Multe per i calciobalilla: nelle spiagge del Salento a rischio il biliardino

Multe per i calciobalilla: nelle spiagge del Salento a rischio il biliardino
di Stefano MARTELLA
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Giovedì 23 Giugno 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 21:07

Quante serate d’estate, apparentemente morte, hanno iniziato ad avere un senso davanti a un calciobalilla? Per molti italiani tantissime. Del resto il calciobalilla è una di quelle colonne italiche, un po’ come la Cinquecento e la pizza. Una colonna che adesso rischia di scricchiolare per una stretta fiscale. Il campanello d’allarme è stato lanciato dai balneari che hanno intrapreso una polemica contro la tassa (e le relative multe) per tenere il biliardino nel proprio stabilimento. La tassa da versare ammonta all’8% dell’imponibile medio forfettario oltre Iva. La misura è conseguente a un decreto dello scorso anno: il numero 65 del 18 maggio 2021, in cui si prevede che i locali che detengono i biliardini debbano versare l’imposta sugli intrattenimenti (Isi), ovvero quella che si applica ai giochi a pagamento con vincita. 

La misura riguarda anche carambole, biliardi, ping pong, flipper e freccette. In seguito è arrivata la determinazione del direttore dell’agenzia delle Dogane e dei Monopoli del primo giugno 2021, in base alla quale dal primo giugno 2022 anche gli apparecchi che non erogano vincite in denaro o tagliandi possono essere installati solo se dotati di un “nulla osta di messa in esercizio”. Chi ha dispositivi non autorizzati rischia una sanzione di 4mila euro. Per l’agenzia delle Dogane questa imposta esiste da 20 anni e niente è cambiato nella regolamentazione. Per poter usare il calciobalilla basta un’autocertificazione. Ma la polemica ha iniziato a scivolare sui social e i balneari si dicono pronti a togliere il biliardino dalle proprie strutture, pur di non cadere in una sanzione. «Le multe sono già partite», lancia l’allarme Antonio Capacchione presidente di Sib, Sindacato Italiano Balneari. «Siamo alla follia: il calciobalilla come il videopoker».

Questa norma, aggiunge Sib, tocca «anche gli oratori e le associazioni no profit, dove il biliardino è spesso messo a disposizione gratuitamente». Insomma, a memoria d’uomo il calciobalilla non pare abbia mai affrontato una crisi simile. 

Calciobalilla, la storia di un mito

Le origini del suo mito risalgono al periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale in Europa, ma non si conosce con certezza l’autore. Un fatto che non può che alimentarne il fascino. Ma il mito non si ferma qui e incrocia situazioni grottesche. La sua produzione industriale è iniziata in Francia nel 1947 quando il marsigliese Marcel Zosso creò i primi biliardini in serie simili a quelli che conosciamo oggi. Nel 1949 Zosso è arrivato in Italia dove, curiosamente, ha trovato dei fornitori tra i produttori di casse da morto. Da quel momento il calciobalilla ha iniziato a dilagare in tutta la penisola, tanto da assumere caratteristiche specifiche a seconda della regione in cui si insediava. Tra i colpi tipici del calciobalilla all’italiana c’è la cosiddetta “Napoletana”, ossia il tiro dal tridente con l’attaccante centrale che spizzica la pallina in modo che finisca in porta dopo aver colpito la sponda, oppure la “cinese” che consiste nel tirare dal tridente la palla in sponda e poi colpirla subito con l’attaccante. Come non dimenticare poi la “Mattonella”, detta anche “uno due”; “Frusta” o “Caruso”; “Siracusana”; “Gancio sardo”; “Flash”. Così in Italia i chioschi che non possiedono un calciobalilla si contano sulle dita di una mano.

Quanta umanità è passata da qui. Ad esempio il “mago della sponda”, ovvero quel ragazzo (di età indefinita) che riusciva, con un colpo secco, a mandare la pallina sulla sponda e poi in porta. Era solitamente un tipo silenzioso, faceva al massimo un paio di partite e poi se ne andava portando con sé il suo alone di mistero. Decisamente meno raffinato era il “cultore della sburdazza”, in genere un ragazzo palestrato che giocava solo in attacco e prediligeva l’attaccante centrale. L’unica cosa che gli importava era ascoltare il “bang” della pallina che si infrangeva contro la parete metallica della porta. Agognava così tanto questo momento che spesso era preso da una frenesia inarrestabile e ogni volta che la pallina passava dalle sue stecche partivano missili terra aria alla buona, tanto prima o poi quella pallina sarebbe entrata. In un modo o nell’altro. Ma il più amato da tutti, nei piccoli chioschi di provincia, era “l’illusionista”, ovvero quel giocatore, dotata di tecnica elevatissima, che traccheggiava minuti e minuti tenendo la pallina incollata sulla propria stecca in una serie di finte infinite, per poi scoccare repentinamente il tiro finale che si andava a piazzare lì dove il portiere avversario, ormai preda delle vertigini, non riusciva ad arrivare. Insomma, si potrebbe scrivere un trattato sociologico sull’italianità che ha popolato (e che ancora popola) i campi legnosi del calciobalilla. E si potrebbero scrivere così tanti aneddoti da realizzare una trilogia. Sicuramente è uno dei simboli italiani e uno storico aggregatore sociale. Speriamo che questa stretta fiscale non lo metta in fuorigioco.
 

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