Autonomia differenziata, si accelera. Ma dal Sud sono pronte le barricate

Il ministro Calderoli tenta un approccio morbido

Il ministro Calderoli (al centro) con i governatori Zaia (a sinistra) e Fontana (a destra)
Il ministro Calderoli (al centro) con i governatori Zaia (a sinistra) e Fontana (a destra)
di Alessio PIGNATELLI
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Lunedì 7 Novembre 2022, 07:07 - Ultimo aggiornamento: 11:21

Lo ripete spesso, ultimamente, il ministro Calderoli. Lui vuole essere il «ministro dell’armonia» per «mettere d’accordo Nord e Sud». Il titolare degli Affari Regionali e Autonomie, Roberto Calderoli, sta preparando il terreno della tanto temuta - da governatori e sindaci del Mezzogiorno - autonomia differenziata. Lui dispensa calma e assicura il dialogo tant’è che, dopo aver incontrato in via informale il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e altri esponenti meridionali, domani avrà un faccia a faccia col governatore calabrese Occhiuto.

Da Roma, però, intanto si accelera. Il testo della bozza per dare il via all’autonomia differenziata è pronto. Secondo alcune indiscrezioni, contiene sette articoli ma si annuncia aperta ai contributi dei governatori: tra le altre cose, prevede il ritorno all’elezione diretta del presidente della provincia e del consiglio provinciale.

Le preoccupazioni

Ma sono altri i temi che preoccupano maggiormente la Puglia e le altre regioni del Sud a partire dal rischio di creare una corsia preferenziale solo per le regioni forti che faranno un’autonomia accelerata su sanità, trasporti e servizi essenziali.

Insomma, queste ultime resterebbero ancora più arretrate a causa di gap che già in partenza sono ampi. Il tema del riconoscimento di maggiori forme di autonomia alle Regioni a statuto ordinario, ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, si è imposto al centro del dibattito a seguito delle iniziative intraprese da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna nel 2017. Dopo aver sottoscritto tre accordi preliminari con il Governo a febbraio 2018, su richiesta delle tre regioni, il negoziato è proseguito ampliando il quadro delle materie da trasferire rispetto a quello originariamente previsto. Ora l’accelerazione.

Per le regioni meridionali, però, già oggi il divario è molto forte col Nord e si aggraverebbe ulteriormente, con l’arretramento della presenza dello Stato: meno ospedali, meno scuole, meno infrastrutture, meno asili, meno musei e università, laddove già oggi mancano e nessuna perequazione sarebbe possibile. Calderoli, come detto, ha scelto un approccio conciliante. Per esempio, ha detto di condividere l’interpretazione del presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, «sulla possibilità di acquisire ulteriori forme di autonomia differenziata facendo un riferimento particolare all’energia: il presidente Occhiuto è riuscito a dare un’interpretazione vera all’autonomia differenziata e ai vantaggi che possono arrivare per ogni territorio». Il ministro si è augurato che questa riflessione venga approfondita e che possa coinvolgere tutte le Regioni del Sud. In una recente intervista a “Il Giornale” ha aggiunto che per mantenere serenità d’approccio serve «un passaggio parlamentare con il parere della commissione Affari regionali. Anche perché alcune delle 23 materie trasferibili toccano la prima parte della Costituzione e i livelli essenziali di prestazioni, da garantire in tutto in territorio per rispetto dei diritti civili e sociali. Ne ho individuate 5, per la necessaria definizione dei Lep, che sottoporrò al governo».

I timori dalla Puglia

Per capire le reazioni, allora, non bisognerà attendere molto poiché il testo base a breve sarà condiviso nella Conferenza Stato Regioni. La Puglia ha già fatto sapere di essere contraria a ipotesi di trattenere gettito fiscale nelle regioni più ricche a danno di quelle più povere. «Da presidente della Regione Puglia – ha detto Emiliano una settimana fa - sono nettamente contrario a qualunque ipotesi di trattenere gettito fiscale nelle regioni più ricche a danno di quelle più povere. L’attuale sistema fondato sul fondo di perequazione che crea solidarietà tra regioni più ricche e regioni più povere, ritengo sia il sistema più corretto». Insomma, nel cronoprogramma immaginato da Calderoli potrebbero esserci degli intoppi a causa delle rimostranze delle regioni meridionali. Il timing auspicato dal ministro è questo: prima di Natale il passaggio in consiglio dei ministri, all’inizio del nuovo anno l’esame in Parlamento ed entro il 22 ottobre del 2023 la chiusura del cerchio. Ma le barricate potrebbero far slittare il tutto.

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