Puglia agricola, la Cia: «Shock dei costi di produzione: +50% su mangimi e bollette»

Puglia agricola, la Cia: «Shock dei costi di produzione: +50% su mangimi e bollette»
di Paola COLACI
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Mercoledì 1 Settembre 2021, 05:00

Mangimi, gasolio, bollette di luce e acqua e persino i trasporti: negli ultimi 12 mesi in Puglia i prezzi delle materie prime a carico degli agricoltori sono aumentati dal 25% al 50%. E non risparmio nessun settore. Un conto salato che neppure l’aumento dei prezzi di vendita di pomodoro e grano registrati nelle ultime settimane è riuscito a pareggiare. E a fronte di questo “shock” al rialzo sui costi di produzione, dal Salento alla Capitanata in tutta la regione centinaia di aziende hanno dovuto fare a meno della manodopera. Quasi introvabili braccianti per la raccolta nei campi e operai addetti ai cicli di produzione. Ma numerose incognite pendono anche restano anche in relazione alla stagione dell’uva e a quella olivicola. Unico dato positivo: a fronte di una resa quantitativa inferiore del 15-20%, la qualità di vino e olio è eccellente. Ma tant’è.

La questione "latte": su mozzarelle e formaggi rincari del 13% ma niente quote ai produttori

«La situazione è insostenibile - denuncia Raffaele Carrabba, presidente di Cia Agricoltori Italiani della Puglia - L’incremento dei costi rilevato negli ultimi 12 mesi, purtroppo, erode alla base gran parte della redditività sia per le aziende zootecniche, che in questo momento sono le più penalizzate, sia per le imprese agricole più in generale». E sotto i riflettori della Cia, tra le maggiori organizzazioni agricole professionali d’Europa, resta la questione “latte”. Nelle ultime settimane il prezzo di vendita del latte alla stalla ha registrato un incremento del 13%. Un aumento che non riguarda, tuttavia, la quota riconosciuta ai produttori. Ecco perché ora le declinazioni territoriali di Cia Puglia mettono in rilievo la necessità di una rinegoziazione dei prezzi accordati ai produttori, «anche attraverso la definizione dell’accordo, ancora fermo in Regione Puglia a causa dell’opposizione di Confindustria, basato sui costi di produzione certificati da Ismea e il conseguente adeguamento al rialzo dei contratti di fornitura fra allevatori e industrie di trasformazione». Dalle mozzarelle ai formaggi, negli ultimi 20 anni il prodotto trasformato è cresciuto costantemente, «a fronte di prezzi quasi sempre al ribasso riconosciuti ai produttori in difficoltà anche per i maggiori costi di produzione», ha rilevato Pietro De Padova, presidente di Cia Due Mari Taranto e Brindisi.

Mangimi e bollette: prezzi in aumento dal 25% al 50%

Di contro a subire un incremento vertiginoso, come rilevano gli stessi imprenditori agricoli, nel corso dell’ultimo anno sono state le materie prime. Incremento rilevato per tutti i settori delle produzioni agricole in Puglia. A partire dalla zootecnia e dal costo di acquisto dei mangimi, come ha spiegato Felice Ardito, presidente di Cia Levante. «Le aziende zootecniche hanno pagato a caro prezzo sia le ondate di freddo anomalo nelle gelate dei mesi scorsi, sia le temperature di fuoco degli ultimi tre mesi, con costi di produzione che si sono impennati per il maggior consumo di energia elettrica e approvvigionamento idrico”, ha aggiunto Benedetto Accogli, presidente di Cia Salento
Ma non è tutto.

Dopo lo stop dovuto alla pandemia, si è verificata una vera e propria impennata dei costi energetici, della plastica. Da settembre 2020 a oggi, nel dettaglio, il prezzo del gasolio è aumentato del 25%. Ma nello stesso periodo, i produttori hanno dovuto impiegare quantità crescenti di gasolio per fare fronte a una lunga serie di emergenze dovute a calamità ed eventi atmosferici avversi. E sono aumentati anche i prezzi delle attrezzature e quelli dell’energia elettrica (+25% negli ultimi 12 mesi), come rileva la Cia. «Si tratta di difficoltà che le aziende zootecniche e quelle agricole stanno affrontando da mesi e che hanno riguardato tutti i settori del comparto primario, compreso quello ortofrutticolo». Ma in tutta la regione è stato rilevato un aumento considerevole anche sul fronte prezzi per i trasporti. Oltre alla difficoltà crescente per reperire manodopera.

Riflettori sulla vendemmia e sulla stagione olivicola: -20% di produzione

Se il mondo dell’agricoltura pugliese sta pagando, dunque, un conto un conto salato alla pandemia anche in prospettiva le incognite non mancano. «Ora la questione sta interessando direttamente le prime vendemmie e, tra qualche settimana, investirà il settore olivicolo - ha rilevato Carraba - Per quanto riguarda il settore vitivinicolo, la resa quantitativa secondo i primi campioni è destinata a essere inferiore del 15%-20% rispetto allo scorso anno (causato dalle gelate di aprile), con una qualità eccellente». Nelle ultime settimane prima della chiusura estiva, infine, le Borse merci di Bari e Foggia hanno registrato un aumento dei prezzi riconosciuti ai produttori per il grano, compreso quello biologico. Per il pomodoro, i prezzi fissati a inizio stagione sono stati rispettati. «Nell’uno e nell’altro caso, tuttavia, i costi di produzione sono aumentati sia per gli incrementi di prezzi delle materie prime sia a causa degli eventi atmosferici estremi che hanno caratterizzato tutto il ciclo produttivo dalla semina al raccolto, in particolar modo per il pomodoro, la cui produzione quest’anno ha subito danni e decrementi della resa quantitativa prima per le gelate poi per la prolungata siccità» ha fatto rilevare Michele Ferrandino, presidente di Cia Capitanata. Gli aumenti sul prezzo del grano, inoltre, secondo le stime dei produttori non compensano la minore resa produttiva e non giustificano di certo l’incremento dei prezzi relativi ai prodotti da forno.
Ecco perché ora la Cia invoca l’intervento del governo centrale e della Regione. «È necessario che l’agenda politica venga riaggiornata con programmazione e interventi alla luce di questo shock dei prezzi di lunga durata che minaccia di avere effetti negativi, quindi, anche sul lungo periodo per le imprese agricole e gli allevamenti. Rischiamo di perdere aziende costrette a vendere o a chiudere, con il conseguente impoverimento del nostro tessuto economico e la perdita di migliaia di posti di lavoro» conclude Carraba.
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