Conflitto fra Stato e Regioni: Puglia terza per numero di ricorsi alla Corte costituzionale

Gli effetti della riforma del Titolo V e gli scenari con l'autonomia differenziata

Il Palazzo della Consulta
Il Palazzo della Consulta
di Paola ANCORA
4 Minuti di Lettura
Martedì 14 Febbraio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 06:39

Autonomi e litigiosi. Potrebbe essere il titolo di un film ben riuscito, ma è invece la sintesi degli ultimi 22 anni di rapporti fra Stato e Regioni, dopo la modifica del Titolo V della Costituzione che ha trasferito maggiori poteri alle Regioni dividendo le materie sulle quali legifera in via esclusiva lo Stato da quelle - dette di legislazione concorrente - nelle quali ad avere potestà sono, insieme, sia lo Stato che le Regioni. Restare nei limiti è esercizio faticoso, se dal 2001 a oggi alla Corte costituzionale sono stati presentati e discussi ben 2.256 ricorsi relativi ad altrettanti conflitti fra Stato e Regioni. La Puglia, nella classifica delle Regioni italiane, si piazza al terzo posto con 152 ricorsi. Di questi, 108 sono stati presentati dai Governi che via via si sono succeduti, i restanti 44 dalla Regione contro lo Stato. 

La riflessione sull'autonomia

Dopo il via libera del Consiglio dei Ministri al ddl Calderoli che traccia la rotta per un nuovo, più forte regionalismo, tiene banco il dibattito sull’autonomia differenziata, fortemente avversata dal Sud e dalla Puglia, che sabato prossimo scenderà in piazza con la Cgil e oltre 30 associazioni diverse. E fra coloro i quali - costituzionalisti ed economisti in primis - si sono detti contrari al ddl c’è chi, a più riprese, ha chiesto a gran voce un bilancio degli effetti che la riforma del Titolo V ha provocato sull’architettura dello Stato e sulla relazione fra tutte le sue componenti. Da quanto emerge analizzando i dati della Consulta e della banca dati della Regione Emilia Romagna sul contenzioso relativo al Titolo V, si tratta di una relazione burrascosa, segnata dalle liti, dagli sconfinamenti di competenze e poteri al punto da tenere parecchio impegnato il giudice delle leggi. 

Tutti i dati

Due volte su tre - ovvero per il 64% dei 2.256 ricorsi totali - è stato il Governo a impugnare leggi delle Regioni contestandone la legittimità costituzionale, com’è avvenuto di recente in Puglia con il Piano Casa, con la legge sul sequenziamento dell’esoma utile a diagnosticare con largo anticipo molte malattie genetiche rare o, ancora, con la norma regionale che allarga la platea degli aventi diritto agli screening gratuiti per il tumore al colon. Il Governo ha impugnato, qualche volta l’ha avuta vinta - come per uno dei ricorsi depositati contro la proroga del Piano casa - qualche altra no. È il caso delle due norme in tema sanitario che lo Stato riteneva avrebbero avuto effetti nefasti sugli equilibri di bilancio regionali e ciò nonostante un miglioramento complessivo nell’offerta dei servizi che lo stesso ministero della Salute ha di recente certificato.
Il 36% dei ricorsi, invece, è stato depositato dalle Regioni per contestare la costituzionalità di una legge dello Stato.

Da qualsiasi prospettiva la si guardi, si tratta di una enorme mole di contenzioso: il 45% delle sentenze emesse dalla Corte costituzionale dal 2011 a oggi riguarda proprio il conflitto sempre aperto fra Stato e Regioni, soprattutto in materie delicate e concorrenti come la finanza pubblica, la sanità e l’ambiente inteso anche come pianificazione urbanistica ed edilizia del territorio. Nella quasi totalità dei ricorsi la contesa è relativa alla convinzione che lo Stato o la Regione abbia “sconfinato”, superando i limiti entro i quali può legiferare nelle materie concorrenti stabilite dalla riforma del Titolo V. Nel 2022 i ricorsi sono stati 86, più dei 74 presentati nel 2021 ma in calo rispetto ai 112 del 2020. Con il risultato che leggi e leggine si moltiplicano, vengono bocciate in tutto o in parte, corrette, riviste, con buona pace di chi quelle norme deve applicarle e seguirle, magari per investire capitali privati o risorse pubbliche. 

Lo scontro al Tar e al Consiglio di Stato

Le liti fra Stato e Regioni, peraltro, non si consumano soltanto davanti alla Consulta, ma anche al Tar e al Consiglio di Stato ovvero sullo sconfinato terreno della giustizia amministrativa. Durante la pandemia, per esempio, le Regioni hanno impugnato a più riprese i Dpcm del Governo e la presidenza del Consiglio le ordinanze regionali, fino ad arrivare a scegliere un generale dell’esercito come “regista” unico delle operazioni di contenimento del contagio impedendo così che, nel pieno di un evento planetario che ha causato milioni di morti, ogni Regione facesse scelte diverse, magari antitetiche. Un rischio che, secondo il fronte contrario all’autonomia differenziata, con il ddl Calderoli rischia di amplificarsi. Si vedrà.

© RIPRODUZIONE RISERVATA