Banca popolare di Bari, milioni di risparmi in fumo per decine di brindisini: «Noi ignari di tutto»

Banca popolare di Bari, milioni di risparmi in fumo per decine di brindisini: «Noi ignari di tutto»
di Danilo SANTORO
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Giovedì 19 Dicembre 2019, 09:53

«Noi truffati e vittime di un sistema che invece di controllare ha permesso che il piano criminale di qualcuno potesse realmente verificarsi». I risparmi di una vita fatta di sacrifici. Soldi guadagnati tra i campi. Nelle piccole botteghe e tra i laboratori artigianali ereditati dai propri genitori. La crisi della Banca Popolare di Bari ha fatto vittime anche nell’Alto Salento: sarebbero oltre tre i milioni di euro investiti da piccoli azionisti, tra Carovigno e Ostuni, che oggi si ritrovano senza la possibilità di riavere il proprio capitale.



Un lungo elenco di professioni, senza distinzione di classi sociali. Braccianti agricoli, casalinghe, impiegati, ma anche piccoli e medi imprenditori: tutte vittime - ritengono - di «una cattiva gestione» da parte di chi aveva il compito di “custodire” quei risparmi. Storie diverse di una vita quotidiana diventata improvvisamente difficile, oggi per almeno una cinquantina di persone e, soprattutto famiglie, nei due comuni. Un numero destinato a crescere, perché in molti finora hanno preferito non esporsi pubblicamente o affidarsi a professionisti per portare avanti una battaglia che probabilmente avrà ripercussioni in sede civile e penale.

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Una “buona fede”, nell’investire nelle azioni della più grossa banca del Mezzogiorno, oggi divenuta una scelta portatrice di un disagio non solo personale, ma anche sociale. A Carovigno Massimo Lanzilotti, sindaco del comune, analista bancario di professione, nel recente passato ha affrontato diverse vertenze di questo tipo. Nel centro del nord Brindisino, infatti, la Banca Popolare di Bari ha avuto una filiale importante, tra le più considerate del territorio. «Dall’analisi dei profili si trattava di gente tutt’altro a conoscenza di quanto effettivamente avveniva sul proprio conto, dopo la sottoscrizione di alcuni particolari contratti per le azioni. Erano stati venduti come “titoli liquidi”, che in qualsiasi momento sarebbe stato possibile riscattare, in realtà - spiega Lanzilotti - era un “titolo illiquido”, non scambiabile».

Vicenda che in alcuni casi ha compromesso anche futuri investimenti. «C’è chi aveva acquistato case, dando caparre, poi quando è andato per scambiare i titoli per saldare l’immobile si è ritrovato con il conto svuotato mandando in fumo anche l’operazione immobiliare. Poi aziende - continua il sindaco di Carovigno - che da un lato avevano un portafoglio azioni, risultato poi nullo, e contemporaneamente un’esposizione consistente di fido in banca che cresceva a dismisura, con tutte le ripercussioni negative». Una situazione simile anche ad Ostuni. «Mi sono fidato del direttore della filiale, presente nel mio comune, come mi fido del mio medico o del farmacista. Mi ha fatto acquistare quasi 3mila azioni, per oltre 90 mila euro, che improvvisamente sono risultate azzerate. Ora voglia giustizia».

Nelle parole di S.A., imprenditore della Città Bianca, c’è la rabbia per la truffa subita, ma anche la volontà di andare in fondo ad una vicenda, che ha destabilizzato e non poco la sua azienda. L’uomo assistito dal suo legale, Antonello Anglani, già diversi mesi fa, quasi anticipando quello emerso in questi giorni, ha presentato una denuncia querela contro la Banca ed il direttore della filiale al Comando della Guardia di Finanza di Ostuni. Migliaia di euro in fumo, senza che l’uomo fosse a conoscenza di quanto avveniva sul suo conto: è stato questo il concetto che l’imprenditore ha spiegato alle forze dell’ordine in un lungo memoriale, inviato anche alla Banca d’Italia.

«Mi fu sottoposto il modello Mifid, obbligatorio per legge e che indica il profilo di rischio per l’utente.

Per il rapporto di fiducia che c’era con l’allora direttore della filiale, ora trasferito in un altro centro, mi giunsero forti rassicurazioni sul fatto che non avrei avuto nulla da temere. Solo dopo ho scoperto - continua l’imprenditore ostunese - che contravvenendo alla mia volontà hanno acquistato azioni che io stesso vietai, fino alla truffa ricevuta ed alla perdita di quella somma». La difesa dell’uomo ritiene che in assenza del rispetto della volontà ci possa essere stata una violazione del contratto, così annullabile, foriera di restituzione del capitale e del risarcimento dei danni morali e professionali, perché la perdita di quella somma ingente ha messo in difficoltà l’azienda ostunese su più fronti.

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