Puglia, continua l'impennata e il picco ancora non c'è

Puglia, continua l'impennata e il picco ancora non c'è
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Giovedì 12 Novembre 2020, 17:04 - Ultimo aggiornamento: 13 Novembre, 15:13

L'impennata non si arresta, la curva non si raffredda. Aspettando gli effetti delle ultime restrizioni, senza nemmeno escludere un ulteriore giro di vite. In Puglia i numeri continuano a essere impietosi, tanto per i contagi quanto per i decessi. Il bollettino della Regione ieri registrava 1.434 nuovi casi su 8.936 test: il rapporto è del 16%. I pazienti attualmente positivi diventano così 21.255, dall'inizio dell'epidemia sono 30.442.

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All'orizzonte di fine mese-inizio dicembre (virtualmente indicato come la soglia critica da scollinare), la Puglia potrebbe arrivare perciò con numeri da capogiro. Anche il bilancio dei decessi non è per niente incoraggiante: ieri altri 39, 10 in provincia di Bari, 8 nella Bat, 4 in provincia di Brindisi, 12 nel Foggiano, 1 in provincia di Lecce e 4 nel Tarantino. Nel Salento è deceduta una 66enne ricoverata al Dea Fazzi, proveniente dal campo rom Panareo. Peraltro, proprio lunedì aveva protestato in strada contro la quarantena.


La ripartizione dei nuovi casi per provincia descrive il quadro ormai consolidato in queste settimane: nel nord della Puglia il virus circola con maggiore facilità, ma in tutta la regione i contagi crescono a ritmo sostenuto. Ecco il dettaglio: 679 casi a Bari, 54 nel Brindisino, 150 nella Bat, 232 nel Foggiano, 121 in provincia di Lecce e 183 nel Tarantino. I pazienti ricoverati sono 1.338, in 148 sono nei reparti di terapia intensiva.
Secondo i dati elaborati dalla Fondazione Gimbe, la Puglia resta comunque sotto la media di persone contagiate ogni 100mila abitanti: 469. Sono Valle d'Aosta, Provincia Autonoma di Bolzano e Piemonte le tre regioni con un maggior tasso. Un valore che rappresenta la concentrazione del virus in proporzione alla popolazione. In particolare, si registrano 1.829 positivi ogni 100mila abitanti in Valle d'Aosta, 1.631 a Bolzano e 1.351 Piemonte. A superare il livello medio italiano di 978 infetti ogni 100.000 abitanti sono cinque regioni: Lombardia con 1.347, Campania con 1.279, Toscana con 1.242, Umbria con 1.150 e Veneto con 1.024.

Sotto la soglia media nazionale si trovano invece: Lazio (946), Emilia Romagna (937), Liguria (860), Abruzzo (795), Marche (714), Friuli Venezia Giulia (645), Molise (554), Sardegna (546), Basilicata (531), Provincia Autonoma di Trento (519), Puglia (469), Sicilia (457) e Calabria (300).

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Pur tra mille distinguo, la curva comincia però a mostrare primi segni d'appiattimento in tutto il Paese. I numeri dell'epidemia ieri sono stati più alti rispetto a quelli di mercoledì, 37.978 nuovi contagi in 24 ore resi noti dal ministero della Salute e 636 decessi; torna a salire al 16,1% (contro il 14,6% del giorno precedente) anche il rapporto fra casi positivi e tamponi; ma complessivamente la curva dell'epidemia continua a mostrare segni di rallentamento, confermando la tendenza dei giorni scorsi. Stesso ritmo di crescita registrato negli ultimi tempi anche con gli 89 ricoveri in più nelle unità di terapia intensiva, mentre i ricoverati con sintomi si sono ridotti a 429, circa la metà rispetto al giorno precedente. Ancora elevato il numero dei decessi, 636, il 30% dei quali in Lombardia. È ancora la Lombardia a registrare il maggiore incremento nel numero dei contagi (9.291 in più in 24 ore e un rapporto casi positivi-tamponi ancora molto elevato, del 21,6%), seguita con distacco da Piemonte (4.787 casi e un rapporto casi positivi-tamponi del 19,2%), Campania (4.065 e 17,0%) e Veneto (3.564 e 20,7%). Secondo l'analisi condotta a titolo personale dallo statistico Livio Fenga dell'Istat, nei prossimi 15 giorni si prevede un miglioramento, in particolare nelle zone gialle e in quelle rosse secondo le indicazioni dell'ultimo Dpcm. Segnali che, secondo il ricercatore, sembrerebbero «incoraggiare misure restrittive localizzate a regioni o gruppi, anche importanti, di esse», In particolare «la presenza di regioni con tassi di crescita previsti più moderati sembrerebbe non consigliare misure di lockdown generalizzato».
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