Si sbloccano i licenziamenti per edilizia e industria. L'allarme della Cgil: «In Puglia 200mila persone in cassa, che succederà?»

Si sbloccano i licenziamenti per edilizia e industria. L'allarme della Cgil: «In Puglia 200mila persone in casa, che succederà?»
Si sbloccano i licenziamenti per edilizia e industria. ​L'allarme della Cgil: «In Puglia 200mila persone in casa, che succederà?»
di Alessio PIGNATELLI
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 26 Maggio 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 15:40

È saltato definitivamente il blocco licenziamenti. Il dietrofront riguarderà in particolare due comparti: in bilico, dal mese di luglio, ci sono i lavoratori dell’industria e dell’edilizia. La proroga fino al 28 agosto voluta dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, e inserita nel decreto Sostegni bis è ormai sorpassata. La norma, nel testo definitivo, sarà rimodulata così: da luglio, le aziende di manifattura e costruzioni che usciranno dalla cassa Covid-19 non avranno più divieti di licenziare. Per coloro che però accederanno alla cassa integrazione ordinaria o straordinaria, senza pagare i contributi addizionali fino al 31 dicembre, il blocco licenziamento persisterà per tutta la durata in cui fruiranno dell’ammortizzatore.

Le parole di Draghi

Il pressing degli industriali e di parte del governo ha prodotto una mediazione sostanzialmente ufficializzata dal presidente del Consiglio Draghi: «Dal primo luglio non c’è più il divieto assoluto di licenziare perché un’azienda che non richiede la Cassa può farlo ma c’è un forte incentivo a non farlo. Tutto ciò solo per industria e edilizia mentre per i servizi il blocco per tutti, sia che usino o meno la Cig, dura fino a fine ottobre. Mi pare una mediazione che certamente scontenta chi avrebbe voluto continuare con il blocco ma non scontenta, almeno così mi pare, quelli che avrebbero voluto sbloccare tutto immediatamente».

Cgil: «Perché questa fretta di licenziare?»

 

La levata di scudi del sindacato contro l’abolizione della proroga del blocco dei licenziamenti si muove su tutto il territorio, Puglia compresa. La Cgil regionale guidata da Pino Gesmundo boccia la marcia indietro del governo dopo le pressioni di Confindustria.

Il sindacato parte da un numero, ossia la cassa integrazione attivata per circa 200mila lavoratori, quasi il 20% dei dipendenti totali in Puglia: «Non possiamo dire che tutti e 200mila sono a rischio licenziamento, non sappiamo quale sarà la sorte di queste aziende, sicuro è un numero importante e rappresenta un indice di preoccupazione elevato».

Il compromesso trovato non è piaciuto per nulla alle organizzazioni sindacali che anzi volevano alzare l’asticella della prima ipotesi. «Nei primi quattro mesi del 2021 in Puglia sono stati attivati 6.726 rapporti di lavoro dipendenti - dice Gesmundo - Segnali di ripresa ancora deboli, perché se andiamo all’anno pre-pandemia, tra gennaio e aprile erano state ben 45.692 le assunzioni. E in questo scenario sembra che il principale interesse delle imprese sia quello di licenziare, osteggiando la proroga al blocco prima indicata dal Governo e poi ritirata».

Per la Cgil è insostenibile rinunciare alle risorse pubbliche a disposizione per allontanare la scure dei licenziamenti. «Siamo alla vigilia di una stagione di riforme e di ingenti finanziamenti legati al Pnrr e alla programmazione dei fondi strutturali – aggiunge Gesmundo - Vorremmo discutere con tutti gli attori pubblici di innovazione, di ricerca, di infrastrutture e reti per rendere più competitivo e attrattivo il nostro territorio. Se, come sembra e si spera, stiamo superando la pandemia, diamo tempo ai mercati di assestarsi, di capire l’evoluzione di questi mesi. Perché questa fretta di licenziare?».

Altri dati, in base alla rilevazione al 10 maggio, possono aiutare a disegnare un quadro: sono pervenute 82.558 domande di cigo Covid. Così suddivise: da Bari 28.738, da Foggia 11.782, da Bat 10.085, da Taranto 9.789, da Lecce 9.648, da Brindisi 6.910. È bene chiarire che si parla di domande totali e non di lavoratori interessati che, come anticipato, toccano quota 200mila. E non è ovviamente automatico che quella platea interessata si trasformi in posti di lavoro persi. Però, dà comunque una traccia.

«Deve essere chiaro che dovrà essere impedito a chi licenzia di poter contare sul sostegno di risorse pubbliche per sostituire quei lavoratori con altri, ricorrendo a contratti più precari e magari contando pure su incentivi ad assumere - è il monito di Gesmundo - Si accompagnino le imprese nelle ristrutturazioni produttive se necessario, investendo sulla formazione della forza lavoro, qualificando le produzioni, posizionandosi in catene di valore. C’è da spendere bene e in modo strategico le risorse che arriveranno sul territorio tramite Pnrr e fondi strutturali, magari evitando che si deregolamentino come nelle intenzioni gli appalti favorendo economie illegali».

© RIPRODUZIONE RISERVATA