Autonomia, i sindaci di “Recovery Sud”: «Pronti a diffidare il Governo, così andiamo a sbattere»

Davide Carlucci
Davide Carlucci
di Paola ANCORA
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Giovedì 5 Gennaio 2023, 05:00

Pronti alle bandiere a mezz’asta, in segno di lutto, se la riforma dell’autonomia differenziata venisse varata così com’è. E pronti, ancora, a occupare le sale consiliari, forti del sostegno dei sindacati, delle associazioni di medici, degli autotrasportatori meridionali, fra gli altri. I sindaci della rete “Recovery Sud” daranno battaglia alla riforma “Spacca Italia”, definizione ritenuta offensiva dal titolare del ministero per gli Affari regionali, Roberto Calderoli, che ha minacciato querele per diffamazione nei confronti delle redazioni del Mattino e del Messaggero. «La libertà di critica e di informazione va sempre rispettata - evidenziano da “Recovery Sud” - e poiché anche noi riteniamo che l’autonomia differenziata possa determinare profonde spaccature in un Paese già diviso, siamo pronti ad autodenunciarci affermando che sì, l’autonomia differenziata rischia di spaccare l’Italia. Il ministro dimostri con i fatti la sua volontà di non creare ulteriori fratture ritirando la bozza e aprendosi a un confronto serio con i Comuni».

Sindaco Davide Carlucci, lei coordina la rete “Recovery Sud”. Calderoli avanza spedito: quali iniziative intendete intraprendere?
«Puntiamo ad aumentare le adesioni di istituzioni, associazioni e parti sociali alla lettera rivolta al Capo dello Stato, Sergio Mattarella.

Non vogliamo tirare per la giacchetta il presidente, del quale conosciamo le prerogative e i poteri, ma vogliamo ringraziarlo per le parole spese sulla coesione nel messaggio di fine anno ed evidenziare l’importanza di un suo intervento. Nei prossimi giorni cercheremo di far leva sul sentimento di unità nazionale dei sindaci e dei parlamentari di centrodestra perché - checché ne dica Calderoli - questa è una battaglia che rischia di minare la coesione del Paese. Siamo in contatto con il tavolo del “No all’Autonomia differenziata”, che dopo la protesta del 21 dicembre a Roma, per la fine di gennaio sta organizzando un’ulteriore mobilitazione. E ci confrontiamo frequentemente con i sindacati della scuola, Cgil e Uil in primis, che pure si stanno organizzando. Esiste un problema di consapevolezza».

In che senso? Cosa intende?
«La riforma appare ai più come un fatto tecnico, i cittadini rischiano di non coglierne l’importanza e la portata concentrati come sono, comprensibilmente, sul caro vita che stiamo affrontando. Compito degli amministratori locali e delle forze sociali è diffondere la consapevolezza di cosa significherebbe attuare questa riforma. Vanno coinvolti soprattutto i giovani, che finirebbero per pagarne il prezzo più alto. Dobbiamo far conoscere i rischi e la portata epocale dell’autonomia».

“Recovery Sud” conta 450 adesioni, ma avete avuto un confronto anche con i primi cittadini del Nord Italia? Anche nelle regioni settentrionali non tutti approvano la riforma di Calderoli.
«Certo. Il dialogo è aperto anche con il Settentrione perché i territori non vanno messi in competizione fra loro, ma invitati al confronto costruttivo, come quello già avviato con il sindaco di Bologna, Matteo Lepore. Con lui lavoriamo a un accordo già dal novembre scorso, per valorizzare la presenza degli studenti meridionali nella città delle Due Torri con progetti che consentano, gradualmente, un ritorno al Sud di professionalità che abbiamo perso strada facendo. Fra i rischi che questa riforma porta con sé non ci sono soltanto quelli legati ai divari economici e sociali, che certamente andrebbero ad approfondirsi, ma anche quello, concreto, che si frantumi il già fragile sentimento di unità nazionale. Prendono piede, anche nel Mezzogiorno, movimenti e punti di vista separatisti, che non vanno fomentati». 

Sindaco, accanto alle iniziative di sensibilizzazione, state valutando anche la possibilità di un ricorso? 
«Sì, certamente. Strada che peraltro abbiamo già percorso con il precedente governo, contestando la mancata previsione di un fondo di perequazione nell’attuazione del federalismo fiscale. Presentammo ricorso al Capo dello Stato e ci fu qualche effetto, perché incassammo maggiori risorse per la costruzione di nuovi asili. Anche in questo caso, saremo pronti a impugnare la legge, qualora venisse approvata così com’è. Preventivamente, ci muoveremo con una diffida motivata dalle ragioni esposte nella lettera al presidente Mattarella: prima di affrontare l’autonomia, vanno colmati i divari esistenti fra Nord e Sud del Paese in tema di sanità, scuola, servizi sociali, solo per citarne alcuni. La partita è ancora aperta e non escludiamo iniziative di protesta clamorose». 

Per esempio?
«Pensiamo di occupare le sale consiliari, di abbassare a mezz’asta le bandiere nei Comuni in segno di lutto e varie, altre proposte che valuteremo nell’assemblea dei gruppi contrari all’autonomia, a fine mese. Di sicuro faremo tutto il possibile perché questa riforma non vada in porto per come l’ha pensata la Lega. L’autonomia non è un’emergenza. L’emergenza da affrontare sono i divari, sono i 41mila bambini e adolescenti che, secondo Save The Children, lasciano il Mezzogiorno per andare a curarsi al Nord. Parliamo di una città di medie dimensioni che ogni anno è costretta a spostarsi per vedere garantito il proprio diritto alla salute. Questi problemi si risolvono con i giusti investimenti e agevolando il rientro delle necessarie professionalità al Sud». 

Sostiene che la partita sia ancora aperta. E a “giocare da centravanti” potrebbero essere sindaci e parlamentari meridionali del centrodestra. Avete già avviato una interlocuzione con loro? 
«Abbiamo scritto al ministro Raffaele Fitto e alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che non ha ritenuto di riceverci. Sappiamo che ci sono parlamentari di Fratelli d’Italia che hanno grossi problemi ad approvare questa riforma e li comprendiamo. Come comprendiamo anche i nodi politici che il centrodestra si trova ad affrontare, con visioni così diverse del Paese che verrà. Ma sono certo che le forze di governo siano consapevoli che non si può disgregare una nazione per accontentare la Lega. Noi andremo avanti». 

Anche la Chiesa si è detta contraria all’autonomia.
«Lo è, tanti vescovi sono intervenuti per esprimere la loro contrarietà. Sanno, come sappiamo noi, che se l’esecutivo decidesse di procedere come un caterpillar sull’autonomia differenziata dopo aver messo in discussione anche il Reddito di Cittadinanza, l’impoverimento generalizzato del Mezzogiorno alimenterà la rabbia sociale. Assisteremmo a una degenerazione dai risvolti inimmaginabili».

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