In Puglia il nodo del gasdotto Tap nella gestione dell’emergenza energetica continua a far sperare ma anche a far discutere. Da una parte c’è infatti la proposta di legge che vorrebbe attingere al pozzetto della compensazione per contenere le spese della bolletta, dall’altra c’è invece l’appello alla concertazione - caldeggiata dalla proposta di Legge della Lega e da una recente mozione a firma Paolo Pagliaro - che punta a rimettere in piedi l’ipotesi di investimento pari a 50 milioni di euro messi sul tavolo da Tap e Snam durante il governo di Matteo Renzi.
Nelle scorse ore una prima apertura è arrivata dalla Regione, per bocca dell’assessore allo Sviluppo Economico Alessandro Delli Noci, che si è detto «disposto a sedere a un tavolo se sarà chiamato da Tap».
Le due strade per ottenere i fondi
Invece la proposta di legge (primo firmatario il dem Fabiano Amati) viaggia su un binario parallelo.
La critica di Bellanova: persi 5 anni
Ma mentre si tenta di capire il da farsi, anche a fronte del silenzi di Tap sull’argomento, in tanti rimproverano i ritardi accumulati. Tra le voci più critiche quella della viceministra delle Infrastrutture e Mobilità sostenibili Teresa Bellanova, che di quella pagina fu protagonista: «Non si può ignorare che il tavolo interistituzionale con Tap e Snam sulle compensazioni per il Salento a Palazzo Chigi io come Viceministra allo Sviluppo economico nei Governi Renzi e Gentiloni e l’allora ministro per il Mezzogiorno Claudio De Vincenti lo avevamo aperto e l’accordo era stato raggiunto - scrive Bellanova, che oggi è candidata per il Terzo Polo al Senato -. C’è anche una data: 8 novembre 2017. Si è perduto tempo preziosissimo, e questo solo per un populismo politico e istituzionale devastante. Adesso che la strategicità di quell’opera è sotto gli occhi di tutti - prosegue la viceministra -, chi di dovere riapra il confronto con Tap e con Snam e faccia valere le ragioni del territorio, come avevamo fatto noi all’epoca». Bellanova fa riferimento ai 55 milioni di euro che sarebbero dovuti servire a realizzare un centro di eccellenza mondiale sulla decarbonizzazione con il supporto della Commissione europea e di aziende leader globali nella green economy, più una serie di interventi ambientali. Bellanova punta il dito contro l’allora ministro Di Maio e parla anche della «complicità politica e istituzionale del presidente Emiliano e di parte del Pd. «La cifra concordata dopo pochi mesi fu derubricata dallo stesso Conte a 30 milioni per un fantomatico pacchetto mai illustrato».
Le posizioni di Confindustria e Legambiente
Dopo l’ex presidente della Provincia di Brindisi Massimo Ferrarese, che parla di pessimo accordo in folle ritardo, sulla vicenda oggi interviene Confindustria Puglia: «Grazie alla disgrazia della pandemia ci siamo resi contro che abbiamo necessità di energia - premette il presidente degli industriali pugliesi Sergio Fontana -. Un problema che non abbiamo mai affrontato. Nonostante siamo la seconda manifattura in Europa - prosegue -, l’Italia non ha una politica energetica seria. Io credo che la perequazione debba esserci sempre, come accade in Basilicata ad esempio. Le aziende traggono dei vantaggi e creano dei disagi innegabili. Questa non è più la fase dell’obbligo. Per questo è necessario che la concertazione sia efficace e velocissima. Esiste una sostenibilità che è anche temporale, da applicare anche ai nuovi impianti. E in questo è fondamentale il ruolo della Regione».
E di accordo parla anche Legambiente: Ruggero Ronzulli parla di una proposta che va a tamponare una situazione di emergenza. «Sarebbe più opportuno che più che a questi ristori - come abbiamo sempre richiesto come Legambiente Puglia - si pensasse alla creazione di un fondo regionale per finanziare tante comunità energetiche lungo la Puglia e il Salento. Questa sarebbe una soluzione più strutturale - prosegue Ronzulli-, in un’ottica che davvero faccia fronte al problema dell’energia».
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