Mattarella pronto a giocare la carta di un esecutivo del Presidente

Mattarella pronto a giocare la carta di un esecutivo del Presidente
di Alberto Gentili
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Sabato 14 Aprile 2018, 10:03 - Ultimo aggiornamento: 15:25

Come previsto, Sergio Mattarella ha scandito l'ultimatum. L'ha fatto denunciando l'avvitamento dei partiti, usando la parola «stallo», definizione raramente utilizzata al Quirinale. E vestendo i panni del difensore civico che a nome dei cittadini chiede a chi ha vinto le elezioni, ma non ha la maggioranza in Parlamento, di mettere da parte i veti e le contrapposizioni e di raggiungere delle intese per dare al Paese un esecutivo con pieni poteri. Altrimenti, è la minaccia neppure tanto velata, potrebbe saltare fuori un governo del Presidente o di tregua o di decantazione. Le definizioni non mancano.

La pazienza del capo dello Stato non è infinita. Tant'è che non procederà a un terzo giro di consultazioni. Mattarella aspetterà fino a martedì, mercoledì al massimo. Dopo di che, se Matteo Salvini e Luigi Di Maio non avranno sciolto i nodi che finora hanno impedito l'accordo (Berlusconi e premiership), scenderà personalmente in campo. Ma per ora il capo dello Stato sfida, e insieme concede una prova d'appello a quella metà del campo che con il 37% (il centrodestra) e il 32% (i 5Stelle) ha ottenuto più voti il 4 marzo.

Mattarella fino a mercoledì non resterà con le mani in mano. Per capire quale decisione prendere, lunedì da Forlì (dove andrà a presenziare la cerimonia per il 30° anniversario della morte di Ruffilli) e poi martedì, avrà contatti telefonici con tutti i leader. Infine tirerà le somme.

In queste ore il Presidente - che è stato tentato di procedere già ieri senza offrire ulteriori giorni di riflessione ai partiti - sta valutando i pro e i contro delle varie soluzioni. Vuole individuare un sbocco della crisi che sia comprensibile ai cittadini e non appaia agli attori in campo come una forzatura istituzionale.

Da ciò che filtra dal Quirinale, dove si osserva che 5Stelle, Lega, Forza Italia, Fratelli d'Italia hanno già avuto molto tempo per trattare (sono ormai trascorsi 40 giorni dalle elezioni), la prima scelta - se i prossimi giorni non passeranno inutilmente - dovrebbe essere il pre-incarico. A Salvini o a Di Maio. Con due problemi. Il primo: entrambi i leader sono contrari, temono di bruciarsi. Il secondo: questa formula, utilizzata da Napolitano con Bersani nel 2013, può essere dirompente in quanto (appunto) può produrre l'eclissi del pre-incaricato.

Ecco perché sul Colle non si esclude la formula del mandato esplorativo. Più soft e con più vie di fuga in caso di insuccesso. Mattarella però, che ha già compiuto personalmente il lavoro di scouting, teme che l'incarico esplorativo (potrebbe essere affidato anche alla presidente del Senato, Casellati o a quello della Camera, Fico) possa produrre un'ulteriore perdita di tempo. A meno che tra lunedì e martedì, Di Maio e Salvini non garantiscano di essere vicini all'intesa e che deve essere aggiunto solo qualche tassello al puzzle dell'accordo. In questo caso, il mandato esplorativo potrebbe essere utile per limare i dettagli del contratto di governo e far germogliare l'intesa, scongiurando il rischio di bruciare il candidato premier.

NIENTE ELEZIONI
«Urgenza», è la parola che rimbalza sul Colle. L'altra è una frase: Dimenticatevi le elezioni anticipate. Questo perché Mattarella non ha alcuna intenzione di spedire di nuovo gli italiani a votare. Tantomeno con l'attuale legge elettorale che, con ogni probabilità, sfornerebbe un'impasse analoga. Così, se la trattativa tra Lega e 5Stelle dovesse naufragare del tutto, se centrodestra e grillini esauriranno le loro chance, il capo dello Stato a dispetto della linea non interventista brandirà l'arma finale: il governo del Presidente, appunto. Che per Mattarella, fine giurista, assumerebbe immediatamente una connotazione politica una volta ricevuta la fiducia del Parlamento.
E' l'epilogo che entusiasma Silvio Berlusconi, alletta Matteo Renzi (non a caso ha spostato l'assemblea dem del 21 aprile), terrorizza Salvini e Di Maio: i due non fanno passare giorno senza escludere sdegnosamente e vigorosamente questa opzione. C'è chi dice che il Quirinale la faccia filtrare prima del tempo, proprio per provare a superare lo stallo e spingere i due a siglare il patto di governo.

Di certo, c'è che l'esecutivo del Presidente, di tregua o di decantazione, sarebbe guidato da una figura autorevole, terza, indipendente. Probabilmente un tecnico. E che resterebbe in piedi, per fare la riforma elettorale e la legge di bilancio, anche se non dovesse mai ricevere la fiducia del Parlamento. Il percorso che avrebbe davanti non sarebbe infatti lungo: le elezioni scatterebbero nella prossima primavera.

 

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