L’equivoco, prima o poi, dovrà essere risolto. Per evitare di incappare nell’ennesima sequenza di occasioni sprecate, obiettivi mancati, piani scolpiti nelle “sacre tavole” europee e nazionali e poi viceversa disattesi. I possibili rincari in bolletta rianimano un tema “carsico”, e sul quale la distanza tra teoria e pratica è spesso abissale: a che punto è lo sviluppo delle rinnovabili in Italia e in Puglia? Risposta (per ora sintetica): in ritardo. E quanto incidono sugli aumenti dei costi dell’energia i tentennamenti o gli inciampi delle politiche pubbliche? Risposta (anche qui sintetica): tanto. Soprattutto in prospettiva: se non si porta su l’asticella della produzione elettrica da rinnovabili, il sistema vacilla e la bolletta si appesantisce, tra crescita dei costi della CO2, offerta ancora bassa di gas rispetto al fabbisogno, e (appunto) produzione da rinnovabili insufficiente.
I numeri in Puglia
La materia è incandescente ed è di stretta attualità, anche perché c’è dell’altro che mette al centro della scena le rinnovabili: uno dei pilastri del Pnrr è proprio la transizione ecologica, cioè la virata verso l’energia green, l’idrogeno e il gas (la strategia “ponte”). È facile, facilissimo intestarsi la battaglia per la decarbonizzazione. Dopodiché è necessario lo step della concretezza. Il quadro, allora: in Puglia (dati Terna) ci sono oltre 56mila impianti fotovoltaici, per una potenza installata di oltre 2.900 Mw; l’eolico si attesta a 1.195 insediamenti per 2.673 Mw. Non poco, in entrambi i casi. E tuttavia, per intuibili ragioni morfologiche e climatiche, la Puglia rimane un eldorado di grande appetibilità. Tanto che si accumulano le richieste autorizzative, ai ministeri (per i progetti di maggior peso e dimensioni), negli enti locali o in Regione.
All’assessorato regionale all’Ambiente sono in attesa di giudizio 16 progetti, per un totale di 621 Mw. All’assessorato allo Sviluppo economico i numeri si impennano vertiginosamente: 394 progetti, pari a oltre 26.500 Mw. In tutto fa 410 proposte d’investimento e poco più di 27mila Mw. Le aree maggiormente gettonate sono sempre le stesse: Foggiano, Salento, il versante sud-orientale del Tarantino, la parte meridionale del Brindisino. Progetti di recente stesura, o che stazionano da più tempo. O progetti dirottati su Bari da Comuni e Province, sfruttando la via di fuga della Conferenza di servizi. La Regione non di rado dà comunicazioni di bocciature, è successo pure ieri: «giudizio negativo di compatibilità ambientale» al parco eolico da 19 aerogeneratori (79,80 Mw) a Ortanova, parere non vincolante nell’ambito della Via ministeriale.
Tutti in Commissione
Dei progetti in standby in Regione se ne parlerà proprio oggi, nella seduta congiunta di IV e V Commissione consiliare regionale. Le audizioni dei dirigenti regionali sono state chieste da Fabiano Amati (Pd): «Si predica di ambiente, decarbonizzazione, idrogeno, riduzione gas serra e Pnrr ma si razzola su inquinamento e bollette salate, ritardando l’autorizzazione dell’unica cosa che realizza quegli obiettivi: la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Gli obiettivi europei e il Pnrr
Il famoso “collo di bottiglia” dei livelli autorizzativi regionali e locali è problema noto. Anche a Roberto Cingolani, il ministro della Transizione ecologica, che l’ha più volte sottolineato. Questione che torna alla ribalta proprio per le due ragioni sopra accennate, rincari in bolletta e sfida del Pnrr. Di recente, la Corte costituzionale ha stabilito che sono illegittime le leggi che introducono vincoli o iter burocratici non previsti dalla normativa nazionale in fatto di rinnovabili. E proprio il Pnrr fissa un obiettivo chiaro: «Semplificazione delle procedure di autorizzazione», da rendere «omogenee su tutto il territorio». L’altra stella cometa è la Direttiva europea RedII, solo di recente recepita dall’Italia, ma che già ispira il Pniec (il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima): il contributo dell’Italia agli obiettivi Ue del 2030 dev’essere pari a «una quota di energia da rinnovabili pari al 30% del consumo finale lordo». Al momento l’Italia è ferma al 18%, il gap da colmare è evidente. E impantanare i progetti nelle secche autorizzative non aiuta, peraltro nel frattempo contribuendo pure a inspessire la bolletta per famiglie e imprese. Proprio l’altroieri Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione europea, ha scandito: «Non dobbiamo essere paralizzati dall’aumento dei prezzi dell’energia e rallentare la transizione, ma anzi dobbiamo accelerare per far sì che l’energia da rinnovabili sia disponibile a tutti». Più o meno lo stesso messaggio rinnovato anche dai big player del settore. Terreno spinoso, comunque, perché tra costo delle materie prime per le rinnovabili, sistemi di accumulo insufficienti e peso degli incentivi i rebus non mancano nemmeno qui.
La partita del gas
In parallelo si gioca la partita del gas. Lo stock nazionale è insufficiente e infatti i costi stanno salendo. E poi c’è l’idrogeno, alla voce “futuro prossimo”: quello verde va prodotto proprio dalle rinnovabili, e si torna sempre alla casella del via. Nelle scorse ore Edison, Snam, Saipem e Alboran hanno ufficializzato il patto per il progetto “Puglia Green Hydrogen Valley”, tre impianti di produzione di idrogeno verde da parchi fotovoltaici. Nella Puglia delle tante contraddizioni stridenti, è un’altra partita aperta.
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