Autonomia differenziata, lo Stato penalizza già il Sud: 5mila euro pro capite in meno rispetto al Nord

Autonomia differenziata, lo Stato penalizza già il Sud: 5mila euro pro capite in meno rispetto al Nord
di Alessio PIGNATELLI
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Giovedì 5 Gennaio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 19 Gennaio, 14:33

Conti alla mano, non è vero il cliché che lo Stato dà di più al Mezzogiorno. Anzi, la quota pro capite della spesa pubblica premia più i residenti al Nord con numeri variabili a seconda dei dati di riferimento. Per smontare una tesi che spesso è stata presa in prestito dalle regioni settentrionali a supporto dell’autonomia differenziata, è opportuno farsi aiutare dal sistema ideato dall’Agenzia di coesione territoriale, ossia i conti pubblici territoriali. I Cpt sono dal 2004 un prodotto del Sistema Statistico Nazionale (Sistan), la rete di soggetti pubblici e privati italiani che alimenta la statistica ufficiale. I dati Cpt, proprio per raggiungere l’obiettivo di offrire un quadro esaustivo della spesa effettuata sul territorio, misurano i flussi finanziari (pagamenti definitivi e riscossioni effettivamente realizzate) dell’intero operatore pubblico, di cui la spesa dello Stato è solo una parte. 

I numeri

Nel 2020 la spesa pubblica complessiva analizzata, quindi non solo quella per investimenti, è stata di 1.202,4 miliardi di euro. Significa che per ogni italiano sono circa 18.610 euro e si può evidenziare una frattura già facendo un semplice paragone tra le ripartizioni: lo Stato infatti ha speso in tutte le sue articolazioni 20.088 euro per ogni residente del Centro-Nord e 15.703 euro per il Sud.

I dati però sono soggetti a interpretazioni e, spesso, a contestazioni tant’è che è stato obiettato che nei calcoli dell’Agenzia vengano inserite le pensioni, sulle quali come distribuzione lo Stato non ha potere, e anche gli investimenti delle società partecipate da enti pubblici. Allora si può prendere in riferimento ciò che dice la Banca d’Italia che considera criteri più restrittivi e stima una spesa pubblica pro capite al Nord di 12.979 euro e al Sud 11.836. Insomma, la differenza permane. Tornando all’Agenzia per la coesione, lo studio fa una stima anche per l’andamento della spesa corrente per questo nuovo anno: per le regioni del Sud sarà sotto i 200 miliardi di euro, per quelle del Centro-Nord sfonderà i 550 miliardi. 

L'allarme della Svimez

La Svimez, l’associazione che promuove lo studio delle condizioni economiche del Mezzogiorno d’Italia, focalizza da anni la propria attenzione sull’argomento autonomia. E anche andando a ritroso è possibile trovare le stesse differenze sulla spesa pro capite. Nel periodo pre pandemico, per esempio, la spesa pro capite del settore pubblico allargato del 2018 in Puglia si attestava a 14.112 euro. Presto fatto il confronto con altre regioni settentrionali: Lombardia 19.226 euro, Piemonte 17.094, Friuli 19.979, Emilia 18.630. E anche nell’ultimo report di dicembre, Svimez disegna gli scenari complicati per il Sud a causa della maggiore esposizione delle regioni meridionali allo shock inflazionistico stimando un bacino potenziale di 287 mila nuove famiglie (e 764 mila individui) in povertà assoluta. Un incremento che, declinato territorialmente, corrisponderebbe a un aumento dell’incidenza della povertà assoluta di 2,8 punti percentuali nel Mezzogiorno contro lo 0,4 del Nord e lo 0,5 del Centro. Il risultato stimato per il Sud è spiegato essenzialmente dalla maggiore diffusione nelle regioni meridionali di famiglie più numerose (numero di componenti maggiore di 3) e con minori a carico, per le quali il rischio povertà è più elevato.


E quando si parla di spesa e di livelli essenziali delle prestazioni, non si può non inquadrare il problema senza analizzare un dato. Ed è ancora il report Svimez a essere chiarificatore: la spesa per bambino residente di 0-2 anni è pari a 883 euro al Nord-Ovest, 1.345 euro al Nord-Est, 1.526 euro al Centro e 308 euro al Sud. Infine, l’autonomia dovrà tenere conto anche di un altro aspetto: la denatalità e lo spopolamento stanno mutando le prospettive del Meridione. Se ancora nel 2022 il Sud è la parte del Paese relativamente più giovane, questa condizione non sussisterà più (e in modo crescente) dal 2040. Se nel 2002 l’indice di vecchiaia era del 96,9% a fronte di un 157% del Centro-Nord, nel 2021 i valori sono rispettivamente 168% e 189,8% con la previsione che nel 2070 il Sud arrivi al 329,7% rispetto al 280,8% del Centro Nord. Insomma, occorrerà non rendere zavorra questa parte del Paese perché il rischio è che si fermi tutta la carovana.

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