E ora la Cassazione dovrà decidere sul caso Dell'Anna

E ora la Cassazione dovrà decidere sul caso Dell'Anna
di Roberta GRASSI
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Giovedì 24 Ottobre 2019, 09:23
Non è sufficiente la mancata collaborazione con la giustizia per decretare il fine pena mai, per negare a una persona condannata all'ergastolo permessi e benefici. Ci sono altre valutazioni da fare, come ad esempio l'attualità dei rapporti con l'associazione mafiosa, per poter dare un peso reale al concetto di pericolosità sociale. È quanto ha stabilito ieri la Corte Costituzionale chiamata a intervenire nel dibattito, dopo la Corte europea dei diritti dell'uomo, a seguito di una questione di legittimità formulata dal Tribunale di sorveglianza di Perugia, a sua volta adito dalle difese di due ergastolani.

Nel giudizio è confluita, incidentalmente, anche la vicenda di un ex boss salentino, Marcello Dell'Anna, che dal carcere di Nuoro ha chiesto e ottenuto inizialmente permessi premio poi formalmente revocati sulla base di un parere articolato della direzione distrettuale antimafia di Lecce. Sul caso Dell'Anna deve ancora esprimersi la Cassazione che ha deciso di attendere il pronunciamento della Consulta sull'ergastolo ostativo.
Il suo avvocato, Ladislao Massari, si era costituito dinanzi ai giudici costituzionali il 22 ottobre scorso. Ma non essendo direttamente coinvolto in quel giudizio era stato escluso al pari dell'Unione delle camere penali, del Garante nazionale per i detenuti e dell'associazione Nessuno tocchi Caino. Gli Ermellini stabiliranno ora se la laurea in giurisprudenza, il percorso di riabilitazione, le lezioni magistrali tenute dal neretino nel corso di speciali sessioni svoltesi all'interno del carcere possano essere garanzia di un distacco reale dalla precedente vita. E se il programma di attività socialmente utili presentato al Tribunale di Sorveglianza, possa assicurare l'effettiva presa di distanza dalle vicende che lo hanno condotto in cella.

La Corte Costituzionale ha infatti dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4 bis, comma 1, dell'ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l'attualità della partecipazione all'associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata. Sempre che il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo. In virtù della pronuncia della Corte la presunzione di pericolosità sociale' del detenuto non collaborante non è più assoluta ma diventa relativa e quindi può essere superata dal magistrato di sorveglianza, la cui valutazione caso per caso deve basarsi sulle relazioni del carcere nonché sulle informazioni e i pareri di varie autorità, dalla procura antimafia o antiterrorismo al competente Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.
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