Claudio Stefanazzi, intervista sui fondi Fsc: «Molta presunzione, gestione di tipo ideologico»

Claudio Stefanazzi, intervista sui fondi Fsc: «Molta presunzione, gestione di tipo ideologico»
Claudio Stefanazzi, intervista sui fondi Fsc: ​«Molta presunzione, gestione di tipo ideologico»
di Alessio PIGNATELLI
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Lunedì 24 Aprile 2023, 09:30 - Ultimo aggiornamento: 13:53

«Lei l'ha vista la lettera di Fedriga, vero? Ecco, si capisce che il problema è generale. L'intenzione del ministro Fitto di demolire, attraverso il decreto Pnrr, un piano così importante per lo sviluppo del Paese è inaccettabile». È la premessa di Claudio Stefanazzi, deputato del Pd e per anni capo di gabinetto del presidente presso la Regione Puglia. Si riferisce alla lettera sul tema dei fondi Fsc (Fondo Sviluppo e Coesione) a firma del presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia - «leghista, dello stesso colore del governo» - indirizzata al ministro Fitto. Una lettera per certificare il dissidio bipartisan: i presidenti delle Regioni sono preoccupati sulla gestione dei fondi europei. Ovviamente, in prima linea c'è Michele Emiliano ma la sponda Fedriga è utile per allargare il concetto.
Stefanazzi, proviamo a spiegare ai comuni mortali cosa sta succedendo. Al di là dei tecnicismi, perché c'è questa lite sui fondi Fsc?
«Le risorse del Fondo di sviluppo e coesione seguono un ciclo di programmazione corrispondente a quelli comunitari, in questo caso 2021-2027. Lo scopo è di finanziare alcune attività come per esempio la cultura. I fondi Fsc sono fondamentali e irrinunciabili nel completamento della programmazione. Senza di essi, una Regione ha una potenza di fuoco estremamente ridotta».
Semplificando la polemica: la paura è che questi fondi Fsc vengano utilizzati per finanziare altri progetti rientranti originariamente nel Pnrr a causa di ritardi?
«Sì, può essere una giusta interpretazione. Il dubbio è proprio che si faccia incetta di soldi, si mettano da parte e si attinga a quei fondi per realizzare progetti del Pnrr in netto ritardo. Il problema è serio. Le faccio un esempio: la linea dell'alta capacità ferroviaria Bari-Napoli rientrava su vecchi fondi di finanziamento. Siccome poi si era ipotizzato di realizzarla entro il 2026, è stata spostata sul Pnrr. Adesso viene rispostata ed è probabile che vengano utilizzati fondi Fsc. Non ha senso che si utilizzino risorse su opere vecchie non potendole poi sfruttare per esigenze attuali».
L'avvocato del diavolo potrebbe dire: ma non è comunque meglio concludere un'opera a prescindere dalla natura dei fondi?
«No, è sbagliato. Anzi, il ministro Fitto dovrebbe dire: mi impegno al massimo affinché la Bari-Napoli si chiuda entro il 2026 coi fondi del Pnrr. Liberando in questo modo risorse per nuovi progetti. Altrimenti vuol dire rinunciare alle risorse del Pnrr a causa di incapacità».
C'è poi una questione concettuale: l'accentramento della gestione delle risorse voluto dal governo.
«Ci sono due criticità, molto chiare. Il ministro Fitto ha sovrastimato la sua capacità di gestire questa complessità. Non era mai successo nella storia della Repubblica che le programmazioni fossero tolte al ministero della Finanza e che la presidenza del Consiglio centralizzasse tutto. Io mi sono occupato di fondi per otto anni, mai avrei accettato una concentrazione di questo tipo: è la cosa che mi preoccupa di più anche a livello ideologico. E c'è un altro problema».
Cioè?
«Fa tornare alla memoria l'impianto neo-corporativo di stampo ventennale. L'idea che ci sia un unico soggetto che componga la dinamica socioeconomica e a cui ci si può rivolgere - parlo di tutte le parti sociali - è preoccupante. Parlo di un'ideologia e Fitto è mero esecutore. Sono convinto che la premier Meloni e il sottosegretario Fazzolari siano i veri ideologi. Non voglio credere che un uomo della tradizione democristiana come Fitto sia il fautore. Queste persone si rifanno a un unico modello culturale che è quello del Ventennio».
A proposito di dissidi: contro l'autonomia differenziata scendete in piazza a Brindisi.
«Guardi, ho l'impressione che la riforma sia stato un modo per avere mano libera proprio sulla programmazione dei fondi.

Ma rischia di essere un corto circuito: in assenza di capacità programmatoria per le Regioni, la riforma che senso ha? Fedriga è un leghista convinto e se scrive quelle cose è perché serpeggia l'idea di essere stati fregati».

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