comizi con mille promesse per poi arrivare a Roma o a Bari e dimenticare tutto. D’Alema...lo prelevavamo da Gallipoli per i comizi, ci siamo buttati nel fuoco per lui, e poi...». E poi, tutto finisce non si sa dove e perché nel Pd. Abate però riconosce: «La colpa non è solo di “chi ha la cravatta”, ma anche nostra: se vogliamo qualcosa, dovremmo prendercela».


E chi prova a prendersela, in effetti, a Melpignano c’è. Ed è quel gruppo di ragazzi. Jacopo Portaluri, per esempio, ha 26 anni e s’è avvicinato al Pd in occasione delle amministrative: «Ho sentito da subito la considerazione e la stima verso i più giovani. Lo scarso appeal del partito dipende proprio dalla distanza tra vertici e base, oltre che dalla scelta dei temi. Ma lo spazio per cambiare direzione c’è: noi qui siamo un’isola felice, ma si può fare altrettanto ovunque, è una questione di volontà e di persone giuste in grado di coinvolgere tutti. Ci vuole tempo, ma c’è ancora luce». Per illuminare un’isola che s’è rabbuiata, ma che da qualche parte forse ancora c’è.

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