Killer dei gay, fiasco dell'Fbi: «Sono amico di un kamikaze», ma veniva sempre rilasciato

Killer dei gay, fiasco dell'Fbi: «Sono amico di un kamikaze», ma veniva sempre rilasciato
di Flavio Pompetti
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Martedì 14 Giugno 2016, 08:06 - Ultimo aggiornamento: 08:08

NEW YORK Violenza, omofobia, infatuazione religiosa. Indagini e testimonianze stanno mettendo a fuoco gli ingredienti del cocktail che hanno trasformato un figlio di profughi afgani, educato e promosso dalla società americana, nel killer spietato che ha ucciso 50 ostaggi uno ad uno nel club Pulse nel corso di tre ore di follia, disperazione e sangue. Lo stragista (l'Fbi ha deciso di non citare più il suo nome, per non incoraggiare il culto da martire che evidentemente lo ha attirato) nutriva da tempo sentimenti antiamericani.

«VIOLENTO E MALATO»
Il Washington post ha raccolto la testimonianza di un ex compagno di liceo, il quale ricorda di averlo visto festeggiare davanti alle immagini delle Torri Gemelle penetrate dagli aerei dei terroristi. «Noi altri studenti guardavamo con orrore, lui iniziò a saltare su e giù e a irridere gli Usa per la facilità con la quale erano stati attaccati» dice Robert Zirkle, che al tempo era di una classe più giovane rispetto ad Omar nella high school di Martin County in Florida. La ex moglie Sitora Yusufiy che l'aveva sposato nel 2009, racconta perché lo ha lasciato dopo pochi mesi: «La nostra vita era un inferno, lui mi picchiava e mi abusava con regolarità, era una persona malata, sospetto che avesse una malattia bipolare del cervello, sicuramente aveva delle turbe» La rabbia era indirizzata spesso in modo specifico contro i gay, come ricorda Sitora: «Non sopportava l'intera cultura e l'esistenza di omosessuali».

 

MINACCE ALL'EX COMPAGNA
I due si erano conosciuti su Internet mentre lui cercava di entrare nella polizia e aveva prestato servizio come guardia carceraria. L'intervento del padre e del fratello della donna, accorsi in aiuto durante un lite, la strappò letteralmente dalle mani del marito che minacciava di ucciderla. Sitora non è la madre del bambino di tre anni che l'attentatore ha lasciato. Quest'ultimo è stato concepito in un rapporto più recente con una seconda donna di nome Noor Zahi Salman, che ora si nasconde con il bambino nella casa del padre dell'ex compagno. Il padre è una presenza enigmatica, la cui ambiguità è forse una delle chiavi di lettura della follia che ha spinto la mano dell'attentatore. Coltiva ambizioni politiche nel suo paese di origine, l'Afghanistan, nel quale si presenta alle elezioni presidenziali, ed esalta il patriottismo dei talebani. Scrive regolarmente lettere aperte ad Obama, e lo scorso maggio è stato in visita a Washington dove ha potuto entrare al Congresso e accostare alcuni dei leader politici americani.

PISTA JIHADISTA
Poche ore prima che il figlio entrasse con il suo fucile d'assalto nel club Pulse, è apparso in un filmato sotto lo striscione Governo Provvisorio Afghano spacciandosi per l'attuale leader del paese. Era in mimetica militare, e ha ordinato l'arresto di alte personalità a lui invise. Di fronte alle telecamere americane ha dichiarato cordoglio per le vittime e sorpresa per le azioni del figlio: «Avrei sicuramente chiamato l'Fbi se avessi intuito cosa stava per fare», e ha ripetuto il sospetto che abbia agito in preda al furore omofobo, piuttosto che religioso. I due si erano incontrati nel pomeriggio di sabato, dodici ore prima dell'attacco, e il padre non aveva avuto motivo di sospettare. Ma è la stessa Fbi a confermare la pista jihadista. Il direttore dell'agenzia James Comey ha detto ieri che l'attentatore era «fortemente radicalizzato» grazie anche a contatti che aveva allacciato su Internet. Nel maggio del 2013 era stato interrogato due volte per aver vantato con i colleghi di lavoro un'affiliazione agli hezbollah, e minacciato di farsi saltare in aria in un'eventuale visita della polizia. Dopo quattro mesi il fascicolo fu chiuso con il sospetto che fosse un millantatore. Fu interrogato ancora nel 14, perché aveva detto di essere amico di Abusalha, un compagno di moschea suicida quell'estate in un attacco Isis in Siria. Di nuovo l'Fbi non trovò riscontri e lo lasciò andare.

LUPO SOLITARIO
Nel complesso la figura che si sta delineando è quella di un lupo solitario, con conoscenze politiche e religiose confuse, che ha trovato nella jihad la valvola di sfogo della sua rabbia. Comey ha ammesso che seguire una pista del genere in via preventiva è difficilissimo. L'Fbi valuta che oltre a 2.500 americani che in media sono sotto sorveglianza per sospetti collegamenti terroristici, c'è un numero molto più vasto di soggetti che rispondono all'etichetta di potenziale minaccia' e ammette di non riuscire a mantenere un'efficiente sistema di controllo in base alle presenti leggi che limitano i suoi poteri di invasione della privacy. Più facile sarebbe impedire che chi si trova in questa area grigia di sospetto, entri in possesso di armi d'assalto. Negli ultimi dieci anni persone sospettate ma non incriminate hanno cercato 2.233 volte di acquistarle, e 2.043 volte ci sono riuscite.