Boeing non potrà autocertificare il Dreamliner 787. Nel calderone finisce un'azienda brindisina

Boeing non potrà autocertificare il Dreamliner 787. Nel calderone finisce un'azienda brindisina
di Francesco RIBEZZO PICCININ
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Mercoledì 16 Febbraio 2022, 05:00

È anche, ma non esclusivamente, a causa di una azienda brindisina che Boeing non potrà autocertificare la conformità dei suoi 787 Dreamliner. A deciderlo è stata la Faa, la Federal Aviation Administration, l’agenzia governativa degli Stati Uniti che si occupa della sicurezza dei voli. Il velivolo più avanzato della flotta Boeing, il primo aereo di serie con la fusoliera assemblata grazie a sezioni a botte di materiale composito invece dei pannelli di alluminio tradizionali, da molti anni ormai è al centro di problemi di ogni genere, a partire da alcuni incendi a bordo causati dalle batterie agli ioni di litio che spinsero la stessa Faa, seguita dalle altre autorità dell’aviazione civile nel resto del mondo, a mettere a terra tutti i Dreamliner all’inizio del 2013, a meno di due anni dal suo primo volo commerciale.

Un divieto revocato nel settembre dello stesso anno. Ma i problemi sono proseguiti negli anni successivi. Diversi componenti realizzati e pre-assemblati dai fornitori esterni di Boeing, in effetti, sono risultati non conformi alle disposizioni dell’azienda, tanto che sono attualmente, dei 787 fermi, 110 sono in attesa di verifiche e sostituzioni. La realizzazione del 787 Dreamliner, infatti, ha comportato una collaborazione su larga scala con numerosi fornitori in tutto il mondo, tra i quali anche l’italiana Leonardo.

Una strategia controproducente

Invece di costruire il velivolo completo dall’inizio fino alla fine, in maniera tradizionale, l’assemblaggio, secondo quanto stabilito da Boeing in fase di progettazione, avrebbe dovuto prevedere solo l’unione e l’integrazione dei sottosistemi già completi. L’azienda, infatti, aveva proposto ai suoi stessi subappaltatori di assemblare e fornire direttamente sottogruppi completi per l’assemblaggio finale. Cosa che avrebbe reso più semplice, ma soprattutto molto più breve, l’assemblaggio finale nello stabilimento di Everett, nello Stato di Washington, ed in quello di North Charleston, nella Carolina del Sud. Proprio questa strategia, però, si è dimostrata il tallone d’Achille del 787. E tra le parti rivelatesi più problematiche ci sono state alcune sezioni della fusoliera ed i supporti per il pavimento passeggeri, forniti dall’italiana Leonardo. Parti che erano state realizzate dalla brindisina Manufacturing Processes Specification (Mps), piccolo subfornitore della società controllata dal ministero dell’Economia e delle Finanze con una quota del 30 per cento. I pezzi sarebbero stati prodotti, secondo le risultanze di una indagine da parte della Procura della Repubblica di Brindisi, con l’impiego di materiali difformi per “qualità e provenienza” rispetto a quelli che il gruppo Leonardo aveva richiesto e che erano previsti dalle specifiche tecniche.

Più nel dettaglio, stando alle denunce, sarebbe stata “stabilmente utilizzata componentistica strutturale in metallo acquistando il materiale grezzo da fornitori non certificati da Leonardo”, e in particolare titanio di grado 2 invece che lega di titanio dalle “proprietà meccaniche e di resistenza strutturale largamente inferiori”. Proprio queste anomalie potrebbero essere alla base o aver concorso alla caduta libera in borsa del titolo Leonardo, nell’ottobre scorso, crollato del 7% a seguito di notizie apparse dapprima sul Wall Street Journal e riprese dalle agenzie internazionali e confermate informalmente dallo stesso gruppo Usa.

Le informazioni diffuse riguardavano proprio problemi alle fusoliere del Boeing 787, le cui componenti non soddisfacevano tutti i requisiti di qualità e su cui le autorità statunitensi decisero di compiere approfondimenti. Ma i difetti sono emersi non solo nelle parti da assemblare realizzate in Italia. Secondo un documento della Faa dello scorso mese di novembre, infatti, sarebbero emersi ad esempio anche problemi di contaminazione della fibra di carbonio realizzata dalla giapponese Mitsubishi Heavy Industries.

La stretta di Faa

Tutti questi problemi hanno spinto, da tempo ormai, la Federal Aviation Administration a mettere sotto stretta osservazione il Dreamliner, cosa che ha affossato i conti di Boeing ma anche di Leonardo, che proprio a causa delle notizie sui difetti nella realizzazione delle parti per il 787 nello scorso mese di ottobre è crollata, come detto, del 7 per cento in borsa. E proprio nelle ultime ore è arrivata l’ennesima tegola con la revoca della possibilità per Boeing di autocertificare la conformità dei suoi Dreamliner. Una inibizione che durerà “fino a quando i controlli di qualità e processi di manifattura produrranno in maniera costante 787 che rispettino gli standard di design della Faa”.

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