Cantieri semplificati e piano-choc di opere: le mosse per ripartire

Cantieri semplificati e piano-choc di opere: le mosse per ripartire
di Pierpaolo SPADA
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Sabato 23 Maggio 2020, 08:43 - Ultimo aggiornamento: 11:56
Decreto semplificazione, il più arduo banco di prova per le capacità e la stabilità politica di qualsiasi governo, ma oggi obbligato per restituire linfa un Paese impoverito dalla pandemia. Al centro i cantieri e l'urgente necessità di sbloccare quelli ingarbugliati nelle maglie della burocrazia, in alcuni casi anche da un ventennio, come la Puglia ben sa. L'annuncio del premier Giuseppe Conte ha dato il via a una girandola di opzioni, alcune delle quali sono già in discussione sul tavolo con le Regioni aperto dal ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia. Meno gare, meno regole, poteri derogatori e stop ai pareri bloccanti.
Sarebbero queste le priorità, ma forse è ancora presto per dirlo. Da ieri circola infatti di tutto, perché sul piano burocratico l'aspettativa del mondo delle imprese (costruzioni in primis) e dei cittadini, che delle infrastrutture avrebbero un gran bisogno, non è facile da saziare. E rende la disputa tra partiti, già tale, a dir poco agguerrita. Certo, il panorama cantieristico cui metter mano è molto ampio e, almeno in parte, noto. Ma è proprio sui dettagli, su un'opera piuttosto che un'altra, che la partita politica riserverà i contrasti più audaci. Non è, infatti, un caso che la traduzione più popolare che in queste ore si dà del Dl Semplificazione sia Sblocca cantieri, così rievocando il decreto coniato dal governo Lega-5Stelle che, a conti fatti, non è mai entrato in fase operativa ma che nel tempo ha già generato diverse mappe.
Il progetto è ambizioso. Due gli elementi da interconnettere: maxi investimento e snellimento procedure. Un piano shock, che, giusto per restare sul piano politico, Italia Viva di Matteo Renzi vorrebbe che godesse di entità non inferiore a 120 miliardi di euro. E il presidente Conte non storce il naso. Certo, non sarà una passeggiata. Ma le prove di dialogo appena avviate lasciano, quantomeno, sperare. Perché l'obiettivo è portare a compimento la missione entro la metà di giugno, così che la Fase2 possa realmente imprimere quella spinta poderosa che il Paese invoca, e non più a bassa voce. Il viceministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Giancarlo Cancellieri, ha già calato il suo piano shock da 110 miliardi euro. Tutti soldi già stanziati e che dovrebbero servire a sbloccare i cantieri di Anas ed Rfi, sotto la regia degli amministratori degli stessi operatori in veste di commissari straordinari. Mentre il ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, Paola De Micheli, ha già trasmesso a Palazzo Chigi il suo piano per «mettere a terra 20 miliardi» entro giugno 2021. E, intanto, anche il via libera a 445 milioni per Comuni e Province finalizzati alla manutenzione straordinaria delle strade è stato dato. Non è ancora chiaro se il modello esemplificativo ricalcherà quello applicato per Genova. Per la stessa De Micheli, quest'ultimo «non è replicabile». E da Italia Viva la risposta è immediata: «Genova, Expo, chiamatelo come vi pare: il problema non è il nome. Il problema è dare all'Italia un modello agile e veloce per costruire le infrastrutture che servono al Paese. Un modello che le tragedie le previene», dichiara la ministra Teresa Bellanova. Così come non è ancora certo che nel decreto faccia rientri la sospensione del Codice degli appalti, richiesta della Lega e già in qualche modo frenata da dal ministro del Mit che dice «no all'abolizione del Codice».
Le associazioni datoriali gradiscono gli intenti, sperando nella rapida concretizzazione e, intanto, suggeriscono soluzioni. D'altra parte, lo stato attuale è davvero poco confortante per evitare ancora di incalzarlo: 700 opere pubbliche bloccate per 62 miliardi di euro, di cui 16 al Sud, rilevava Ance a marzo. «Se la riforma della semplificazione sarà realmente in grado di ridurre la burocrazia ed evitare le lungaggini infinite cui siamo abituati, sbloccando rapidamente opere già finanziate ma ferme, l'Italia - afferma il presidente di Ance Puglia, Nicola Bonerba - potrà finalmente dirsi un Paese moderno che crede e investe nello sviluppo infrastrutturale. Si parla di 25 opere pubbliche strategiche da sbloccarsi in via prioritaria in tutta Italia. Ma confidiamo che saranno molti di più i cantieri da far partire, soprattutto al Sud dove soffriamo di un'enorme carenza infrastrutturale».
Il Covid ha aggravato il quadro, anche sul fronte sociale. L'intervento dei sindacati è, infatti, di tutt'altro tenore: «Durante la quarantena - spiega Antonio Delle Noci, segretario di Filca Cisl Puglia - gli iscritti alle Casse edili sono passati da 30mila a poco più di 3-4mila. E ci preoccupano le notizie sulla riforma del Codice degli appalti: temiamo che si possa approfittare di questo momento di pandemia per modificare o derogare al Codice, riducendo le tutele dei lavoratori, alimentando il dumping contrattuale, liberalizzando il subappalto, dequalificando il mercato e destrutturando ulteriormente le imprese. C'è il rischio che ci siano infiltrazioni criminali», aggiunge. Anche i sindacati hanno la loro proposta. Prevede di «qualificare le stazioni appaltanti, dotandole di risorse tecnologiche e professionali, e di qualificare anche le aziende». «Attuando il Durc per congruità, rendendolo obbligatorio per tutti gli incentivi pubblici e introducendo la patente a punti e - conclude il segretario di FilcaCisl Puglia - facendo applicare i giusti contratti».
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