«Nostro padre non è mai stato un mafioso». Banalizzata, la questione è questa. In concreto si tratta di una nuova richiesta di revisione (postuma) avanzata dai figli di Francesco Cavallari, detto Cicci e accolta dalla Corte d’Appello di Lecce che lo ha assolto dall’accusa di aver fatto parte di una associazione mafiosa e ha rideterminato la pena. Il “Re Mida” barese delle cliniche private, l’imprenditore al vertice di un vero e proprio impero economico nella Sanità, decise nel 1995 di patteggiare 22 mesi: i giudici hanno ridotto il conto fermandosi a un anno e quattro mesi. Dalle contestazioni iniziali scaturì una maxi confisca dei beni di famiglia per 350 miliardi delle vecchie lire che, essendo agganciata a un reato ritenuto “inesistente”, potrebbe ora essere rimessa in discussione. A battere il pugno sono stati Daniela e Alceste Cavallari. Il fine era quello di riabilitare la memoria del padre, tanto per cominciare. E poi, ottenere una decisione che certificasse che la vicenda giudiziaria che travolse le “Case di cura riunite” non era fondata su elementi di verità.
La Vicenda
La richiesta bis di revisione del patteggiamento è stata discussa ieri mattina. E, colpo di scena, è stata la Procura generale di Lecce, per voce del pg Imerio Tramis, a condividere parzialmente le tesi esposte prima in una memoria e poi in aula da Vittorio Manes, ordinario di Diritto penale all’università di Bologna e dall’avvocato Gaetano Sassanelli, per Daniela Cavallari. E dagli avvocati Valeria Volpicella e Mario Malcangi, per Alceste Cavallari. L’ipotesi mafiosa, anche secondo il pg, doveva essere esclusa. Tutto nasce dall’assoluzione piena, ormai passata in giudicato, degli ultimi due imputati che erano considerati partecipi dell’associazione di cui era stato ritenuto parte anche il “re” delle cliniche: Savino Parisi e Paolo Biallo. Non un proscioglimento per prescrizione, quello deciso dagli Ermellini. Ma molto di più. Da qui la conseguenza: non potendo esistere un’associazione per delinquere con meno di tre componenti e giudicati “innocenti” tutti gli altri imputati, l’accusa – a parere dei legali e del pg– non poteva che sbriciolarsi in un enorme nulla di fatto anche per Cavallari.
Le assoluzioni
La storia del processo, per gli altri imputati, è stata lunga e travagliata. Ma caratterizzata da una sfilza di assoluzioni. Dopo le prime, fu proposta la prima richiesta di revisione che fu rigettata sempre dalla Corte d’Appello di Lecce (che ha competenza su Bari). L’ultimo atto la Cassazione lo ha scritto nel maggio del 2021, quindi all’incirca 35 anni dopo i fatti. La difesa dei due figli ha ottenuto così l’eliminazione dell’ultimo “frammento di pena illegale” esistente, come ha più volte ribadito Manes, in aula. Così è stato.