Caro-energia, è allarme Pil: in Puglia ripresa a rischio per 280mila imprese

Caro-energia, è allarme Pil: in Puglia ripresa a rischio per 280mila imprese
di Paola COLACI
5 Minuti di Lettura
Lunedì 24 Gennaio 2022, 05:00

Non solo Covid. Se nel primo trimestre di quest’anno l’energia elettrica a carico delle famiglie è destinata ad aumentare del 55% e il gas del 42%, il caro-bollette sta già facendo triplicare i costi fissi di produzione e gestione per le aziende. Una vera e propria “fiammata” che ora rischia di ipotecare il futuro di migliaia di imprese in tutta Italia. E in questo contesto la Puglia non fa differenza. Anzi. 

L'effetto sulle imprese


A pagare il prezzo più alto al caro-energia potrebbero essere almeno 280mila piccole e medie imprese. Quelle più “energivore” che rappresentano il 70% dell’intero tessuto produttivo della regione. Non basta. Se a causa del rincaro enregetico la crescita dell’economia a livello nazionale rischia di rivelarsi più debole delle attese, lo stop al Pil in Puglia potrebbe avere effetti ancora più impattanti sulla ripresa. Già a fine 2021 la Svimez rilevava, infatti, come la crescita economica della regione 2022 fosse destinata a procedere a un ritmo più lento rispetto al resto d’Italia e al Mezzogiorno: +3% del Pil, a fronte del 4% nazionale e del 3,2% meridionale.

Ma ora il nuovo allarme arriva da Confindustria. «Con gli attuali prezzi abnormi dell’energia, i margini erosi, la scarsità di commodity e l’aumento dei contagi il rischio è che il Pil subisca uno stop nel primo trimestre» denuncia l’analisi flash sulla congiuntura elaborata nei giorni scorsi. Tradotto in numeri, secondo gli industriali, l’impatto del caro-energia dovrebbe essere pari ad «almeno -0,8% sul Pil del 2022». A inizio di quest’anno infatti, “si sono fatte più fitte le nubi, già addensatesi a fine 2021, sul Pil italiano, stimato in frenata nel 4°trimestre” denunciano gli industriali. E l’attesa è di una flessione per le imprese. Il costo insostenibile del gas (+723% a dicembre sul pre-crisi), più i rincari degli altri input, «sta causando temporanee chiusure di imprese nei settori energivori». Aziende che in Puglia rappresentano più del 70% del totale.

La fotografia del mondo produttivo

Nel dettaglio e sulla base dell’ultimo report di Unioncamere, se nei registri delle imprese pugliesi a metà 2021 erano censite 386mila imprese, sono più di 280mila quelle che per produrre e garantire beni e servizi necessitano di elevati consumi di energia elettrica e registrano un consumo medio pari ad almeno 1 GWh/anno. Aziende “energivore” che operano nei settori dell’agricoltura e della pesca, del caseario e della produzione di olio e vino. Ma anche nel manufatturiero, nel tessile e nell’edilizia. E ancora, nel turismo, nella ristorazione e nei servizi alla persona. E poi, nella lavorazione del legno, nella chimica, nella meccatronica e nella farmaceutica. E infine, nella grande distruzione e nel commercio al dettaglio di generi alimentari e altri prodotti. Un tessuto produttivo fatto in prevalenza di piccole e medie aziende alle quali si aggiungono 119 imprese regionali che nel 2020 hanno superato i 50 milioni di euro per valore della produzione. A queste si sommano, poi, 9mila imprese che superano il milione di euro l’anno di fatturato. Ora però, a far rallentare la locomotiva dell’economia pugliese potrebbe essere proprio l’emergenza energia. 

L'allarme di Confindustria


A lanciare l’allarme è stato Sergio Fontana, presidente degli industriali pugliesi. «Il titolare di un’azienda che produce pasta fresca mi ha girato una bolletta: di solito è intorno ai 70mila euro, l’ultima arrivata è di 170 mila euro. I costi si sono quasi triplicati» ha denunciato nei giorni scorsi. Un allert che fa il paio la bocciatura da parte degli imprenditori delle misure sull’energia previste dal governo nel decreto approvato lo scorso venerdì. Troppo pochi, secondo gli industriali, gli ulteriori 1,5 miliardi di sussidi che arriveranno alle imprese sotto forma di crediti d’imposta e riduzione degli oneri di sistema in bolletta. Nei fatti si tratta di meno della metà dei 4 miliardi ipotizzati in sede di Consiglio dei ministri. Di contro, la prospettiva è quella di una bolletta oltre i 37 miliardi per quest’anno e di 21 per il prossimo a carico delle aziende.
Con questo andamento del gas e dell’elettricità, dunque, ora anche in Puglia intere filiere rischiano la chiusura temporanea. Ma anche nel Salento gli effetti del consistente aumento del costo dell’energia e delle materie prime stanno già determinando notevoli ripercussioni prima sulle aziende e poi sui cittadini. Ecco perché ora la sezione leccese di Api (Associazione piccole e media industrie) chiama in causa la Regione, invocando un intervento, se necessario anche “in accordo con Tap”. 
«Chiediamo alla Regione Puglia di aggiornare quanto prima il prezzario regionale di riferimento per i lavori pubblici - ha rilevato il direttore Giuseppe Petracca -. Ciò anche in vista della progettazione e della realizzazione di opere nell’ambito del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza). In mancanza di un tempestivo adeguamento del prezzario, infatti, si rischia di fare previsioni di costi non in linea con l’anomala impennata prezzi che si sta riscontrando in questo periodo». Sul fronte energetico infine, secondo Api, Regione e istituzioni locali potrebbero cercare un’intesa con Tap per delle agevolazioni sul consumo del gas. «Dopo aver in parte contestato e poi accettato la presenza dell’approdo del gasdotto sulla sua costa adriatica, il Salento di fatto non ha ancora ottenuto alcun ristoro, seppur a lungo promesso. E in questa fase il riconoscimento di uno sconto in bolletta potrebbe essere un primo segnale di sostegno all’economia del nostro territorio» ha concluso Petracca.

© RIPRODUZIONE RISERVATA