Autonomia differenziata, la bozza "ritoccata" e i gap da colmare: nebbia fitta sui fondi

Autonomia differenziata, la bozza "ritoccata" e i gap da colmare: nebbia fitta sui fondi
di Alessandra LUPO
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Sabato 31 Dicembre 2022, 05:00

L’autonomia differenziata corre spedita e attraversa come un fulmine l’Italia, che nelle scorse ore ha trovato come dono di fine anno la bozza definitiva trasmessa dal ministro Roberto Calderoli a Palazzo Chigi.
Una bozza che conferma in buona parte l’impianto della legge circolato un mese fa ma che apporta anche alcuni aggiustamenti, che tengono conto (e tentano di smontare) delle critiche delle opposizioni. Tra le “concessioni” della nuova bozza c’è infatti la cancellazione di un passaggio particolarmente spinoso: l’ultimatum di un anno per determinare i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), che inizialmente prevedeva allo scoccare dei dodici mesi dall’approvazione delle leggi che recepiscono le intese l’intervento del governo con un “atto avente forza di legge” (Decreto legge o ddl). 

I Lep e la spesa storica


Altro aggiustamento in corsa è quello che riguarda un maggiore coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni e viene a più riprese specificato che per determinare i Lep dovranno essere «individuate le risorse necessarie». Ma non solo non si specifica dove né come. Ma si ribadisce anche che i fondi in questione saranno assegnati secondo il contestato criterio della “spesa storica” sostenuta dallo Stato per quella competenza, vecchio cavallo di battaglia leghista che inevitabilmente cristallizza la distanza nella spesa per i servizi tra le regioni del Nord e quelle del Sud. 
Nella bozza si legge infatti che saranno fissati «in base al criterio della spesa destinata a carattere permanente, fissa e ricorrente, a legislazione vigente, sostenuta dallo Stato nella Regione». 

Il coinvolgimento delle Camere


Quanto al coinvolgimento del Parlamento, invocato da più voci che gridavano all’esautoramento dell’organo legislativo. «La bozza Calderoli non consente al Parlamento di incidere sull’intesa violando la Costituzione», aveva avvisato il presidente pugliese Michele Emiliano
La soluzione individuata si trova a metà: la maggioranza non sarà “mera” ma assoluta. Tuttavia il parere della commissione parlamentare interessata resterà non vincolante. Nella prima bozza Calderoli, infatti, lo schema di intesa tra Stato e Regioni veniva sottoposto al parere della commissione parlamentare per le questioni regionali (entro 30 giorni dalla trasmissione dello schema preliminare). Parere che resta non vincolante, in assenza di indicazioni contrarie. 
Dopodiché l’intesa veniva tradotta in un disegno di legge che passava prima in Consiglio dei ministri poi all’esame delle Camere per “mera approvazione”.

La bozza attuale invece prevede che l’approvazione dell’intesa tra Governo e Regioni sia a maggioranza assoluta. 

Pressing e frenate in maggioranza


Ora il ministro assicura tempi brevi per l’approvazione e il passaggio parlamentare, con l’obiettivo dichiarato di arrivare al completamento dell’iter a fine 2023 e alle intese con le Regioni nel gennaio 2024.
All’ordine del giorno del Consiglio dei ministri l’autonomia non è però ancora arrivata. Calderoli ha fatto la sua parte inviando il documento ma non è stato inserito in trattazione. Un dettaglio che confermerebbe l’indecisione dei ministri sull’attuazione della riforma. Un passaggio che rischia di risultare azzardato soprattutto se non andrà di pari passo con il pacchetto che il governo ha in mente per imprimere il suo cambio di passo al Paese.
Nelle stesse ore in cui veniva trasmesso il testo di Calderoli, infatti, la premier Giorgia Meloni annunciava che la priorità dell’esecutivo è il presidenzialismo. Il pericolo che le fughe in avanti possano far scricchiolare l’impianto messo in piedi dal nuovo governo e fornire alle opposizioni motivi di immediato ricompattamento non sarebbe la scelta più saggia in questo momento. 
«Salvini aveva promesso l’autonomia al primo Cdm, mi sembra che i piani siano stati rivisti» ha detto ieri in un’intervista Mariastella Gelmini vicepresidente del gruppo Azione-Italia Viva al Senato e già ministra agli Affari regionali e alle Autonomie. Tanto più che mentre le Regioni di centrodestra del Nord come Veneto e Lombardia esultano, il presidente dell’Emilia Stefano Bonaccini parla di «un’autonomia che penalizza il Sud perché tocca la spesa e spacca il Paese: una forzatura che mette a rischio la tenuta sociale delle nostre terre». E al Sud le cose non suonano meglio: accanto alle Regioni governate dal centrosinistra che promettere battaglia, si muovono infatti tensioni anche nella coalizione di governo. Tanto che lo stesso presidente della Sicilia Renato Schifani ha annunciato un nuovo incontro con il ministro per «chiarire meglio le questioni sull’autonomia». 
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