Concessioni balneari, intervista a Prete (lido York): «Non siamo una lobby. Con le gare rischio di infiltrazioni mafiose»

Concessioni balneari, intervista a Prete (lido York): «Non siamo una lobby. Con le gare rischio di infiltrazioni mafiose»
di Alessio PIGNATELLI
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Domenica 26 Febbraio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 10:49

«Da una parte c’è l’amarezza per una questione che rimane irrisolta e lascia tutti noi nella più totale incertezza. Ci sono imprenditori che non sanno come sarà il proprio futuro: non possiamo programmare investimenti». Alfredo Prete è il titolare dello stabilimento balneare di Lido York di San Cataldo a Lecce. Difende la categoria dei balneari e nelle sue parole c’è tutta l’insoddisfazione di un settore che non ci sta a farsi definire casta.
Prete, quali sono i suoi dubbi dopo la decisione del governo?
«Le faccio un esempio molto pratico. Io ho una struttura in muratura che ha bisogno di una manutenzione: la dobbiamo fare perché altrimenti andiamo a decadenza della concessione. E se dovessi affrontare la ristrutturazione completa delle cabine e del bar sarei di fronte a un bivio: come faccio se non so se l’anno prossimo sarò ancora il titolare di quella struttura?».
Come bisogna intervenire allora?
«C’è bisogno di parlare all’Europa, cosa che si doveva fare vent’anni fa. C’è stata una politica sindacale sbagliata. Bisogna concordare un percorso: possiamo scrivere altre duemila leggi che andranno poi incontro a obiezioni».
Cosa risponde a chi sostiene che rappresentate una casta intoccabile?
«Il mio lido esiste da 90 anni in virtù di regolari concessioni demaniali marittime. A costoro voglio ricordare che se esiste San Cataldo come luogo balneare è anche grazie allo spirito imprenditoriale di mio nonno e di mio padre, andatevi a leggere un po’ di storia. Se fossimo una lobby così forte come ci descrivono forse non ci troveremmo in queste condizioni, avremmo già risolto i nostri problemi, vedi i tassisti, diciamo che tutti i governi che si sono succeduti non hanno mai voluto affrontare in modo serio e responsabile il problema e noi stupidamente ci siamo cullati in questo limbo».
Le gare rappresentano l’unica soluzione?
«La direttiva Bolkestein dà solo una possibilità: per non essere applicata, la risorsa non deve essere scarsa e non ci deve essere un interesse transfrontaliere certo. In questi mesi il governo dovrebbe mappare e verificare queste condizioni. Se vengono a cadere queste due ipotesi, la direttiva non dovrebbe essere applicata e non si dovrebbe andare a evidenza pubblica. In Italia però si lavora sempre in emergenza»
E se si dovesse andare a gara?
«Nel momento in cui si svolgono le gare bisogna tutelare chi ha investito. Questo è un passaggio fondamentale. Nel periodo fascista si potevano cancellare le partite Iva da un giorno all’altro: oggi quel periodo è superato, fortunatamente. Non si può pensare che un’azienda si possa cancellare da un giorno all’altro anche perché si tratta di aziende famigliari. Il rischio, anzi la certezza che si corre nelle evidenze pubbliche se non adeguatamente normate, è l’aggiudicazione della maggior parte delle aziende non tanto da parte di qualche multinazionale ma soprattutto della malavita organizzata che già da tempo è entrata nell’economia turistica attraverso prestanome. E che oggi potrebbe veder concretizzata la possibilità di acquisire il monopolio delle imprese balneari».

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